È ormai dalla metà di novembre che i lavoratori della Fondazione Arena di Verona sono in Assemblea Permanente e in occupazione della sede amministrativa della Fondazione, per protestare contro il piano industriale proposto per il 2016/2017.
Il piano industriale nasce da un buco di bilancio molto grave, dovuto a precedenti bilanci negativi (dovuti nel 2014 ad esempio a un’estate piovosa, alla diminuzione di contributi statali, da pubblici e privati, e dai fondi territoriali) che hanno costretto a ricorrere al credito bancario (“hanno speso soldi che non avevano, e ora un debito porta all’altro, con conseguente lesione dell’immagine della Fondazione” affermano i sindacati). Per ovviare alla situazione è stato studiato un complesso piano che prevede la riduzione della produzione per le prossime stagioni, il contenimento dei costi del personale, la cancellazione degli integrativi dal 2016 (con un taglio del 30% circa sugli stipendi dei lavoratori), l’esternalizzazione del corpo di ballo e la chiusura dei laboratori di scenografia.
Si prevede un taglio del settore artistico e si spera in un aumento di entrate da biglietteria e contributi territoriali; il taglio delle spese di gestione della sede di Amo – Arena Museo dell’Opera (una creatura costantemente in deficit, purtroppo, per la quale si parla però di riduzione costi, non di chiusura!), e si prevede la scelta del “modello Maggio Danza” per il corpo di ballo, dove esternalizzazione significò chiusura. Non va meglio per gli altri artisti: per l’orchestra e il coro si parla di tagli e di una diminuzione del periodo di impiego (diminuzione che coincide con la minor durata del Festival estivo, limitato a due mesi), mentre per gli artisti ospiti è prevista una riduzione del cachet.
Ieri, 3 dicembre alle 18, si è tenuto un consiglio comunale straordinario, mentre per il prossimo 10 dicembre è previsto un incontro al Ministero con le segreterie nazionali dei quattro sindacati del contratto nazionale delle fondazioni per parlare della questione. “Da parte dei lavoratori c’è la volontà di non mollare. Noi vogliamo l’integrità del teatro, prima di tutto” spiega il prof. Carbone, segretario provinciale del sindacato Fials “e vogliamo la possibilità di studiare insieme un piano non di taglio ma di rilancio. Un taglio artistico anzi è un circolo vizioso, e il Maggio fiorentino lo ha dimostrato.”
È lui a spiegarci che il piano porterà alla chiusura del corpo di ballo, che “da tempo ha perso il palcoscenico dell’Arena, ha perso due titoli invernali, ha visto l’organico ridursi a 9 persone, e le rappresentazioni ridotte da 30 a 13.” Eppure, ci spiega, “il costo del corpo di ballo, per 26 ballerini, è 1.2 milioni di euro, pari a circa il 5% del costo complessivo del personale”.
Salvare il corpo di ballo diventa in realtà fondamentale per gli artisti del teatro: “La fondazione di 146 alzate di sipario ne riserva solo il 15% per il balletto, nonostante i dati SIAE del 2014 indichino il balletto come l’unico in decisa controtendenza come spesa al botteghino: +12.57%. Questo significa che il balletto piace”.
Uno dei ballerini della fondazione ci racconta che “esternalizzare però significa non avere più produzioni proprie di danza in cartellone, ed è chiaro che significherà chiusura; pensiamo invece che il corpo di ballo non sia un elemento da smantellare, ma anzi che possa essere il fulcro del rilancio: sia per i costi appunto, sia per il punteggio fus, sia soprattutto come richiamo di pubblico; esistono titoli come Zorba e Romeo e Giulietta che sono un colpo sicuro e poi ci sarebbe la possibilità di fare anche un lavoro nuovo”.
Ma qual è il quadro attuale della situazione? “La situazione è ancora in stallo” spiega Carbone “Speriamo di poter incontrare la controparte e presentare le nostre richieste: dimissioni del sovrintendente e di chi ha aggravato la situazione economica, nomina di una dirigenza che sia effettivamente una professionalità legata allo spettacolo, taglio delle spese davvero inutili e controproducenti, e il rilancio artistico del teatro. Certo poi bisognerà rinegoziare il debito bancario, e qui deve entrare in gioco la politica, locale o romana, per darci tempo e modo di farlo. Una via di mezzo tra la legge Bray e il commissariamento ci deve essere per risanare un po’ la situazione …l’importante è puntare su un forte rilancio artistico, altrimenti è inutile parlare di bilanci: se non c’è una qualità artistica i debiti ritornano perché manca pubblico.”
Nel frattempo continua il lavoro per i danzatori su Schiaccianoci à la carte, pur nelle difficoltà raccontate da uno degli interpreti: “La situazione è di nove ballerini stabili, che avrebbero bisogno di un organico funzionale di 30 elementi o poco meno, e che invece stanno lavorando con degli aggiunti che hanno un contratto di 20 giorni, che è un tempo troppo breve per lavorare insieme, anche se sono ballerini conosciuti. In ogni caso andremo in scena, la nostra azione per il momento non prevede scioperi perché non vogliamo penalizzare il pubblico, anzi: vogliamo offrirgli il miglior spettacolo possibile”.
La risposta del pubblico è molto solidale, anche per le strade della città, ma sostegno e solidarietà arrivano anche da teatri italiani ed europei, affezionati alla famosissima Arena e alla sua arte, e al futuro dello spettacolo a Verona: “Con questi tagli non si rovinano solo i lavoratori di adesso, ma anche i nostri giovani delle scuole di danza, dei conservatori, delle accademie di belle arti, e noi ci impegniamo per mantenere questo teatro anche per le generazioni future”.
Gli aggiornamenti dall’assemblea permanente dei lavoratori sono sul blog sosfondazionearenaverona.blogspot.it ed è già attiva la petizione Salviamo il corpo di ballo dell’Arena di Verona.
Continueremo a seguire la vicenda, aspettando ancora aggiornamenti da entrambe le parti e seguendo con attenzione dati e fatti. Nel frattempo, ricordiamo l’appuntamento con Sciaccianoci à la carte al Teatro Ristori dal 16 al 19 dicembre.
Greta Pieropan
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