Nel precedente articolo abbiamo analizzato le caratteristiche della lombalgia meccanica che è una forma di dolore lombare particolarmente frequente tra gli allievi delle scuola di danza; prenderemo ora in considerazione un altro tipo di lombalgia, che colpisce non soltanto i danzatori professionisti ma anche la popolazione adulta comune ovvero il mal di schiena legato alla sofferenza del disco intervertebrale.
Per meglio comprendere i meccanismi patogenetici che sono alla base di questo disturbo, è necessario ricordare che i corpi di tutte le nostre vertebre mobili, ad eccezione delle prime due vertebre cervicali, sono separati da una sorta di “cuscinetto” detto, appunto, disco intervertebrale: l’ultimo disco intervertebrale si trova tra il corpo della quinta vertebra lombare e la base dell’osso sacro e si proietta posteriormente, sulla schiena, poco più in basso del punto-vita.
Se osserviamo in dettaglio la struttura del disco intervertebrale, vediamo che è composto da una parte interna, detta nucleo polposo, e da una parte esterna, chiamata anello fibroso. Il nucleo polposo, come già fa indendere il suo nome, è composto da una piccola “pallina” gelatinosa, formata per oltre l’80% da acqua, che è capace di deformarsi quando viene compressa; l’anello fibroso, invece, è formato da una serie di anelli concentrici di cartilagine fibrosa, molto resistente alla compressione, che funziona come una sorta di “astuccio” intorno al nucleo polposo.
Quando la colonna vertebrale è sottoposta all’azione della forza di gravità, ovvero quando un soggetto si trova in piedi o in posizione seduta, il nucleo polposo si comprime e, grazie all’azione di contenimento svolta dall’anello fibroso, è in grado di trasmettere in modo uniforme il carico su tutta la superficie del corpo vertebrale: in questo modo, il disco intervertebrale funziona come un “ammortizzatore”. La sua funzione diviene particolarmente evidente in tutte quelle attività che tendono a contrastare gli effetti della forza di gravità: nell’esecuzione dei movimenti di danza, ad esempio, l’effetto ammortizzante del disco consente al danzatore di eseguire senza danni tutti i passi di sbalzo e soprattutto i grandi salti.
La presenza dei dischi intervertebrali dsitribuisce il carico non soltanto nelle posizioni statiche ma favorisce anche la mobilità della colonna vertebrale: durante i movimenti delle vertebre, infatti, il nucleo polposo tende sempre a spostarsi nella direzione opposta al movimento, per compensare la diffenza di pressione cui le limitanti dei corpi vertebrali sono sottoposte. Durante la flessione del rachide, ad esempio, i nuclei polposi si spostano in dietro mentre, nel movimento di estensione, tendono a spostarsi in avanti. La capacità dei dischi di ammortizzare e di compensare le variazioni di pressione che gravano sulla colonna vertebrale, dipendono dall’integrità dei dischi stessi: se il disco è sano, infatti, attraverso un meccanismo di cessione e recupero di liquidi tra le superfici spugnose delle vertebre ed i nuclei polposi, assicura un efficace sistema di assorbimento delle forze compressive.
Affinchè questo sistema possa funzionare al meglio, tutti i dischi dovrebbero essere sottoposti, alternativamente, a compressioni e a momenti di “riposo”: quest’ultima condizione si verifica naturalmente quando ci sdraiamo oppure, in stazione eretta, quando viene modificata la posizione della colonna nello spazio. Se i muscoli posteriori del tronco lavorano in costante contrazione (favorendo un’azione di compressione e di “accorciamento”, non permettono al disco intervertebrale di recuperare i liquidi persi e, col tempo, si può assistere alla comparsa di fenomeni degenerativi che ne compromettono le capacità di ammortizzazione: questa condizione, viene comunemente descritta col termine generico di discopatia. La discopatia può teoricamente presentarsi a livello di tutti i dischi intervertebrali ma colpisce in prevalenza i dischi interposti tra le vertebre lombari, che sostengono il peso di tutto il resto del tronco; si accompagna solitamente ad un’iniziale sintomatologia dolorosa, localizzata appunto alla zona lombare, che si accentua col movimento e si attenua, a volte fino a scomparire, con il riposo. Un esame radiografico può far supporre la presenza di una discopatia se evidenzia l’eccessiva vicinanza di due corpi vertebrali tra di loro: il disco ha ceduto irreversibilmente i liquidi e non svolge più la sua funzione di “cuscinetto”.
Se, in seguito alle continue sollecitazioni cui è sottoposto, l’anello fibroso si fessura, non riesce più a contenere il nucleo polposo nella sua zona centrale: sotto l’effetto della forza di gravità, una parte più o meno grande del nucleo si sposta dal centro del disco verso la periferia dando così origine alla cosiddetta ernia del disco .
Circa il 95% delle ernie del disco avviene a livello dei due ultimi dischi intervertebrali cioè quello compreso tra la quarta e la quinta vertebra lombare (L4-L5) e quello compreso tra la quinta vertebra lombare ed il sacro (L5-S1). Il meccanismo che porta alla lesione dell’anello fibroso e quindi alla comparsa dell’ernia del disco, è ancora abbastanza controverso ma molti Autori sono d’accordo nell’indicare che, per la colonna lombare, possono essere particolarmente dannosi i movimenti di flessione ed iperestensione associati alla torsione: proprio per questo motivo, alcuni studi suggeriscono che i danzatori contemporanei possano essere maggiormente predisposti alla comparsa di questa patologia (Clippinger, 2007).
La sintomatologia dolorosa tipica, in caso di ernia del disco, è rappresentata dalla cosiddetta sciatica, ovvero dal dolore legato alla compressione delle radici del nervo sciatico (fig. 3) che è il più lungo nervo del nostro corpo e decorre lungo la faccia posteriore della coscia e postero-laterale della gamba, fino al piede. La diversa irradiazione del dolore e delle parestesie (formicolii) dipende dal livello e dalla sede dell’ernia, dalle sue dimensioni e dalla quantità di fibre nervose compresse.
L’indagine strumentale che permette di avere una visione diretta dell’ernia del disco, e quindi di confermare il sospetto diagnostico, è la Risonanza Magnetica Nucleare (RMN): attraverso questo studio è possibile apprezzare le caratteristiche del disco erniato, le conseguenze sulla radice compressa ed anche escludere altre cause di compressione radicolare.
Soltanto in casi particolari e selezionati la risoluzione del problema è rappresentata dall’interverto chirurgico: la maggior parte delle ernie del disco nei danzatori rispondono bene alla terapia farmacologica (in fase acuta) ed alla rieducazione alla postura ed al movimento della colonna (come trattamento a lungo termine e di prevenzione delle recidive). Da tempo è infatti dimostrato che, per evitare il sovraccarico e quindi la degenerazione dei dischi intervertebrali del tratto lombare, uno dei metodi più efficaci è quello di stabilizzare attivamente la colonna lombare grazie all’uso corretto dei muscoli del tronco, previlegiando l’attività della muscolatura profonda rispetto alla superficiale ed accompagnando i movimenti ad una respirazione fluida ed all’uso dei muscoli del pavimento pelvico. Partendo dal presupposto che la rieducazione in caso di ernia del disco deve essere svolta da figure professionali competenti, non esiste un metodo di riabilitazione nettamente migliore degli altri; esistono svariate tecniche che propongono percorsi di apprendimento diversi, tutti comunque finalizzati al raggiungimento di un obiettivo comune, ovvero il miglioramento del controllo della postura del tronco sia da fermi che in movimento. Ogni danzatore, dunque, potrà sentirsi libero di scegliere la tecnica che preferisce in base alle sue caratteristiche personali purchè questa porti, in tempi relativamente brevi, ad un miglioramento apprezzabile della condizione clinica: non è logico continuare a praticare per mesi un lavoro di riabilitazione se la sintomatologia permane invariata. In questi casi è consigliabile farsi di nuovo visitare da un Medico Specialista che avrà il compito di indagare su altre eventuali cause di dolore lombare che possono simulare la presenza di un’ernia del disco.
Questo significa che la diagnosi di ernia del disco non deve diventare necessariamente una causa di dolore cronico e di impedimento allo svolgimento di attività di movimento, compresa la danza: la rapidità con cui il danzatore potrà riprendere a danzare, ovviamente, varia da caso a caso ed è influenzata da molteplici condizioni (età, patologie concomitanti, difetti di tecnica e/o di impostazione, tecniche studiate, ruoli svolti, ecc.) ma è importante ricordare che anche soggetti che hanno avuto una sintomatologia acuta particolarmente invalidante possono imparare ad usare meglio la loro colonna vertebrale, riducendo al minimo i rischi di nuovi episodi acuti quando riprenderanno la loro attività.
Dott.ssa Luana Poggini