Michela Barasciutti, ballerina e coreografa, direttrice di “VeneziainDanza” (con il supporto del Teatro La Fenice). A diciotto anni è stata Solista per il “Bussotti Opera Festival” nell’opera “Autotono” di Sylvano Bussotti. Per anni ha fatto parte della Compagnia di Balletto “L’Ensemble”, diretta da Misha Van Hoecke. Ha spesso lavorato in Enti Lirici, ed in particolar modo al Gran Teatro “La Fenice” sotto la direzione di coreografi e registi come A. Amodio, G. Cauley, G. Borni, Pier’Allì, S. Bussotti, Bolognini, De Ana, Loiodice e altri. Ha ricoperto il ruolo di Prima Ballerina in due enti lirici: Gran Teatro “La Fenice” e al “Carlo Felice” di Genova. Conosciuta e apprezzata dalla stampa specializzata italiana, ha raccolto positive recensioni da parte di alcuni tra i maggiori critici. Ha partecipato a numerose trasmissioni televisive. È direttrice artistica delle rassegne di danza “Danza Aperto” a Mestre, e a Venezia “Percorsi d’Autore – rassegna di nuovi autori” e della sezione “danza” di “Teatro in Campo”. Nel 1991 fonda la “Compagnia Tocnadanza”. A tutt’oggi vanta collaborazioni e co-produzioni con prestigiosi Enti e Festival. Crea, con proprie coreografie, lo spettacolo “Nuances”. Successivamente realizza il video “Progetto Kafka”, su soggetto di Silvano Rubino. Viene presentata a Mirandola l’opera teatrale “Strix”, di cui Michela Barasciutti (oltre a ricoprire il ruolo di prima ballerina) firma le coreografie in occasione del Convegno di Studi su Giovanni Pico della Mirandola. È invitata al “Premio Internazionale Astor Piazzolla” a Castelfidardo presentando un balletto su musica originale oltre alla “Balada para un loco”. Realizza insieme a Corrado Canulli lo spettacolo “Simboli opposti Miti”. Presenta “L’Ultima farfalla”, spettacolo di danza-poesia-musica. Presenta a Trieste lo spettacolo “Memorie Aggredite”, balletto basato sulle scenografie curate dall’architetto argentino Mateo Eiletz. Crea lo spettacolo “I Vicoli dell’Anima” che riporterà grande successo di critica e pubblico. Crea lo spettacolo “Voci” in co-produzione con il “Festival Internazionale Abano Danza” e “La Biennale di Venezia”. Un estratto dallo spettacolo “Il silenzio degli uomini” fa parte dell’esposizione permanente al “Vladimir Vysotsky’s Museum” a Koszalin, in Polonia. Presenta successivamente “Il volo interrotto” e “Sym-Ballein”. Realizza inoltre le seguenti produzioni: “Lighting Cue Number” e “Satna”. Produce e firma gli spettacoli di “Terra e di Altro”, “Made in Italy – I soliti ignoti” (dedicato a Mario Monicelli), “Looking Out”, “Vestita di Terra e di Mare”, “Fiore accanto, Untitled – Tribute to Peggy Guggenheim”, “Notturni d’acqua”. Per il 150° anniversario della nascita di Erik Satie, crea “Le stanze di Satie” in collaborazione con il “Conservatorio Musicale Benedetto Marcello” e “Archivio Carlo Montanaro”. Nel 2017 per il 25° anniversario della “Compagnia Tocnadanza” crea lo spettacolo “7 quadri + 1”. Nel 2021 è andata in scena, in occasione della XIII edizione di “VeneziainDanza”, la coreografia “Io Maria, Lei Callas” mentre nel 2024 debutta in occasione della XVI edizione il nuovo lavoro coreografico dal titolo “Stabat Passio”. Come direttrice artistica Michela Barasciutti ha realizzato a Venezia ben ventisei rassegne di danza ospitando compagnie nazionali, giovani autori e alcune delle più importanti istituzioni mondiali della danza, come il “Balletto dell’Opera di Hannover”, i primi ballerini del “Bayerische StaatsBallet”, quelli dell’“Opera di Vienna”, “Aterballetto” e molti altri.
Carissima Michela da quanti anni va avanti VeneziainDanza? A quale edizione siamo giunti nel 2024?
Caro Michele siamo giunti alla XVI edizione, un lungo percorso ricco di soddisfazioni.
Un numero corposo e importante che racconta come questa manifestazione sia nata e si sia sviluppata da un’idea felice: mettere in dialogo la danza con la città. Quali sono oggi, a tuo parere, i frutti più significativi di questa avventura artistica?
Sicuramente la continuità, che ci ha permesso di lavorare e sviluppare gli obbiettivi preposti divenendo un punto di riferimento per il pubblico della danza nella città di Venezia e non solo. Sedici anni sono un bel traguardo per un festival a Venezia e penso che il Teatro Malibran sia diventato una Casa accogliente per la danza e permettimi di cogliere l’occasione per ringraziare il Teatro La Fenice per averci ospitato e rinnovato la stima e la fiducia in questi lunghi anni con continuità.
In relazione al rapporto tra danza e contesto urbano quale significato ha il Festival per la città di Venezia e per i turisti?
Penso che abbiamo, attraverso il festival, instaurato con la città un senso di appartenenza. Il pubblico che ci segue è molto vario: dal pubblico del territorio veneziano, dalla regione e anche da fuori regione coinvolgendo tre generazioni fino ad accogliere il turista di qualità che sceglie Venezia per la sua bellezza e la sua offerta artistica.
Cosa si deve aspettare il pubblico per l’imminente edizione 2024?
Tre piacevoli serate dove l’arte della Danza possa essere protagonista del nostro tempo.
Qual è il risultato e l’obiettivo che ti sei posta?
Quello di continuare a nutrire la conoscenza attraverso scritture e poetiche cosi diverse, uniche e personali che solo la danza sa donare.
Qual è secondo te il tratto distintivo di Veneziaindanza?
Da sempre il taglio che ho voluto dare con la mia direzione artistica del Festival è programmare una panoramica dei molteplici linguaggi della danza che potessero spaziare dal Classico al Contemporaneo mantenendo sempre e costantemente, sin dalla prima edizione, il focus sul talento italiano, dalla Compagnia al direttore artistico, dal danzatore al coreografo, tante volte più rappresentati e conosciuti all’estero che non visibili nel nostro territorio. Un tratto distintivo e prezioso è aver ospitato molte prime assolute ed esclusive nate e rappresentate solo per il Festival, debutti di progetti che hanno avuto la loro prima casa (prima assoluta) al teatro Malibran e poi hanno girato il mondo, programmazioni e composizioni di spettacoli creati in esclusiva dai direttori di compagnie invitati al festival.
Nel programma sono presenti graditi ritorni, realtà storiche del panorama nazionale e internazionale e allo stesso tempo anche giovani danzatori e artisti. Il binomio tradizione e innovazione è sempre la carta vincente in un Festival?
Penso che il binomio tradizione e innovazione nel Festival VeneziainDanza sia stata una carta vincente e spero continui ad esserlo. La radice della tradizione è fonte primaria per una trasformazione nel tempo lasciando spazio all’innovazione come necessità.
Come ogni due anni oltre ad essere la Direttrice artistica sei anche coreografa per la tua compagnia Tocnadanza di un nuovo titolo. Ci parli dell’inedita creazione?
Da molti anni riesco ad allestire e a far debuttare le mie nuove creazioni all’interno del Festival. Quest’anno debutta il nuovo spettacolo “Stabat Passio”. Una riflessione sul concetto di Passione e Compassione dell’essere umano legato al momento storico che stiamo attraversando. Questa creazione parla della Compassione (stabat) in relazione alla Passione (Passio) vivendo il nostro tempo, due sentimenti che si specchiano uno nell’altro facendoci scoprire e rivelandoci, nel contempo, chi siamo. Da sempre la Passione e la Compassione hanno attraversato e attraverseranno il tempo, il corpo e l’anima nella condivisione con l’altro nell’attenzione, nell’empatia, nell’accudimento, nell’accoglienza e nella solidarietà assumendo infiniti colori e nuances che si insinuano nel nostro essere dai più scuri e profondi ai più tenui e impercettibili. Questo percorso è una delle tante strade possibili e percorribili che ho vissuto con i miei danzatori nell’atto della creazione. “Dove sei? – Diventa te stesso – Così posso vederti”. Nella verità e nella purezza di un sentimento vive sempre l’umanità.
Quali sono le peculiarità e gli elementi identificativi della “tua danza”
Difficile definirsi, penso di avere un mio sguardo, una mia visione, una mia poetica e nella ricerca e nella drammaturgia mi attrae e abbraccia il potere emotivo del movimento che come un flusso si trasforma, rinasce, si nutre e vive.
Se ti guardi indietro quale strada è stata tracciata fino ad oggi?
Un bel percorso aperto sostenuto da tanto lavoro ma nella consapevolezza di aver contribuito a diffondere l’arte della danza.
Da spettatrice cosa ti piace in particolare di questa rassegna?
Da spettatrice mi piace entrare a cuore aperto nell’unicità e nella visione del lavoro delle compagnie.
Come definiresti Veneziaindanza se avessi a disposizione solo tre parole?
Casa, incontro, condivisione: un luogo dove voler tornare.
C’è un spettacolo in particolare che porti nel cuore tra tutti quelli presentati al Malibran?
Domanda difficile perché ho portato tutti nel cuore ospitandoli; sicuramente ci sono spettacoli in cui mi sono sentita più vicina artisticamente, altri che mi hanno incuriosito e stimolato, altri che mi hanno affascinato per la loro bellezza e ricchezza artistica..
Come ti lasci catturare da uno spettacolo, come lo scegli per la rassegna?
Il focus della mia scelta è sicuramente nel lavoro della compagnia per inserirlo nel cartellone e sta proprio nella composizione e accostamento degli spettacoli ospitati, capire se il flusso diverso delle varie proposte possano accostarsi o addirittura allontanarsi dandone unicità e valore, per far comprendere come la danza possa avere mille preziose sfaccettature.
Cosa ti auguri per questa edizione e per il Festival in generale?
Mi auguro che il pubblico abbracci anche questa edizione e auguro al festival Veneziaindanza lunga vita.
Michele Olivieri
Foto: Francesco Barasciutti
www.giornaledelladanza.com