Patrizia de Bari, direttrice artistica ‒ insieme a Tuccio Guicciardini ‒ del Festival “Orizzonti Verticali – Arti sceniche in cantiere”, ha saputo trasformare un evento in un appuntamento imprescindibile per gli appassionati di arte e cultura contemporanea. Con una visione originale e una grande capacità di sintesi tra innovazione e tradizione, “Orizzonti Verticali” si distingue per la sua formula unica, che unisce e sperimenta diverse forme di espressione artistica, dalla musica alla danza, dal teatro alle arti visive. Un Festival che non si limita a essere una mera vetrina, ma che crea esperienze immersive, generando riflessioni profonde e incontri tra artisti e pubblico. Giunto quest’anno alla sua XIII edizione, Il Festival, con il sottotitolo “Non in mio nome”, si svolgerà dal 31 luglio al 5 agosto 2025 a San Gimignano, in provincia di Siena, borgo turrito tra le mete più iconiche della Toscana, eletta Patrimonio dell’Unesco nel 1990. L’edizione 2025 include 21 appuntamenti di danza, teatro, musica, performance tra cui 5 prime nazionali. Orizzonti Verticali è un progetto della Compagnia Giardino Chiuso, con il sostegno di Fondazione Fabbrica Europa, nell’ambito del progetto regionale Ente di rilevanza dello spettacolo dal vivo della Regione Toscana, Regione Toscana, Amministrazione Comunale Città di San Gimignano, Assessorato alla Cultura e Banca Cambiano, in collaborazione con Fondazione Accademia Musicale Chigiana, Galleria Continua, Fondazione Musei Senesi/Opera Laboratori.
“Orizzonti Verticali” è diventato un appuntamento importante nel panorama culturale nazionale. Com’è nata l’idea di creare questo Festival?
Il Festival nasce nel 2013 con la spinta del passaggio da compagnia di produzione a residenza artistica della Regione Toscana. Dopo 15 anni di lavoro sul territorio con fulcro il Teatro dei Leggieri, è stato un passaggio naturale aprire anche uno spazio di ospitalità in una città come San Gimignano che vanta un passato anche prestigioso nello spettacolo dal vivo, e dove è nato il Gruppo della Rocca nel 1969. Diciamo che è stato anche una sorta di continuazione della tradizione familiare, in un territorio, la Valdelsa, a quel tempo abbastanza carente di progetti culturali. La nostra è stata una ricerca continua tra tradizione e contemporaneità, con la volontà precisa di mettere in dialogo i linguaggi con le architetture medievali tipiche del nostro contesto cittadino.
La direzione artistica di un festival comporta scelte delicate. Come definisce la Sua visione artistica per “Orizzonti Verticali” e come la trasmette attraverso la selezione degli artisti e dei progetti?
Assolutamente sì, soprattutto su un progetto di festival “diffuso” come il nostro, dove non sempre è possibile allestire il palcoscenico. Diventa, quindi, interessante indagare le molteplici proposte più performative che spesso vengono riallestite site specific dagli artisti. Per esempio, abbiamo avuto Pablo Girolami/Ivona in dialogo con un’imponente opera di Antony Gormley a Galleria Continua, Marta Bevilacqua/Arearea ha traslato un suo lavoro all’interno di un giardino privato. Per cui la scelta vira anche su un confronto artistico e di disponibilità da parte delle compagnie di inserirsi attivamente e creativamente in questo scenario. Poi, coerentemente con la genesi del Festival ‒ il dialogo tra generazioni ‒ cerchiamo di differenziare il più possibile la proposta, in modo da offrire ad un pubblico variegato diverse sfaccettature del mondo della danza oggi, da proposte più coreografiche a quelle performative.
Il Festival “Orizzonti Verticali” si caratterizza per un approccio multidisciplinare, che integra musica, danza, teatro e arti visive. Come concepisce la fusione di queste diverse forme artistiche, e in che modo questa pluralità di linguaggi contribuisce alla creazione di una narrazione complessa e articolata per il pubblico?
L’approccio multidisciplinare appartiene da sempre alla compagnia Giardino Chiuso fin dal suo primo lavoro, Studio Otello, nel 2000, che fondeva teatro, danza e arte visiva. Un’inclinazione direi, che abbiamo poi riportato anche nella programmazione del Festival. Siamo dal 2016 partner della Fondazione Fabbrica Europa di Firenze, anch’essa a vocazione multidisciplinare. Credo che oggi non possiamo prescindere dai vari approcci stilistici, a volte anche molto complessi, della nostra contemporaneità. Il variegato mondo dello spettacolo dal vivo non può che valorizzare un progetto di festival come il nostro. E, visto che siamo sulle citazioni, non potremo mai dimenticare Giancarlo Cauteruccio/Teatro Studio Krypton con lo spettacolare allestimento di Crash Troades, replicato l’anno successivo con un video mapping sull’imponente facciata della chiesa del Duomo, il primo realizzato a San Gimignano.
Cosa rende unico “Orizzonti Verticali” rispetto ad altri eventi culturali e che tipo di esperienza estetica e di contenuto si propone di offrire al pubblico?
Intanto direi che non c’è molta possibilità di vedere spettacoli di danza nella provincia di Siena, e questo ci rende ancora più desiderosi di sostenere questa straordinaria forma di arte, considerata da sempre “minore” rispetto al teatro, quindi ancora più bisognosa di cura. La multidisciplinarietà che lo identifica lo ha reso un progetto dinamico, libero. Ogni anno riserva una sorpresa perché è inteso come un lavoro drammaturgico, non solo un contenitore di spettacoli, residenze, incontri ma un vero e proprio “racconto” che si snoda all’interno della città. Nel 2020 con “Sentieri di carta” abbiamo costruito un enorme palcoscenico bianco nella piazza centrale dove si è svolta un’azione performativa collettiva; nel 2021 ci siamo abbiamo abitato i giardini di privati cittadini che hanno messo a disposizione i loro spazi per il festival.
Il Festival si svolge in contesti diversi, spesso non convenzionali. Come si rapporta alla specificità dei luoghi in cui il Festival è ospitato e come il contesto spaziale influisce sul processo di progettazione artistica e sulla percezione del pubblico?
Siamo ormai in contatto con ogni singolo ente, istituzione, associazione cittadina, e questa partecipazione attiva plasma anche la relazione con gli artisti e gli spettacoli. Quindi il pubblico assiste a quello che è il risultato di questa “coprogettazione” su vari livelli, cosicché i luoghi vibrano in maniera differente e risultano sempre diversi. È una scoperta e una ricerca continua, che affascina anche il pubblico. Nel tempo abbiamo toccato le antiche Fonti, i Musei, Galleria Continua, case e giardini privati, Casa Campatelli bene FAI, le Torri fino ad un vecchio rifugio antiaereo. Certo, un po’ più faticoso. La parte dei sopralluoghi è abbastanza impegnativa ogni anno, ma ne vale sicuramente la pena.
In un panorama culturale sempre più globalizzato, come si posiziona “Orizzonti Verticali” rispetto alle tendenze artistiche internazionali? Qual è la sua strategia per mantenere una solida identità locale pur mirando a una visibilità internazionale?
L’ispirazione è il nostro punto di partenza, ogni anno, possiamo dire, è un salto nel buio. Ci portiamo dietro il nostro peculiare bagaglio di esperienze senza dimenticare il nostro passato. Sempre aperti alla sperimentazione e alla ricerca, ma il vero snodo è il dialogo: con gli artisti, con il pubblico, con la critica. Uno spazio aperto di confronto dove tutto è possibile. Sarebbe interessante ripercorrere le tappe più curiose del festival; certo un luogo così fortemente connotato come San Gimignano ci obbliga ad un incontro costante con la cittadinanza.
“Orizzonti Verticali” rappresenta anche un’occasione di formazione e dialogo. Quali iniziative sono proposte all’interno del Festival per stimolare un’interazione più profonda tra artisti e pubblico?
Quest’anno, brutalmente toccati dagli ultimi sconvolgenti avvenimenti internazionali e dalle linee progettuali tracciate dal Ministero, non possiamo che dissentire e far sentire la nostra voce. Il pubblico incontrerà gli artisti dopo gli spettacoli, ci sono momenti di condivisione del lavoro, e abbiamo pensato ad un’azione scenica dal titolo Non in mio nome, che coinvolgerà attivamente anche il pubblico. Stiamo, inoltre, pensando ad un annuncio prima di ogni spettacolo che il pubblico ascolterà prima di ogni evento. Perché è giunto ormai il tempo di prendere una posizione e di metterla in campo.
Ogni edizione del Festival porta con sé un tema o un filo conduttore che guida la programmazione. Come definisce e sviluppa il tema annuale, e in che misura la scelta dei temi riflette le sfide sociali, culturali e politiche del nostro tempo?
“Orizzonti Verticali” segue la metamorfosi del nostro vivere civile e si trasforma, cercando di “rilanciare in verticale” le idee e il pensiero artistico/intellettuale. Forse un po’ folle, anche ambizioso, ma sempre vivo e vibrante, qualità che, chi ha partecipato negli anni, ha sperimentato. Non può prescindere dal contesto sociale culturale e politico del nostro tempo, con la volontà di aprire spazi di riflessione, di lanciare interrogativi e dare l’opportunità di prendere in considerazione altri punti di vista. D’altronde, questa è la missione di ogni artista.
Guardando al futuro, quali sono le prospettive di sviluppo per “Orizzonti Verticali”? Come si evolverà il Festival nei prossimi anni, sia sotto il profilo artistico che organizzativo, e quali nuove iniziative o sperimentazioni intende introdurre per mantenere viva e rilevante la sua proposta nel contesto culturale in rapido cambiamento?
Sarebbe bello poter immaginare un Festival di più ampio respiro, con più proposte di spettacoli anche internazionali, ampliare il campo di azione coinvolgendo artisti di altri campi e implementare le collaborazioni. Ma tutto questo prevede un investimento economico di cui in questo momento la compagnia non dispone. Stiamo però pensando ad una virata radicale, una proposta progettuale completamente differente per i prossimi anni. Ad esempio, puntare di più sulla produzione, comparto che sta soffrendo notevolmente in Italia, offrendo un sostegno più concreto per lo sviluppo del pensiero creativo. Quindi puntare sulla ricerca, necessaria per coltivare i giovani artisti, offrendo momenti di confronto con le generazioni adulte. Stiamo curando diverse realtà giovanili, che hanno proposte vivaci e differenti; ci auspichiamo di presentarci il prossimo anno con un progetto rinnovato e ancora più radicato.
Lorena Coppola
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