
Le luci del foyer si accendono e il sipario si prepara a sollevarsi su una stagione che non si accontenta di replicare il passato.
Il Ballet de l’Opéra de Lyon, sotto la direzione sensibile e radicale di Cédric Andrieux, compone un programma che guarda al futuro con i piedi ben piantati nella memoria della danza.
La stagione si apre con un trittico potente, Nuits transfigurées, firmato da tre coreografe iconiche: Anne Teresa De Keersmaeker, Mercedes Dassy e Katerina Andreou.
In scena, corpi che si fanno paesaggio notturno, mutante e interiore, in un progetto sviluppato nell’ambito della Biennale de la danse de Lyon.
Non è solo un inizio: è una dichiarazione d’intenti. Lione non vuole essere vetrina, ma fucina. Qui, la danza non viene semplicemente mostrata — viene pensata, discussa, spinta al limite.
Entra in repertorio House di Sharon Eyal, una pièce elettrica e notturna, dove la musica pulsante e il minimalismo ipnotico spingono i danzatori in uno spazio nuovo, quasi rituale. È una sfida fisica e percettiva, tanto per chi danza quanto per chi guarda.
Accanto a questa novità, Canine jaunâtre 3 della visionaria Marlène Monteiro Freitas promette una teatralità sovversiva, mentre Último helecho creazione firmata da François Chaignaud con Nina Laisné, fonde linguaggio barocco e tensioni contemporanee in un viaggio coreografico che profuma di storia e di mistero.
Uno dei momenti più attesi è sicuramente Avant la tempête programma che riunisce opere di William Forsythe, David Dawson (al suo debutto con la compagnia) e Lucinda Childs.
Qui la danza diventa forma pura, geometria e respiro, tecnica spinta all’estremo e al tempo stesso leggerezza da camera. È un omaggio — ma non nostalgico — alla grande stagione del balletto contemporaneo.
La compagnia lavora in sinergia con eventi chiave come la Biennale, ma anche con il Jeune Ballet du CNSMD de Lyon, laboratorio creativo che forma i danzatori di domani, spesso coinvolti in tournée e produzioni originali.
L’Auditorium-Orchestre national de Lyon, da parte sua, propone incursioni coreografiche nei grandi classici, con suite tratte da Lo Schiaccianoci e Il Lago dei Cigni, riarrangiate per l’ascolto sinfonico. Anche questo è un modo per portare il balletto oltre la scena, verso chi non lo frequenta abitualmente.
La stagione 2025-2026 non si limita a offrire spettacoli: propone visioni. Interroga il presente con il corpo, lo mette in discussione. Ogni pièce è un frammento di un discorso più grande, che parla di identità, trasformazione, collettività.
E in questo, il balletto di Lione sembra ricordarci che la danza non è (solo) tecnica, estetica o disciplina. È una forma di pensiero che si scrive nel corpo.
Michele Olivieri
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