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L’arte in danza vista da Laura Caccialanza

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Laura Caccialanza si diploma presso la Scuola di Ballo del Teatro alla Scala nel 1984 e nello stesso anno entra a far parte della Compagnia scaligera. Partecipa a tutte le produzioni classiche e moderne, tra le quali quali: Schiaccianoci (Nureyev), Don Chisciotte (Nureyev), Bella Addormentata (Nureyev), Lago dei Cigni (Nureyev), Giselle (Bart, Ruanne), Bayadere (Makarova), La Silfide (Flindt), Rubies da Jewels (Balanchine), Sogno di una notte di mezza estate (Balanchine), Romeo e Giulietta (McMillan) ecc. Grazie ai notevoli successi ottenuti in Italia e a livello internazionale, nel 1990 la Direzione del Teatro alla Scala la nomina “Solista”. Lavora con i più grandi coreografi classici da Nureyev a Flindt, dalla Makarova a Grigorovic, da Balanchine a Taylor, da Ailey a Petit, da Van Hoecke a Schulze. Viene scelta personalmente da Rudolf Nureyev per interpretare il Passo a due di “Napoli” e il passo a due di “Infiorata a Genzano” nelle serate di gala “Nureyev and Friends. Nel corso della stagione 2010/2011 viene chiamata dalla Direzione per ricoprire il ruolo di “professeur” della compagnia scaligera e nella primavera del 2011 è assistente alla coreografia del balletto “L’altro Casanova” di Gianluca Schiavoni, in prima assoluta alla Scala. Nel Luglio 2011 conclude la sua brillante carriera da ballerina Solista del Teatro alla Scala per intraprendere la “nuova” carriera di “professeur de ballet” e dal 2011, in questo ruolo, collabora attivamente con il Teatro alla Scala.

 

 

Cara Laura, per iniziare parliamo della tua passione per l’arte coreutica, quando è scattata la scintilla?

 

Con tutta sincerità ti devo dire che da bimba non avevo pensato alla danza… In realtà ero attratta dall’atletica leggera perché mi piaceva molto correre. Poi ho avuto un problema al ginocchio e l’ortopedico aveva consigliato a mia madre di farmi intraprendere danza. Il caso ha voluto che l’insegnante della scuola dove mi ero iscritta fosse Vittoria Minucci, una Prima ballerina del Teatro alla Scala. Sono stata fortunatissima ad averla come insegnante perché mi ha trasmesso la cosa più importante per affrontare un percorso così difficile: la passione.

 

 

Qual è stato il tuo percorso formativo? Hai iniziato subito con la Scuola di Ballo scaligera?

 

Il mio percorso formativo è iniziato nella scuola privata di Vittoria Minucci. Soltanto al compimento dell’undicesimo anno di età sono entrata nella Scuola di ballo del Teatro alla Scala e dopo otto anni di duro lavoro mi sono diplomata.

 

Un ricordo dei tuoi maestri?

 

Di Vittoria Minucci, la mia prima insegnante, ricordo la sua dolcezza e il grande amore per la danza. Una volta entrata nella scuola della Scala, ho avuto per cinque anni Amelia Colombini, un’insegnante straordinaria che ha saputo darmi le basi tecniche necessarie per poter affrontare quello che è diventato il mio lavoro. Di Amelia Colombini ricordo la sua timidezza e la sua introversione: due caratteristiche che ci hanno sempre accomunate. Gli ultimi tre anni ho avuto la direttrice della scuola: la signora Annamaria Prina di cui ricordo la fortissima personalità, la severità e la sua grande serietà professionale. È stata un’insegnante molto esigente perché pretendeva sempre il massimo e anche se in alcuni momenti facevo fatica a capire alcune situazioni, oggi la ringrazio perché mi ha aiutata tantissimo.

 

 

Quali sono stati i loro insegnamenti più preziosi?

 

La “disciplina”: fondamentale per il raggiungimento di qualsiasi obiettivo. La “perseveranza”: non mollare mai anche durante periodi molto difficili. L’“amore”: ballare con il cuore per trasmettere al pubblico le proprie emozioni.

 

 

Di tutti gli anni trascorsi presso la Scuola di Ballo del teatro alla Scala, a quali momenti sei maggiormente legata?

 

Non ho un momento particolare a cui sono legata. Nella mia mente sono impressi tanti momenti… dalle prime tournée da bimba, alla partecipazione ai primi spettacoli con il Corpo di ballo, a tutte le mie compagne di corso con le quali ho sempre avuto un bel rapporto: un rapporto privo di invidie e forte di un legame profondo nato tra la fatica, la sofferenza, la gioia e la felicità, sensazioni ed emozioni imprescindibili quando si intraprende un percorso così difficile. Otto anni impegnativi, faticosi, tristi, allegri che mi hanno fatto diventare la donna che sono oggi.

 

Secondo te quali sono le qualità e le doti fisiche indispensabili per studiare danza e ambire a diventarne in seguito un professionista?

 

Al di là dei requisiti fisici che la danza richiede, direi che le qualità fondamentali siano forza di volontà, disciplina, senso del sacrificio e tanto amore.

Quali sono stati i momenti più emblematici e a tuo avviso più emozionanti della tua carriera?

 

Avendo avuto la fortuna di fare la ballerina, penso che non ci sia stato un giorno in cui non abbia provato delle emozioni… dall’arrivo di un maestro nuovo, alla conoscenza di un grande coreografo all’“andare in scena”. Ogni momento regalava enormi emozioni. Sicuramente sostenere dei ruoli solistici amplificava il tutto anche per la responsabilità che si aveva.

  

 

Che ricordi hai della tua prestigiosa nomina a “Solista” del Teatro alla Scala?

 

Sono stata nominata ballerina “Solista” del Teatro durante la direzione del Maestro Robert De Warren. Ricordo benissimo quando mi ha convocata nel suo ufficio comunicandomi la “promozione” alla categoria superiore. Emozione fortissima ed indimenticabile!!

 

 

Un tuo personale pensiero per Nureyev? Com’è stato il vostro incontro professionale e cosa lo rendeva così speciale?

 

Senza nulla togliere a tutti i grandi ballerini che sono arrivati dopo di lui, Nureyev è per me l’unico vero divo dal carisma ineguagliabile. Ho avuto la fortuna di conoscerlo un po’ meglio perché ho partecipato ad uno dei prestigiosi Tour europei del “Nureyev and friends”. Accadeva spesso che nei trasferimenti da un posto all’altro fossimo sullo stesso pullman e a differenza di quando si entrava in sala ballo, dove si creava un’atmosfera leggermente tesa per via del suo atteggiamento, in quei momenti era una persona completamente diversa. Non dovendo ricoprire nessun ruolo, metteva a nudo la sua personalità… potevo così ammirare un uomo solitario, malinconico, ironico, generoso e semplice nella sua originalità. Rudolf Nureyev era una bellissima persona oltre ad essere un grandissimo e inestimabile artista.

 

 

Tra tutti gli incontri importanti che hai avuto nel mondo tersicoreo a chi vanno i tuoi primi pensieri?

 

Tutte le persone che ho incontrato sul mio cammino sono state importanti. Non è sempre stato facile… ho avuto momenti difficili, perché non si poteva piacere a tutti e quindi capitava di ballare meno, ma anche questo è stato un insegnamento. Ho dovuto imparare a superare le delusioni diventando più forte. Credo che nella vita, anche le esperienze negative possano regalarci degli insegnamenti importanti.

 

Hai sposato il celebre danzatore del Corpo di Ballo del Teatro alla Scala, Antonino Sutera. Avete anche danzato insieme. Cosa ammiri in lui dal lato artistico e com’è stato essere la sua partner in scena?

 

Il mio incontro con Nino lo devo a Umberto Bergna, un carissimo amico purtroppo scomparso troppo presto. Lo aveva inserito nel suo gruppo per prendere parte a degli spettacoli e mi aveva messa in coppia con lui. C’è stato subito feeling e da lì è iniziato tutto. Persona molto determinata… aveva un obiettivo da raggiungere e lo ha fatto. Nino è un grande artista ma soprattutto è, come lo chiamavo io appena conosciuto, un piccolo grande uomo… mi ha regalato la maternità e due figlie meravigliose.

 

Tra i tantissimi balletti del grande repertorio dei quali sei stata interprete, qual è quello che hai maggiormente adorato?

 

Mi piaceva molto ballare le creazioni di Balanchine, un genio della coreografia. Adoro tutte le coreografie di Nureyev e il balletto che mi sarebbe piaciuto interpretare è Clara nello “Schiaccianoci”. Non ne ho avuto la possibilità ma rimarrà sempre uno dei miei ruoli preferiti.

 

 

Mentre in veste di spettatrice?

 

Da spettatrice mi piace guardare un po’ tutto… contemporanei, neo classici, classici di repertorio! tutto ciò che è danza.

 

 

Ti ricordi la prima volta, in assoluto, che hai preso parte a uno spettacolo di danza?

 

Togliendo i saggi della scuola privata dove ho iniziato, il ricordo più bello in assoluto è legato alla prima volta in cui ho partecipato ad un balletto con il Corpo di ballo. Si trattava proprio dello “Schiaccianoci”. Salire su quell’immenso palcoscenico con tantissima gente che mi guardava è stata un’emozione fortissima! L’interprete maschile era Nureyev…

 

 

E con quale balletto hai dato l’addio alle scene? Che emozioni hai provato nel lasciare la professione di ballerina?

 

Il ruolo con cui ho finito la mia carriera è stato Lady Capuleti. Non avevo mai pensato di essere in grado di ricoprire questo ruolo! Sono sempre stata una persona timida e qui non si trattava di ballare bisognava interpretare… avevo molta paura, tra l’altro mio marito durante quello spettacolo ricopriva il ruolo di Romeo e nel balletto, io avrei dovuto scaricare su di lui tutta la mia rabbia per l’uccisione di Tebaldo. Sono rimasta molto contenta e stupita di me stessa; sono riuscita a regalarmi questa grande soddisfazione.

 

 

Il tuo ideale artistico di partner e di coreografo chi è stato durante la carriera?

 

Non ho un ideale di partner e per fortuna ho sempre avuto un buon affiatamento con tutti i danzatori con cui ho ballato. Per quanto riguarda i coreografi, posso affermare di aver condiviso una bellissima esperienza artistica ed umana con Alvin Ailey.

 

Oggi sei un’affermata “maestra” di danza e collabori ancora con la Scala. Secondo te quali sono le doti per risultare sempre all’altezza dell’insegnamento coreutico?

 

Mentre ero ancora ballerina il Maestro Vaziev (ex direttore del Corpo di Ballo del Teatro alla Scala) mi ha dato la grande possibilità ed occasione di insegnare al Corpo di ballo. Questa scelta mi ha fatto sentire molto gratificata ma nello stesso tempo impaurita perché non sapevo come avrei potuto reagire a livello emotivo. Ho preso questa occasione come una sfida personale per cercare di abbattere le mie insicurezze. Non dimenticherò mai il mio primo giorno di lezione alla compagnia… emozioni contrastanti, uniche, indescrivibili. Nella vita è importante essere umili e per poter insegnare al meglio credo che sia la dote indispensabile.

 

 

I tempi sono molto cambiati nel mondo della danza da quando studiavi e danzavi tu?

 

Non penso sia cambiato molto, sono vecchia ma non così tanto. Sicuramente nel corso degli anni sono cambiati i fisici (le ballerine sono più alte) e il livello tecnico si è alzato, ma la danza rimane sempre la stessa.

 

Concludo sempre le mie interviste chiedendo una definizione personale dell’arte della danza?

 

Danza: arte che consente di mettersi a nudo e di raccontare alle persone le proprie emozioni o quelle del personaggio che si sta interpretando.

Grazie Michele!

 

 

 

Michele Olivieri

 

www.giornaledelladanza.com

 

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