Si è svolto lo scorso settembre il Festival “Pillole – Somministrazioni di Danza d’Autore”, organizzato dall’Associazione PANDANZ e diretto da Virginia Spallarossa.
Il Festival, in una settimana di incontri ed interessanti iniziative di spessore dedicate alla danza contemporanea, ha accolto come di consueto molti ospiti stranieri. Il giornaledelladanza ha seguito da vicino l’evento ed ha raccolto le interviste dei 5 artisti che si sono esibiti nella serata dedicata a “Performance – Short Format”: Andrea Dionisi, Daniele Ninarello, Andrea Rampazzo, Vladimir Rodriguez, Julian Sicard.
5 artisti, 5 lavori in scena allo Spazio MIL, contenitore performativo unico nel suo genere, uno spazio creato per l’Arte e con l’Arte.
ANDREA DIONISI
Ho iniziato il mio percorso con la break dance, per gioco, poi, per una serie di avvenimenti, sono finito nella danza contemporanea. Ho studiato al Balletto di Toscana per tre anni, poi ho avuto il mio primo contratto di lavori con “Artemis Danza” di Monica Casadei. Attualmente lavoro anche con Manfredi Perego in “Ideograms” e con MK. Ho accettato la sfida di creare questo mio primo lavoro, “Mescalito”, che ho realizzato prima come idea sia drammaturgicamente che dal punto di vista musicale. Le musiche infatti le ho composte io insieme a due dj che si sono proposti di fare un lavoro che non avesse alcun riferimento stilistico musicale. La mia volontà era quella di una traccia sonora che accompagnasse la performance ma che non ricordasse nessuno stile specifico di musica. Il tema di “Mescalito” nasce da una mia osservazione dei diversi comportamenti che ognuno ha a seconda della situazione in cui si trova. Mi sono chiesto quanto in realtà possiamo essere multisfaccettati da questo punto di vista e riuscire ad essere un’unità ma con molte sfumature a livello comportamentale. Mi sono inoltre fatto ispirare da un libro, “A scuola dallo stregone” di Carlos Castaneda. Mescalito è lo spirito che appare quando si assume il peyote e mi interessava come figura perché incontrava molto la mia idea, in quanto appare sempre in forme diverse. Ho voluto così fare un piccolo elogio a un libro che mi è piaciuto molto e che in qualche modo ho maturato in me. Ho creato anche una piccola installazione, usando degli oggetti di scena. Ho voluto esagerare anche da un punti di vista scenico, che spesso viene trascurato nella danza contemporanea.
DANIELE NINARELLO
La performance che presento a Pillole si intitola “Delta 0”, si tratta di un lavoro interamente sviluppato con il musicista Adriano De Micco. La nostra collaborazione è nata un po’ per caso, un anno fa circa uno spazio a Torino ci ha invitati ad esibirci e ci siamo trovati per la prima volta a improvvisare insieme in questo spazio. È stato da subito un contatto incredibile, una sinergia molto forte e da lì è nata l’idea di portare questa performance ad un livello più organizzato. Abbiamo usato questo concept, che è delta 0, in cui in un arco temporale di circa 15 minuti improvvisiamo cercando di raggiungere insieme un punto d’incontro in cui appaia l’illusione che nulla sia improvvisato. Il delta è la differenza, è ridurre il momento che passa da quando uno ha un’idea e l’altro cerca di svilupparla e di interagire con essa, è il cercare di ridurre allo zero questo tempo di decisione e di inseguirsi sul palco. Musicalmente questa performance è basata sull’utilizzo di oggetti di uso comune, chiavi, bidoni, latta, coperchi, pezzi di tubo ed è interessante scoprire come con essi si possano trovare interazioni perfette. La danza e la musica partono e si sviluppano insieme. I nostri contributi sono naturalmente conseguenziali ma cerchiamo di fare in modo di tendere a farli nello stesso momento preciso. Tutto ha molto a che fare con l’intuizione, il corpo è in ascolto della musica, la musica è in ascolto del corpo, è un salto nel vuoto, bisogna affidarsi completamente e non cadere mai dall’onda. Una delle emozioni più forti in questa interazione/integrazione è l’abbracciare l’avverarsi di casualità; a volte questi oggetti usati a scopo musicale cascano ed emettono un suono e questo evento fortuito è usato per andare avanti, per sviluppare altre idee e quindi, nell’interpretare quella casualità, talvolta il delta zero si verifica davvero. Tutto è necessario, utilizzare il corpo a livello intuitivo fa parte della mia ricerca, con tutti i sensi e la cosa meravigliosa di questo esperimento è riuscire a portarlo nel qui ed ora totalmente ed essere corresponsabile di qualcosa che non è mai giusto e non è mai sbagliato ma “è” e quindi funziona.
ANDREA RAMPAZZO
Il mio progetto si intitola “Appel du vide”, che è una di quelle espressioni intraducibili che mi ha sempre affascinato molto. Rappresenta quel fenomeno psicologico di persone che si trovano ad altezze elevate e, guardando giù, provano l’istinto di lanciarsi nel vuoto, senza nessuna accezione suicida, è solo una forza che li attrae e che va inspiegabilmente contro lo spirito di sopravvivenza. Sono partito da questo e ho sviluppato questo assolo di 15 minuti incentrato sulla contrapposizione delle forze, sull’essere attirato da quello che non si può definire, una forza che ti spinge ad andare contro la razionalità. “Le vide” per me è qualcosa che sappiamo ci sia ma che non sappiamo definire. Oltretutto tutte queste parole che sono intraducibili si ricollegano a un fenomeno che gli uomini hanno utilizzato per nominare le cose, per poterle definire. Il vuoto è qualcosa che può essere contemporaneamente pieno e pregno però inafferrabile, è qualcosa che sfugge.
VLADIMIR RODRIGUEZ
Sono un coreografo e ballerino colombiano, vivo in Francia da molti anni. Mi sono formato nel mio Paese ma poi mi sono trasferito in Europa. Trascorro molto tempo alla costruzione del mio lavoro personale e lla performance che presento a “Pillole” è quasi il mio primo assolo perché ho sempre lavorato per gli altri e con gli altri, ho prodotto molte creazioni per gruppi di danzatori. Questo assolo esprime il mio linguaggio, si intitola “Proferato”. La mia ricerca principalmente è un compromesso diretto con il teatro, la domanda è come si fa teatro anche se ti muovi, anche se la tua priorità è il corpo? Sono giunto dunque alla conclusione che il movimento e il gesto sono uniti. In questo lavoro provo a partire dal gesto e comunicare un’idea specifica con il suono provocato dal mio corpo. In questo caso mi ispiro alla realtà che vivono in tanti, che è la storia dell’immigrazione, cosa significa essere straniero. Ciò che intendo esprimere è cosa si prova a sentirsi straniero, cosa accade quando il linguaggio sparisce e si deve cercare di comunicare in ogni caso. Nella performance ad un certo punto la lingua conosciuta sparisce e appare un’altra lingua, molto più astratta, e con questa lingua astratta provo a creare un ponte di comunicazione e spiegare qualcosa di me, solo che è una lingua sconosciuta.
JULIAN SICARD
Di base sono un acrobata di circo, ho iniziato quando avevo 5 anni, poi ho seguito dei corsi e sono diventato un professionista. In seguito ho scoperto la danza, che mi ha molto interessato ed ho voluto provare a cercare un incontro tra le due arti. Stasera presento un pezzo che dura 15 minuti, dal titolo “Preciso andar”, il cui tema è un’evoluzione corporea che parte dal semplice atto di camminare e che parla di una frontiera, della sensazione di quando si vuole andare da qualche parte e si è trattenuti da qualche altra cosa. Vi è sempre qualcosa che ci riporta indietro e che ci impedisce di avanzare. Dal punto di vista corporeo, lo scopo è camminare “preciso andar” appunto e far evolvere il cammino verso la danza e l’acrobazia. Per me l’acrobazia è un modo di esprimersi molto forte, perché è una concentrazione di energia e di esplosività ed è anche un mezzo per apprendere molte cose di se stessi e per cercare di spingersi oltre, è una sfida. Andare per cercare il sorriso interiore, per non piangere più. In questo mi sono ispirato ad una canzone di Cartola, un autore brasiliano, “preciso me encontrar”, voglia di incontrare se stessi, andare per ritrovarsi. Le parole del testo sono “Ho voglia di trovare me se stesso, lasciatemi andare, ho voglia di camminare, vado a cercare il sorriso per non piangere, se vi chiedono di me dite che sono partito e che non ritornerò finché non avrò ritrovato me stesso”.
Lorena Coppola
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