All’inizio del XX secolo, il mondo del teatro e della danza fu travolto da una nuova visione estetica che fuse l’arte, il mito e l’oriente in un unico spettacolo sensoriale.
Al centro di questa rivoluzione c’era Léon Bakst, pittore, scenografo e costumista russo, la cui immaginazione visiva contribuì in modo decisivo al successo e all’impatto dei leggendari Balletti Russi di Sergej Djagilev.
Bakst non creava semplici abiti di scena: i suoi costumi erano estensioni del mondo emotivo e simbolico dei personaggi, vere e proprie opere d’arte indossabili.
Contrariamente al realismo teatrale del XIX secolo, i suoi disegni abbandonavano ogni velleità naturalistica per abbracciare il fantastico, l’esotico e l’onirico.
Le sue creazioni erano caratterizzate da: Colori accesi e saturi, spesso accostati in maniera ardita. Linee fluide o geometriche, a seconda del contesto narrativo.Materiali preziosi come sete, broccati, ricami dorati e perle. Influenze orientali, greche, persiane e indiane, rilette attraverso la lente dell’Art Nouveau.
Il risultato era un mondo scenico dove i costumi non seguivano la danza: la ispiravano.
Il costume dorato del celebre danzatore Vaslav Nijinsky, nei panni dello Schiavo d’Oro, rimane uno degli esempi più iconici della storia del costume teatrale.
I costumi di Bakst non rimasero confinati al palcoscenico. Le sue idee influenzarono la moda, il design tessile, la pittura e persino l’interior design.
La sua capacità di fondere culture, epoche e stili diversi in un insieme coerente e visionario anticipò le sperimentazioni dell’Art Déco e contribuì a ridefinire il concetto stesso di “costume teatrale”.
Léon Bakst non fu soltanto un costumista, ma un artista totale. I suoi costumi per i Balletti Russi hanno cambiato per sempre il modo di concepire la scena teatrale e la relazione tra corpo, movimento e abito.
Ogni sua creazione è una finestra aperta su un mondo di sogno, in cui la bellezza non è un accessorio ma l’essenza stessa dello spettacolo.
Michele Olivieri
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