Ballerina professionista, maestra e coreografa internazionale, Leysis Smith, si è formata all’Accademia dell’Avana, Cuba. La sua carriera inizia da piccola presso la scuola classica “L y 19”, all’Avana, sotto la direzione di Alicia Alonso. Studia Danza Moderna presso l’ENA, Scuola Nazionale di Arte a Cuba, danza contemporanea guadagnandosi l’ammissione alla scuola di Narciso Medina, primo ballerino a Cuba. Scelta da Empresa Artistica “UNEAC”, Union Nacional e Artistas Cubanos dell’Avana per rappresentare vari spettacoli in Messico, Spagna, Montecarlo, Tenerife, Santa Lucia e l’Italia, Leysis partecipa al Jazz Latino Music Festival, celebrato a Saint Martin, con il gruppo di Chucho Valdes insieme a Pupi y Los Que Son Son, Mayra Caridad Valdés, Changuito insieme a molti altri artisti. Insegna in Italia e fa parte del famoso gruppo ‘Latin Black’ guidato da Seo Fernandez.
Come hai intrapreso la strada nel mondo della danza?
Una delle cose che più apprezzo del mio Paese, Cuba, è l’attenzione, la dedizione, per ogni forma di arte. Dopo averli potuti conoscere e sperimentare, ciascuno di noi ha l’opportunità, fin da piccolo, di scegliere a quale percorso artistico avvicinarsi; e così, canto, ballo ma anche pittura o recitazione diventano per noi potenziali strade integrative alle tradizionali discipline scolastiche. La mia passione per la danza è cresciuta con me, rivelandosi nel tempo. Sono sempre stata una bambina piuttosto curiosa e per questo, prima di dedicarmi unicamente alla danza, ho scelto di sperimentare altre diverse forme d’arte. Per un periodo piuttosto lungo mi sono avvicinata alla pittura, ottenendo brillanti risultati che nel tempo ho potuto reimpiegare nel mio percorso scolastico parallelo, ovvero quello che mi ha condotto al conseguimento della Laurea. La danza, quindi, è stata per me una scelta, ricercata e consapevole che, ogni giorno, sono felice di aver fatto.
Parliamo delle tue origini, dunque, della tua terra, e facciamolo a passi di danza.
Numerosi sono i balli popolari e i generi musicali che caratterizzano la mia terra, Cuba; ognuno di essi racconta un pezzo di noi, chi siamo, da dove veniamo, in cosa crediamo e mi è faticoso scegliere da quale iniziare. Ciò nonostante, per descrivere le mie origini a passi di danza, probabilmente dovrei dire di ballare una Rumba. Essa rappresenta, al contempo, un genere musicale e una danza popolare. I testi delle sue canzoni sono spesso racconti o poesie. Il significato letterale è quello di “festa” “divertimento” e fin dagli albori, è stato un utile mezzo per evadere da una realtà talvolta impegnativa e faticosa. Il suo ritmo, la sua dinamicità ed energia, credo, racconti molto di noi: siamo un popolo solare e allegro.
Che cos’è per te la danza?
Scelgo di ricorrere a un’espressione che forse già altri hanno proposto, ma lo faccio perché convinta che sia l’unico modo per definirla: la danza, per me, è vita. E lo intendo nel senso più completo del termine: è passione, quindi energia, carica, entusiasmo, ma anche una professione, quindi lavoro, impegno e sacrificio. Danzare rappresenta, al contempo, estro, creatività, fantasia ma anche rigore, disciplina e serietà; un binomio impegnativo da far convivere ma al tempo stesso un’affascinante sfida quotidiana.
Che cos’è per te la danza cubana e cosa rappresenta a Cuba?
Per molti secoli, la musica e il ballo hanno rappresentato, insieme alla religione, una delle più efficaci forme di evasione da una realtà difficile, spesso di sudditanza o schiavitù. Questo forte trascorso, seppure lontano temporalmente, è ancora vivo e presente nella mia cultura dove, infatti, il ritmo, il canto e il movimento sono tutt’oggi il nostro quotidiano. Se ci si addentra per le strada dell’Habana è ancora possibile assistere a un inizio del tutto casuale di un momento di festa e convivialità dove spesso si suona con oggetti di fortuna e tutti, giovani, vecchi e bambini cantano e ballano. La danza cubana, quindi, è per me identità, cultura, tradizione oltre che conoscenza, studio e impegno.
In Italia c’è spazio ancora per questo genere di danza?
In Italia penso che il discorso sia piuttosto complesso e abbraccia tutta la danza, non solo quella cubana. Ritengo che per cultura, temperamento e tradizioni, ci sarebbe spazio, come per altri generi di danza, ciò di cui più si sente la mancanza è la possibilità di studiarli o approfondirli in modo professionale. In Italia tutto viene lasciato alle singole scuole di danza che, in relazione al territorio e all’utenza, offrono una più o meno ampia formazione. Ma ancora tutto rimane su un piano dilettantistico. Come ho detto, all’inizio di questa intervista, del mio Paese apprezzo l’opportunità che viene data a ciascuno cittadino di affiancare a un percorso scolastico tradizionale (obbligatorio e imprescindibile) un percorso artistico di eguale entità. Questo completa l’individuo, sia da un punto di vista fisico e motorio che comunicativo e espressivo. In questi anni, in Italia (come nel resto d’Europa), ho avuto la fortuna di conoscere diversi allievi talentuosi sinceramente interessati e appassionati alla mia cultura e questo, per me, ha un valore inestimabile.
Rivolgiamo l’attenzione alle donne. Cosa deve fare una ragazza per esprimersi ed essere femminile danzando?
Sicuramente liberarsi dei tanti retaggi culturali che segnano il quotidiano. Mi sono sempre legata molto alle mie allieve e da loro ho capito quanto limitante possa essere associare a un certo movimento o a una certa gestualità un significato completamente diverso da quello per cui gli stessi sono nati. Non si può decontestualizzare la danza. Non si può naturalizzarla al Paese in cui la si importa. Bisogna studiare le origini, capire il perché di quel gesto, capire, nel posto in cui è nato, quale significato aveva e cosa serviva a comunicare; solo così lo si potrà interiorizzare e riprodurre serenamente. Quanto alla femminilità, quella appartiene a ognuna di noi, si tratta solo di lasciarle l’opportunità di emergere.
Il tuo stile è un concentrato di che cosa?
Alla mia formazione tecnica, conseguita in anni di studio presso l’ENA, ho sempre affiancato la mia innata propensione alla “trasgressione”, per così dire. Al termine delle lezioni, spesso mi precipitavo con i miei amici a feste o gare dilettantistiche proposte nel quartiere. Lì concorrevo con loro, impegnata ad assimilare uno stile che, in quanto popolare, era in continua evoluzione. Confido nel fatto di aver mantenuto vivo, in me, questo binomio.
Che fai per mantenere il tuo corpo in splendida forma, ti basta la danza?
La prima risposta che mi viene da dare è che sono una mamma a tempo pieno e questo (chi è mamma lo sa) è spesso più che sufficiente per mantenersi in forma e allenate. In realtà, oltre a danzare, affianco diverse ore di allenamento che varia a seconda dei periodi e che si affianca a un regime alimentare, generalmente, bilanciato.
Progetti futuri
Nel mio futuro voglio esattamente tutto quello che ho oggi. Io non voglio perdere nulla di ciò che la vita mi ha dato fino ad adesso, in questo modo, so che avrò la possibilità di continuare a progettare, so che avrò la forza per inseguire sempre nuovi stimoli ed idee.
Un sogno nel cassetto
Non smettere mai di ballare. Riuscire a Danzare fino all’ultimo dei miei giorni.
Massimiliano Raso
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