La lombalgia, ovvero il dolore riferito a livello della parte lombare della colonna vertebrale, rappresenta una delle problematiche più comuni tra i danzatori di ogni età: in alcuni studi svolti su danzatori professionisti, ad esempio, tale problematica è riferita da oltre il 70% dei soggetti intervistati (Solomon et al., 1989). Il problema del “mal di schiena”, come viene comunemente chiamato, è dunque molto vasto e può essere riferito a molteplici cause: per tale motivo, ho deciso di suddividere l’argomento trattando, di volta in volta, specifiche tipologie di lombalgia.
Iniziamo a considerare le cause della lombalgia cronica nei giovani danzatori, ovvero negli allievi delle scuole di danza: parleremo, dunque, di quel senso di indolenzimento e di rigidità della colonna lombare che spesso accompagna i ragazzi per lunghi periodi senza mai divenire insopportabile, che si fa più intenso nell’ultima parte della lezione e/o delle prove, che risponde solo parzialmente alla terapia farmacologica e che, in ultima analisi, non richiede la sospensione dell’attività ma che impedisce la corretta esecuzione di molti esercizi.
Proprio a causa delle caratteristiche di questo dolore (che insorge lentamente senza una causa apparente e non raggiunge mai una fase acuta), il giovane danzatore è portato, nella grande maggioranza dei casi, a convivere per lungo tempo con questa patologia ritenendola quasi “normale”, cioè semplicemente legata alle continue sollecitazioni che la colonna vertebrale subisce durante la lezione di danza. Anche gli Insegnanti di Danza sono, molto spesso, portati a minimizzare: se un loro studente si lamenta di “mal di schiena” si limitano a suggerimenti generici come fare attenzione al movimento di estensione, controllare il riscaldamento, fare uso di anti-infiammatori, ecc.
Dopo un periodo più o meno lungo dalla comparsa del dolore, il ragazzo normalmente viene visitato o dal Medico di base o da uno Specialista: l’esame obiettivo risulta quasi sempre negativo, ovvero tutte le manovre eseguite dal medico non sono in grado di evocare il dolore, non esistono segni di interessamento di specifiche strutture anatomiche e, soprattutto, la mobilità della colonna vertebrale non è per nulla limitata anzi, se comparata con quella della popolazione normale, risulta comunque superiore alla norma. Anche le indagini strumentali sono di scarso aiuto: le radiografie non mostrano alcun danno ed anche esami più approfonditi, come ad esempio la Risonanza Magnetica Nucleare, non descrivono problematiche sicuramente riferibili come la causa del dolore.
A questo punto la domanda che sorge spontanea è: allora perché questo giovane danzatore ha “mal di schiena”? La risposta è teoricamente semplice: “perché non utilizza correttamente la schiena durante la lezione danza” mentre è più difficile sistematizzare questa condizione clinica e soprattutto pianificarne il trattamento da un punto di vista medico.
Uno dei primi specialisti ad occuparsi delle problematiche dei giovani danzatori è stato il Dott. Lyle J. Micheli del Children’s Hospitale di Boston che, già in un articolo del 1983 pubblicato sulla rivista Clinics in Sports Medicine, parlava di “lombalgia meccanica” come del più comune tipo di lombalgia tra gli allievi delle scuole di danza sia ad indirizzo professionale che amatoriale. Con questo termine si intende un dolore localizzato al tratto lombare del rachide che insorge a causa dell’incapacità della colonna vertebrale a distribuire correttamente (e quindi a sopportare) il carico, in assenza di segni di sofferenza delle strutture anatomiche coinvolte.
Sempre nello stesso articolo, ancora oggi punto di riferimento per tutti coloro che si occupano di Medicina della Danza, veniva spiegato che i giovani danzatori sono quasi sempre in grado di allineare più o meno correttamente la loro colonna vertebrale a riposo ma che, spesso, perdono il controllo del loro “tratto lombare” durante l’esecuzione del movimento, ponendo il rachide in una condizione definita dall’Autore “iperlordosi dinamica” .
A distanza di oltre 20 anni dalla pubblicazione del suddetto articolo, forti dei più recenti progressi in campo di biomeccanica e fisiopatologia della colonna vertebrale, siamo in grado di ricollegare la comparsa di lombalgia nei giovani danzatori a diverse condizioni legate sia all’impostazione del tronco che a dei veri e propri difetti di tecnica. Per quanto riguarda l’impostazione, possiamo dire che già una semplice incapacità di controllare il “centro” durante tutta l’escursione del movimento, pone la colonna lombare in una condizione di affaticamento funzionale che, a lungo andare, si può manifestare con la comparsa di dolore.
Per fare diagnosi di lombalgia meccanica bisogna escludere tutte le altre possibili cause di lombalgia e, proprio per questo, un giovane danzatore che si lamenta da un certo periodo di tempo di un dolore lombare insistente deve comunque essere sottoposto ad approfondimenti diagnostici strumentali (Rx, RMN; ecc.) e ad un attento esame clinico che comprenda non soltanto un’analisi posturale statica ma, possibilmente, l’osservazione di alcuni movimenti che coinvolgono la colonna vertebrale. L’ideale sarebbe che il medico fosse in grado di analizzare l’esecuzione di movimenti di danza anche semplici quali relevé, arabesque o cambré per verificare se, in queste situazioni, il soggetto è in grado dis tabilizzare o mobilizzare correttamente il rachide.
L’incapacità di stabilizzare il tratto lombare è legata, sempre e comunque, ad un difetto di impostazione del bacino: se questo è troppo inclinato in avanti (antiversione), le curve della colonna vertebrale tendono ad accentuarsi e tutto il peso grava appunto sul tratto lombare (vedi figura, posizione B). Siccome l’atteggiamento appena descritto mal si accorda anche con i canoni estetici imposti soprattutto dallo studio della danza classica, questo difetto è, attualmente, relativamente raro da osservare anche tra gli studenti amatoriali.
Esistono diversi studi clinici che dimostrano come tale difetto sia prevalente negli studenti dei primi corsi piuttosto che in quelli dei corsi più avanzati (Clippinger-Robertson, 1991); tra i ragazzi più grandi, tuttavia, può essere evidenziato abbastanza spesso un altro atteggiamento posturale errato comunemente indicato come “postura da fatica” che consiste nell’abitudine di inclinare il bacino in avanti e di spostarlo anteriormente all’asse di gravità in modo che la stazione eretta possa essere mantenuta quasi senza lavoro muscolare (vedi figura, posizione D). Questo atteggiamento è osservato con maggiore frequenza nei ragazzi che presentano una “lassità capsulo-legamentosa generalizzata” e che associano, a tale posizione della colonna, una evidente iperestensione delle ginocchia.
Per evitare che insorga la lombalgia meccanica nei ragazzi che mostrano i difetti sopra descritti, non basta consigliare un generico lavoro di “rinforzo degli addominali” perché il lavoro di questo gruppo muscolare va sempre messo in relazione con quello della catena dei muscoli posteriori che, nella maggioranza dei casi, appaiono accorciati e rigidi, soprattutto negli adolescenti in fase di sviluppo. La rieducazione posturale, come già accennato in precedenza, si deve basare su una lenta e continua stimolazione al riequilibrio globale della muscolatura coinvolta nel controllo della posizione del tronco, prendendo in considerazione non soltanto il rapporto tra posizione del bacino e colonna lombare, ma coinvolgendo nel lavoro anche il resto del rachide, creando una costante connessione tra la posizione della testa, del torace e del bacino sia in condizioni statiche che dinamiche (controllo del “centro”).
Ma la paura di stare con “il sedere in fuori” porta, molto spesso, sia allievi che insegnanti ad incorrere nel difetto opposto: il bacino viene inclinato in dietro (retroversione) e le curve della colonna tendono ad appiattirsi fino a scomparire (vedi figura, posizione C). Questo errato atteggiamento del bacino, che ancora oggi viene confuso con la corretta impostazione del tronco (vedi figura, posizione A) provoca un irrigidimento di tutta la colonna vertebrale, una costante sollecitazione in flessione del tratto lombare e, come nel caso precedente, un sovraccarico funzionale dello stesso che può diventare la causa principale della lombalgia.
Credo sia anche utile sottolineare che la retroversione del bacino si può ottenere soltanto attraverso una eccessiva e costante contrazione del muscolo grande gluteo (soprattutto delle sue fibre inferiori): il risultato di questo tipo di lavoro è l’ipertrofia del muscolo, ovvero il suo aumento di volume accompagnato da un accorciamento. In parole semplici, più il giovane danzatore tenta di “tenere in dentro il sedere”, più la massa muscolare dei glutei aumenta e si rende evidente.
A lungo andare, tale difetto di impostazione si ripercuote anche sullo sviluppo della muscolatura degli arti inferiori che, costretta dalla posizione del bacino a lavorare costantemente in accorciamento, si ipertrofizza a sua volta facendo assumere al corpo del danzatore un aspetto “rigido” e “tozzo”. Negli studenti di danza classica, infine, la retroversione del bacino interferisce con l’ampiezza della rotazione esterna dell’anca e, a differenza di quanto molti pensano, diminuisce le possibilità di eseguire un corretto en dehors.
Anche in questo caso la rieducazione posturale è basata sul riallineamento della colonna vertebrale e sul riequilibrio della muscolatura profonda (per ridurre l’attività di quella superficiale e correggere le ipertrofie), con particolare riguardo al lavoro del diaframma e dei muscoli del pavimento pelvico dato che, i ragazzi abituati a lavorare col bacino in retroversione, non sono capaci di utilizzare correttamente né la respirazione né l’impulso e l’energia derivata dall’attivazione della muscolatura del bacino.
In conclusione, il ruolo del Medico nel trattamento della lombalgia meccanica dei giovani danzatori è relativamente marginale: attraverso un attenta valutazione, può infatti porre una corretta diagnosi e facilitare, con la prescrizione di una eventuale terapia farmacologica, l’immediata attenuazione del dolore. La scomparsa definitiva della sintomatologia dolorosa, tuttavia, può essere ottenuta soltanto modificando il modo in cui il danzatore si muove.
Questo processo, nella maggior parte dei casi lento e faticoso, coinvolge innanzi tutto il soggetto in esame che deve prendere coscienza delle sue difficoltà e dei suoi difetti posturali grazie all’aiuto di un Terapista della Riabilitazione e/o di un Insegnante di Tecniche di Supporto, ed in secondo luogo l’Insegnante di Danza che deve essere in grado di favorire e monitorare costantemente il corretto utilizzo della colonna vertebrale durante la lezione di danza.
Luana Poggini