(Intervista del 14 febbraio 2011)
Inizi a danzare a 9 anni e già a 10 la prima borsa di studio presso l’accademia Grace di Montecarlo: quali furono, in quell’occasione, i pensieri di un bambino di 10 anni che si scopre “enfant prodige”?
Beh, 10 anni di età, e soprattutto appena un anno di danza, non ti danno la maturità di comprendere realmente se ci sono potenzialità o possibilità che in futuro il tuo sogno si realizzi, perché per me di quello si trattava: di un sogno; io ho sempre voluto ballare, è una passione che coltivo sin da piccolo, ma non c’era ancora in me quella coscienza di dire “sì, questo sarà il mio futuro”; per me è stato un po’come trovarsi in una fiaba, anche perchè Montecarlo ai miei occhi offriva un clima principesco, diverso dal mondo quotidiano al quale ero abituato. Con gli anni poi il processo di maturazione è proseguito, è venuta fuori in me una coscienza sulle mie reali capacità e tutto ha assunto dei contorni più definiti.
È stato traumatico lasciare il tuo paese a quell’età?
Io penso che sia traumatico anche quando si è più grandi: è come tagliare una pianta dalle proprie radici per innestarla in un’altra terra. In quell’occasione per me era chiaro che le prospettive non erano quelle di restare in Italia, quindi inizialmente è stato duro dover dire a me stesso “parto per non ritornare”, però, col senno di poi, credo sia stato anche un sintomo di crescita e di capacità decisionale, da uomo maturo. Per chiunque abbia ambizioni artistiche, è importante aprirsi ad esperienze in altri paesi, innanzitutto perché ti forma come persona, permettendoti di conoscere nuove culture, lingue, tradizioni; e poi perché ti porta ad avere una mente realmente aperta, disposta a non fossilizzarsi sulle proprie convinzioni e ad accogliere e confrontare modi di pensare e di agire differenti, a mettere in discussione tutto quello che hai imparato.
Marika Besobrasova, una figura fondamentale per la tua ascesa all’Olimpo della danza: da mecenate a collega… ?
Marika ha rappresentato il momento decisivo della mia vita artistica. Nel ‘91 è nato questo rapporto non solo di maestro-allievo, ma quasi di madre-figlio. A Montecarlo, durante i workshop, lei mi disse che avevo la stoffa del coreografo, aveva scorto in me capacità di direzione, di guida per gli altri, di sviluppo di progetti. Mi ha seguito in quegli anni non solo dal punto di vista tecnico, ma soprattutto umano: io caratterialmente ero un ribelle, in più la lontananza da casa mi provocava uno smarrimento che esprimevo sotto forma di contestazione; lei invece mi ha dato fiducia, mi ha sostenuto, mi ha aiutato a superare questa debolezza. Quando si è allievi, generalmente si acquisiscono le nozioni in maniera acritica; col tempo invece ho apprezzato di più quegli insegnamenti, li ho messi in pratica con coscienza e ho capito pienamente cosa mi aveva trasmesso in quegli anni.
Abbiamo menzionato Marika Besobrasova, ma hai avuto diversi illustri mentori. A quale ti ispiri maggiormente e chi ti ha lasciato il maggior bagaglio artistico e culturale?
Decisivo è stato sicuramente Stephan Thoss, ad Hannover. Lui mi ha trasmesso l’amore per il secondo elemento della danza, il moderno, e mi ha permesso così di rivalutare quest’arte sotto una prospettiva diversa da quella classica che avevo. Considero comunque importanti per la mia carriera tutti i coreografi con i quali ho lavorato, da Mats Ek a Forsythe, perché il processo di crescita di un ballerino non termina con la formazione; col tempo acquisisci capacità critiche che ti permettono di essere parte attiva della formazione tua e altrui. Può sembrare una frase scontata, ma davvero nella vita non si smette mai di imparare.
Nel 2001 un’altra tappa fondamentale della tua vita: la Germania. A 20 anni, e per ben 5 anni, solista principale del Balletto di Hannover. Quali motivazioni ti hanno spinto ad accettare la sfida, e cosa ti ha dato la forza di affrontare il pubblico durante eventi così importanti?
La Germania è stato un altro tassello decisivo per la mia crescita personale. Il Teatro dell’Opera di Hannover è di altissimo livello, offre condizioni di lavoro favorevoli e ottime opportunità per un ballerino. Quello era inoltre il primo Teatro dell’Opera che dirigeva una stagione di danza moderna anziché repertori classici, poiché anche i classici venivano rivisitati in chiave moderna, contrariamente alla tradizione dei Teatri dell’Opera di altri Paesi. Stephan Thoss è un coreografo con un certo background ed io intravedevo per il mio futuro la possibilità di lavorare stabilmente come coreografo, perciò ho ritenuto interessante lavorare con lui, anche se non era previsto che questo sodalizio durasse 5 stagioni. La Germania mi ha dato quella stabilità che oggi credo nessun altro paese offre, quindi mi sono stabilito definitivamente lì.
Parliamo di “Arte&ballettO”, che possiamo considerare il tuo primo vero progetto. Come nasce, e quali soddisfazioni ti ha regalato sinora?
Arte&ballettO come dico sempre, e ci tengo a sottolineare, più che un progetto è una missione: ha rappresentato innanzitutto un luogo di incontro e di confronto, perché io non ho mai avuto la possibilità di relazionarmi con altri coreografi e ballerini, mentre il confronto è di importanza vitale per un artista: non ci si può chiudere in se stessi e pensare di essere i migliori. Con Arte&ballettO ho cercato di mettere insieme ragazzi di diverse scuole delle mia città per creare un gruppo, convogliare diverse forze, creare delle sinergie, e ciò era visto di cattivo occhio dagli insegnanti di danza: si chiedevano cosa credesse di fare un ragazzino di 16 anni, cosa potesse realmente concretizzare. Ecco perchè bisogna credere sempre nei ragazzi, dare loro il giusto peso e non ignorare le loro idee solo perché considerati giovani e inesperti. Col tempo, è diventato qualcosa di ben più importante: quando lasciai l’Italia, Barletta non aveva una tradizione di danza, nel senso che non aveva una propria storia peculiare della danza, qualcuno o qualcosa che le avesse dato un’impronta di originalità. Arte&ballettO rappresenta un po’questo tentativo di fare danza staccandosi dall’accademia, dagli schemi rigidi e tradizionali, per cercare di darle una nuova identità. Era un progetto ambizioso, lo ammetto, ma ho ritenuto di poter seminare qualcosa che potesse poi dare dei risultati concreti. Personalmente, sono contro i coreografi contemporanei che snobbano la danza classica o viceversa: se la danza è fatta bene, viene apprezzata sempre e comunque.
Sei cittadino d’Europa d’adozione, ma non hai tagliato le radici con Madre Puglia: fondatore e direttore artistico dell’ApuliArteFestival, nonché del Premio Internazionale ApuliArte e del Progetto FormAzione Tersicore.
L’ApuliArte Festival è non solo un momento per portare in scena le compagnie importanti, ma è soprattutto un trampolino di lancio e una vetrina per i giovani e per i coreografi: io ho sperimentato su me stesso quanto sia difficile, soprattutto in Italia, potersi esprimere e mostrare il proprio lavoro. Ho ritenuto importante che tale festival avesse certe priorità, perché costituisce uno scenario dove non ci si esibisce solo per piacere, ma la presenza dei critici e degli addetti ai lavori ti permette di avere dei feedback e quindi di metterti in discussione per ottenere grandi risultati nel futuro. FormAzione Tersicore è un progetto approvato nel 2008 di cui sono molto fiero. È un percorso di alta formazione all’avanguardia in Italia, perché ci sono politiche diverse dal solito: i ragazzi vengono riuniti 1 volta al mese per 3 giorni (venerdì, sabato e domenica), lavorando con professori provenienti da accademie partner del progetto, per la parte classica, e con coreografi altamente qualificati per la parte contemporanea. Questa situazione ha una doppia finalità: i ragazzi hanno la possibilità di studiare, di perfezionarsi, ma anche di vivere l’esperienza delle audizioni, imparando ad affrontarle e a combattere lo stress; i professori possono osservare i ballerini più volte in maniera analitica, seguirli, valutarli con calma, correggerli, capirne le potenzialità e limarne le lacune, nonché scoprire chi di loro possiede il talento per entrare nelle accademie partner. Infine, è uno strumento di crescita personale per i ragazzi, che possono imparare a confrontarsi, fare squadra, abbattere i provincialismi (i ragazzi provengono da ogni parte d’Italia), il tutto all’insegna di un sano spirito di competizione.
Che rapporto hai oggi con la tua terra natìa?
Il rapporto con la mia terra natia è molto buono direi. A Barletta Arte&BallettO cura una vera e propria stagione di eventi che nell’arco dell’anno offrono diverse possibilità: dall’alta formazione professionale al sostegno di giovani coreografi, o l’invito di compagnie e artisti di fama internazionale attraverso l’ApuliArteFestival e il Premio Internazionale ApuliArte, sino alla borsa di studio “Nati per la Danza”. Senza dimenticare la residenza coreografica della mia compagnia Pneuma Dance Theater presso il Teatro Curci di Barletta e le varie esibizioni del Giovane Balletto Mediterraneo, la compagnia tirocinante. Ho avuto la fortuna di condividere queste visioni con un’amministrazione comunale molto sensibile, attenta e interessata al valore che l’arte può offrire. Ma sono anche contento di avere intorno a me un insieme di validi insegnanti di scuole di danza che hanno capito la valenza della mia azione e che stanno sostenendo unanimemente e con passione quello che oramai io chiamo un “percorso comune”.
Nel 2007 sei designato “miglior coreografo emergente” dalla rivista specializzata “Dance for you”; da allora i premi sono stati sempre più numerosi ed hai ancora soltanto 30 anni. Tutto ciò rappresenta per te il giusto traguardo di una carriera di sacrifici o un punto di partenza per cercare nuovi stimoli e nuove ambizioni?
Da un paio di settimane ho raggiunto la soglia dei 30 anni. Tanti comincerebbero ad esternare espressioni del tipo: “comincio a sentirmi vecchio”. Io invece sento di avere la stessa energia e passione di 20 anni fa, anzi triplicata viste le mie esperienze. Sono ghiotto di curiosità e voglia di esplorare. Non dimentico mai, ogni giorno, di essere una persona molto fortunata nell’aver fatto della sua passione la propria professione di vita. Sicuramente riconoscimenti come quelli ricevuti da “Dance for you” (che tra l’altro lo scorso novembre mi ha dedicato la copertina) fanno piacere e ripagano le fatiche e i sacrifici. Rappresentano anche lo stimolo giusto e l’onere necessario per continuare a lavorare sempre e soltanto nel segno della qualità.
Hai vinto il contest mondiale Genesis a Milwaukee, con la creazione “Something I had in Mind”, che si è classificata prima e il prossimo anno ci ritonerai. Quella è stata un po’ la consacrazione del tuo lavoro in America, dove hai avuto delle proposte per coreografare per il Joffrey Ballet a Chicago e il Washington Ballet nel corso delle prossime stagioni. Dunque sei riconosciuto come coreografo a livello mondiale, ma non dimentichiamo che hai anche ricevuto un’onorificenza dal Presidente della Repubblica in persona, Giorgio Napolitano…
Quello è stato un bel traguardo indubbiamente. Soprattutto perchè l’onoreficenza mi veniva data per il mio impegno nel sostenere la danza nel Sud dell’Italia. Certo, sarebbe ancora più bello se tutti questi premi potessero dare maggiori risposte e aiuti ai ragazzi del Sud. Ho avuto la fortuna di lavorare con i più grandi coreografi. Oggi, importanti compagnie internazionali danzano miei lavori e mi invitano a creare per loro, come étoiles del calibro di Malakhov. Non posso che essere felice di potermi esprimere nel gotha della danza. Ma la voglia di poter vedere la mia terra realmente riscattarsi in ambito internazionale è per me qualcosa di troppo importante. La strada da percorrere però è ancora molto lunga, soprattutto perché è necessario abbattere forti provincialismi mentali. Tuttavia niente è impossibile!
Secondo un’indagine di settore, il numero di bambini di sesso maschile che intraprende lo studio della danza diminuisce sempre di più. Cosa ti senti di dire alle mamme e ai bambini per incoraggiarli alla pratica di questa disciplina?
Io ho avuto e sto avendo la fortuna di sostenere giovani ragazzi che ho persino portato a compimento della loro formazione professionale. Penso al barlettano Daniele Delvecchio, oggi ai Ballets de Monte Carlo, o a Gianluca Perrulli (che ho inserito nella Scuola di Basilea) e Alessio Scognamiglio (entrato a far parte dell’Accademia Grace di Montecarlo). Sicuramente il modo di rapportarsi alla danza da parte dei ragazzi è di gran lunga cambiato rispetto ai miei tempi. Quello che alla base è importante, secondo me, è vivere la propria passione sino in fondo. Questo per tutti, ragazzi e ragazze. Ogni lasciata è persa!
La tua vita continua a riservarti soddisfazioni. Quali progetti per il futuro hai, in Italia e nel resto d’Europa?
Gli impegni che ho sono numerosissimi. In Italia ritornerò a marzo per presentare con la mia compagnia Pneuma Dance Theater un lavoro ispirato alle Liaisons Dangereuses nell’ambito della stagione del Curci di Barletta (12 marzo). Saremo poi ad aprile (13) a Terni con una mia fortunata produzione, Black Garden, in tandem con i danzatori del Balletto di Berlino che si esibiranno in prima assoluta in un mio quartetto. Concluderò la sessione in Campania sempre a marzo con Rosalba Cesare e supervisionerò, a partire da quest’anno, una vetrina per giovani coreografi presso il MAV di Ercolano. Ad aprile sarò nuovamente in America, a Houston, dove Malakhov danzerà la mia Morte del Cigno nell’ambito del Salad Festival. Prima dell’estate sarò a Firenze per lavorare con MaggioDanza ad una creazione che debutterà il prossimo 14 ottobre. Sono davvero eccitato ed anche molto grato a Francesco Ventriglia per avermi invitato. L’estate è il periodo dell’ApuliArteFestival che quest’anno presenterà alcune novità. Sarò anche in Basilicata per curare un nuovo evento pedagogico. In autunno sarò poi impegnato con il Balletto di Asburgo per la creazione a serata intera delle Liaisons Dangereuses. Questa volta, rispetto alla versione da camera realizzata per la mia compagnia, monterò una produzione per un ensemble di 14 danzatori. Un balletto in due atti e la partecipazione dell’orchestra. Stiamo valutando anche la possibilità di portare il Giovane Balletto Mediterraneo all’estero. Nel 2012 invece sono previsti dei nuovi progetti con Malakhov, il Canada, l’America e non solo. Insomma, al momento l’unico “impegno” a non essere contemplato nella mia agenda sono le vacanze!
Lorena Coppola