Mats Ek, il coreografo di spicco dei giorni nostri, nato a Malmö, in Svezia. La prima cosa che colpisce della sua vita è senza dubbio l’ambiente in cui è cresciuto: una famiglia di artisti, tutti di altissimo livello, in cui tutti fanno teatro e collaborano tra loro, a tal punto che non è semplice riconoscere i confini tra vita e arte. Mats è infatti il figlio di Birgit Cullberg (la “madre” della danza moderna in Scandinavia, danzatrice e coreografa illustre, nonché fondatrice del Cullberg Ballet) e di Anders Ek (grande attore teatrale e cinematografico, tra i preferiti di Ingmar Bergman); è anche il fratello minore di Niklas Ek, ottimo danzatore che ha lavorato in prestigiose compagnie (Cullberg Ballett, Merce Cunningham Dance Company, Ballet du XXe siècle) e ha una sorella gemella, Malin, attrice, e una cugina scenografa, Karin Ek.
Certamente la madre, una figura così importante nel panorama della danza contemporanea, ebbe un ruolo fondamentale e una grande influenza nella formazione artistica dei figli, e di Mats in particolare che, come lei, si dedicò presto alla coreografia. Inoltre, i genitori di Mats si separarono quando lui aveva solo un anno e l’assenza del padre rese ancora più significativa la figura materna. In realtà, il primo approccio di Mats, Niklas e Malin con la danza non fu positivo, poiché la danza era per loro un qualcosa che teneva la madre lontano da loro ed era quindi sinonimo di sofferenza.Birgit Cullberg, nel momento in cui decise di iniziare lo studio della danza classica con l’insegnante Lilian Karin, tentò di coinvolgere i tre figli, ma questi lasciarono subito perché non lo trovarono divertente. Lilian Karin ricorda le doti creative di Mats bambino, le piccole performances che egli organizzava a scuola per il piacere di esibirsi di fronte ad un pubblico che lo applaudiva.
In seguito, all’età di 17 anni, Mats, insieme al fratello Niklas, fu portato dal padre a lezione da Donya Fener, una danzatrice americana dalla quale apprese la tecnica Graham. Fu per lui un momento particolarmente importante che egli stesso ricorda così: «Quando, a 28 anni, ho iniziato a danzare, i tre mesi di studio della tecnica Graham che avevo fatto a 17 anni erano fortemente impressi nel mio corpo: quell’esperienza, quella memoria corporea forte, furono il mio punto di riferimento».
Dopo aver studiato teatro e nonostante i successi riscossi con le sue prime esperienze come regista, Mats decise di dedicarsi totalmente alla danza, perché sentiva l’esigenza di interpretare qualcosa e la danza gli sembrava il mezzo più adatto, il più naturale. Entrò così nel Cullberg Ballet e qui lavorò con grandi coreografi, come Kurt Jooss, Maurice Béjart, Jiri Kylian.
Presto però, intorno agli anni ’70, iniziò a dedicarsi alla coreografia, per la quale si accorse subito di avere un’eccezionale inclinazione e delle doti rare da trovare. È infatti come coreografo che Mats Ek si è imposto nel panorama internazionale della danza e la sua creatività geniale è oggi riconosciuta da tutti.
Le sue prime creazioni, come San Giorgio e il Drago, Soweto, La casa di Bernarda, sono accomunate dalla presenza di temi politici e sociali, a tal punto che la critica lo definì subito come un coreografo politicamente impegnato.
Ma è stato certamente con la sua versione di Giselle, presentata per la prima volta nel 1982, che Mats si è rivelato in tutta la sua grandiosità. La critica, pur riconoscendo all’unanimità tale lavoro come un capolavoro, gli rimproverò di aver abbandonato i temi impegnativi in favore delle favole; e tuttavia la sua Giselle non è affatto un’opera disimpegnata. In questo balletto Mats focalizza l’attenzione sugli esseri umani, scavando nei loro pensieri e sentimenti, analizzando le loro caratteristiche psicologiche, i loro comportamenti, il loro modo di relazionarsi. Di Giselle, una pietra miliare del balletto classico, egli dà una sua personalissima e quasi rivoluzionaria lettura, in cui la protagonista è una povera fanciulla di paese, debole di mente e di cuore, incapace di controllare gli istinti e le emozioni da dover essere tenuta legata. Così vive senza pudori e senza riserve, manifesta il suo amore ad Albrecht, dichiarandogli il suo desiderio di avere un figlio. Il II atto poi non è ambientato in un bosco incantato, come la Giselle ottocentesca, ma in un ospedale psichiatrico e non ci sono le vendicative Willi in tutù bianco, ma donne in camicia di forza.
La Giselle di Mats Ek è fortemente legata ad Ana Laguna, la prima interprete, senza la quale egli stesso riconosce che il personaggio di Giselle non sarebbe nato; Ana Laguna è oggi compagna di vita di Mats e madre di due dei suoi tre figli.
Dopo Giselle, Mats Ek riscrisse molti classici del balletto, sempre in maniera originale e rivoluzionaria: Il Lago dei Cigni, Carmen, La Bella Addormentata, ad esempio.
La caratteristica principale del suo linguaggio coreografico è il desiderio di comunicare, di dar voce all’anima attraverso il corpo; a lui non interessa la danza “pura”, in quanto la danza è per natura espressione, comunicazione. Afferma infatti: «Non potrei fare coreografie che fossero esclusivamente formali, invidio chi lo fa, ma io non ne sono capace».
La sua danza è chiara, parla sempre dell’uomo, in essa ogni movimento ha una propria ragion d’essere perché serve a dire qualcosa. Egli è convinto che un movimento espressivo, se è autentico, è sempre bello, ma se il suo fine è la bellezza, può anche risultare sgradevole. Nei balletti di Mats, quindi, è senza dubbio prioritaria la forza espressiva alla “pulizia” e perfezione tecnica.
L’idea della danza come comunicazione è certamente stata ereditata dalla madre, Birgit Cullberg, che a sua volta l’aveva ripresa da Kurt Jooss. Mats Ek, per realizzare un corpo “parlante”, fonde elementi tecnici con movimenti del tutto nuovi, colti dalla vita quotidiana. Nel suo linguaggio, le mani e i piedi hanno una grande funzione espressiva e spesso si muovono indipendentemente dal resto del corpo. Ogni parte del corpo è coinvolta nella realizzazione della comunicazione; ma ciò che più colpisce dei suoi danzatori è sicuramente la forza espressiva del volto. Spesso utilizza anche degli oggetti, veri e propri partners dei danzatori, e grande importanza hanno nei suoi balletti anche i costumi e le scenografie.
Il suo procedimento creativo non prevede l’improvvisazione, ma ciò non significa che non sia altrettanto importante per lui l’apporto dei danzatori nella costruzione di un personaggio. Mats è solito arrivare alle prove con la coreografia già pronta e curata nei minimi dettagli (anche nel rapporto con la musica) e con una serie di immagini, articoli di giornale, come stimolo da mostrare ai danzatori. I danzatori apprendono così la coreografia per imitazione, ma possono sbagliare ed è proprio dall’errore che possono nascere nuove idee.
I personaggi femminili (interpretati da danzatrici rigorosamente scalze) sono per lui il motore dell’azione, subìta dagli uomini; la figura della madre (non sarà certo un caso!) è una costante nei suoi balletti, così come sono spesso presenti gli atti di nascita. Chiaramente, se il parto è l’origine della vita, la madre rappresenta il motore stesso della vita. Un’altra costante dei suoi lavori è l’ironia: egli è convinto che se una situazione è spinta al limite della tragedia ha già in sé un po’ di comicità; Mats si diverte proprio a camminare su questa sottile linea di divisione tra pianto e riso. Molti suoi lavori si ispirano a drammi teatrali o a testi letterari, hanno quindi un carattere narrativo; ma c’è anche un Mats Ek surreal-impressionista (Grass, The Park).
Mats Ek ha realizzato anche coreografie per il teatro e per la televisione (Smoke, Wet Woman).
Nel 1993 ha lasciato la direzione del Cullberg Ballet, per proseguire la sua carriera in maniera indipendente e negli ultimi anni si sta dedicando soprattutto al teatro.
Sara Zuccari
Direttore del www.giornaledelladanza.com