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Mauro Astolfi: Non mi preoccupo della mia situazione, ma dei teatri e scuole che vivono una disperazione

Mauro Astolfi

Come e quanto tempo ci vorrà per riconnettere tutto ,per ricreare un’armonia, per far si che lo strascico della paura non condizioni il ritorno a una vita piena?. Ho smesso di chiedermelo , è inutile.


Chi vive nella danza e della danza non ha bisogno di aspettare il bollettino delle 19 ogni giorno per rendersi conto di cosa è successo.


Il male e il pericolo parallelo, che non potevamo non aspettarci, e questa immensa safety car che troveremo in pista non appena si comincerà a tornare a una situazione dove sarà permesso nuovamente di stare in sala, di tornare in teatro di riprendere i tour. Una safety car che in qualche modo azzererà i vantaggi, diminuirà le differenze che non avevano senso di essere, e che forse contribuirà a ristabilire le differenze sulla base dell’onestà, del valore, della competenza e dell’impegno.


Non mi preoccupo molto della mia situazione, mi reputo comunque un privilegiato, ma parlo quotidianamente con amici, colleghi ,direttori di Teatri e scuole che vivono realmente una disperazione presente, una disperazione che non lascia neanche il tempo di pensare ad un eventuale disperazione futura.


Ho fatto un augurio a tutte queste persone, ed è la stessa cosa che auguro anche a me. È importante capire che attraverso qualsiasi shock profondo si riesce poi veramente a ricostruire in modo diverso, che non bisogna perdere la fiducia in se stessi, concetto purtroppo ormai tristemente svuotato del suo significato più profondo in molti ambiti, ma che di fatto, sostanzialmente è l’unica vera risorsa.


Di riconoscere il merchandising della paura che ci viene propinato in continuazione, e non parlo solo di oggetti, di corsi online, di nuovi modelli di mascherine, di nuovi gel disinfettanti, ma dei concetti che passano, della costruzione lenta ed inesorabile nel nostro cervello di altri schemi mentali che vadano rapidamente a sostituire quelli distrutti dalle conseguenze psicologiche di questa epidemia…


La sostituzione di uno schema rigido con un altro, mi terrorizza più del virus, perché dal virus si riesce a guarire, non sempre e non purtroppo per tutti, ma da una mente bloccata dalla paura e altri nuovi schemi comportamentali si rischia di non guarire mai.


Leggo già della fine della globalizzazione, che senza bisogno di approfondire il senso sociale e sociologico dell’affermazione, di fatto, in soldoni significa che il regno di una paura permanente o semi permanente è ormai alle porte . Se una resistenza stiamo vivendo, che si resista senza paura. In questo momento sarebbe il sentimento meno conveniente di tutti. Questo è il mio augurio al mondo della danza e a tutta la razza umana.

Mauro Astolfi

www.giornaledelladanza.com

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