Matteo Mascolo è coreografo e ricercatore del movimento come potenziale mezzo di comunicazione artistica. Ha 33 anni e vive a Milano. Per molto tempo ha vissuto a Lanzarote, nelle Isole Canarie, luogo in cui parte della sua famiglia si trasferì quindici anni fa. È proprio lì che il suo amore per la danza e la composizione coreografica si è amplificato attraverso la natura. Negli ultimi anni ha portato in scena i suoi lavori in vari festival e rassegne coreografiche tra cui il DAP Festival in Toscana, il Festival Traslación a Lanzarote, il Festival di Danza Canarios Dentro y Fuera a Tenerife e Pratiche Parallele a Milano. Di recente è stato finalista del bando NVED Nuovi Vettori Evolutivi Danza di Mandala Dance Company e vincitore del bando Road to Nowhere di DTS Collective, in cui ha continuato a sviluppare la sua ultima creazione coreografica “Sequoia”.
Ci racconti di “Sequoia”, che cosa ricerca attraverso questa coreografia?
La ricerca principale di Sequoia è rivolta all’esplorazione di quel “qualcosa” che noi esseri umani percepiamo a contatto con gli alberi, i boschi e le foreste, ma che non possiamo definire. La coreografia, infatti, si presenta come un momento di contemplazione. È interpretata da due danzatrici, una rappresenta la persona che entra nel bosco, l’altra lo impersonifica. Durante il processo creativo mi sono interrogato su molte questioni. Ad esempio, cosa ci spinge ad andare nei boschi? Cosa accade quando vi siamo dentro? Come ne usciamo? Perché a un certo punto della vita sentiamo il bisogno di iniziare un cammino o addirittura di trasferirci in zone più isolate e boscose e abbandonare le città e le metropoli? Queste sono le domande che si sono presentate per il ruolo della prima interprete. Mentre per la seconda se ne sono presentate delle altre: come si diventa bosco? Come si parla il linguaggio degli alberi attraverso il movimento? Come si diventa quel “qualcosa”? Le ricerche si sono rivelate estremamente piacevoli ma anche piene di zone d’ombra, basti pensare a come il bosco cambi dal giorno alla notte diventando un luogo del tutto diverso. Ho sentito presente l’investigazione dell’ignoto ed è stato entusiasmante, perché mi dirigevo verso qualcosa che hanno esplorato in molti prima di me ma di cui tuttora nel 2024 nessuno possa dare con certezza una definizione. Di pari passo le ricerche sono state accompagnate da una grande necessità personale di sensibilizzare e far apprezzare a sempre più persone gli alberi, che sono essenziali per la vita di tutti gli esseri su questo pianeta.
Come è nata l’idea di Sequoia?
A gennaio 2023 iniziai ad accusare un intenso acufene che mi disanimò e mi isolò dal mondo per un paio di mesi. Fu un periodo molto difficile, in cui la qualità della mia vita cambiò da un momento all’altro. Per un attimo pensai che con quel costante fischio nelle orecchie sarei finito per impazzire. A un certo punto capii che non dovevo lasciare che l’acufene controllasse la mia vita e trovai la forza di reagire, accettando di conviverci. Ricordo che un giorno mi diedi una sistemata, andai dal parrucchiere e dopodiché qualcosa mi spinse ad andare in libreria. La mia attenzione venne attratta dal libro Arboreto salvatico di Mario Rigoni Stern, una raccolta di racconti e informazioni su diversi alberi, che si rivelò salvifica. Leggendolo mi sentii subito meglio. Da allora iniziai a trasportarmi nei boschi attraverso i libri e l’arte e a godere del grande potere terapeutico degli alberi anche dal vivo. È così che piano piano è nata in me l’idea di Sequoia, che ha iniziato a svilupparsi concretamente da marzo 2024 grazie al sostegno di Sala Nera e Tempio del Futuro Perduto di Milano, che mi hanno accolto nei loro spazi offrendomi una residenza artistica. Grazie a una raccolta fondi è stato possibile inserire all’interno del team artistico le danzatrici Chiara Esposito e Gabriella Argirò e il compositore musicale Davide Nardelli, che con molta sensibilità per il tema ha creato una musica ad hoc. Nel frattempo, il mio acufene è anche migliorato!
Che influenza ha avuto la Sua permanenza a Lanzarote su questo progetto?
Lanzarote è un’isola circondata dall’oceano Atlantico che conserva ancora una vasta area incontaminata composta da vulcani e distese di lava. Ho trascorso molto tempo lì, a volte solo un paio di settimane, altre volte mesi, fino a restarci anche un anno intero e poi ritornare per un altro anno ancora. Per un lungo periodo ho vissuto con un magnifico vulcano proprio dietro casa, la Montaña Roja, in cui andavo spesso a passeggiare e danzare. A Lanzarote la natura si presentava con un altro volto rispetto a quello dei boschi; tuttavia, è qui che ho scoperto il piacere di danzare in comunicazione con essa. Ho danzato in svariate zone, alcune ricordavano il deserto. Spesso danzavo anche in spiaggia, con o senza Sole, soprattutto in quella di Famara o altre spiagge isolate dalle città e dalle luci artificiali. Ricordo la forte presenza della natura, soprattutto di notte, a tratti spaventosa perché sebbene fossi da solo mi sentivo costantemente osservato. Mi sentivo piccolo di fronte a qualcosa di vasto, ma parte della vastità mentre danzavo. Sono stati momenti di grande liberazione spirituale. Da queste esperienze si è di certo predisposto un terreno adatto per il concepimento di Sequoia.
In quanto tempo ha realizzato la coreografia?
Principalmente con un incontro a settimana tra marzo e maggio 2024 più un paio di weekend. La mia ricerca però non si è svolta solo in sala, anzi il lavoro più difficile si è svolto al di fuori. Ho dedicato ogni giorno a pensare e immaginare a come poter proseguire e modificare la coreografia, a guardare i video di ogni prova infinite volte, a leggere libri, poesie, visitare musei e mostre, passeggiare nei boschi, osservare la natura e ascoltare l’esperienza di altre persone: non solo artisti, ma anche filosofi, monaci, guide forestali, arboricoltori e botanici, ricercatori che hanno deciso di dedicare la loro vita allo studio degli alberi e alla contemplazione di ciò che ricerca Sequoia. Ho assistito anche a molte performance di danza contemporanea per studiarne la poetica, la composizione e la drammaturgia. Quindi la coreografia è frutto di mesi e mesi di intenso studio quotidiano. Inoltre, di recente vi è stata una nuova residenza artistica allo scopo di approfondire il progetto, in cui le prove si sono svolte dal 27 novembre al 3 dicembre, tutti i giorni dalla mattina al pomeriggio compreso.
Ha appena terminato un periodo di residenza artistica, ce ne vuoi parlare?
La residenza si chiama “Road to Nowhere” ed è stata organizzata da DTS Collective, composto da Francesca Ginepro e Marco Cappa Spina, con la presenza aggiuntiva e preziosa di Toni Garbini e Stefano Lanzardo, fotografo e visual artist. In questo caso abbiamo rifinito il materiale che avevo già composto e poi lavorato sull’interpretazione e l’autenticità del gesto. Inoltre ho colto l’occasione per estendere la coreografia, inserendo una breve composizione coreografica nata dall’incontro della mia immaginazione con alcune ricerche svoltesi durante il percorso di ricerca che ho tenuto a Milano nei mesi scorsi. È stato grazie a tutte le persone che vi hanno partecipato e soprattutto a degli incontri aggiuntivi con le danzatrici Maria Mangione, Sara Santelli e Alessia Tagliabue che Sequoia ha preso nuovi colori durante “Road to Nowhere”. La residenza si è rivelata importante per l’ulteriore sviluppo della coreografia e per l’approfondimento delle mie conoscenze sulla composizione. Ho apprezzato molto il luogo in cui si è svolta la prova aperta, il pubblico ha accolto Sequoia con grande sensibilità e interesse.
Hai nuove idee per continuare a sviluppare questo progetto?
Durante l’estate si è aggiunto al progetto come sponsor “PlantsPlay”. È un dispositivo ideato da Edoardo Taori che attraverso dei sensori rileva le variazioni elettriche degli alberi e delle piante e le trasforma in musica. Permette anche di campionarle, in modo che un compositore musicale possa lavorarci in un secondo momento. Edoardo ha deciso di sostenere Sequoia inviando gratuitamente un dispositivo per continuare le ricerche coreografiche e musicali anche in questa direzione. È uno strumento di ricerca aggiuntivo davvero molto interessante, che ha già stimolato nuove idee.
In breve, cosa ha scoperto sui boschi?
Ho scoperto che i boschi sono luoghi terribilmente ricchi di conoscenza, alti tanto quanto l’arte e i libri. Sento che attualmente c’è tanto bisogno di progetti come Sequoia, perché indirettamente sono di grande sostegno per l’ambiente e ci riportano a un ascolto sensibile della natura.
Lorena Coppola
www.giornaledelladanza.com
Photo Credits: Stefano Lanzardo