Nel panorama dei sovrani europei del XIX secolo, pochi sono stati tanto enigmatici e affascinanti quanto Ludwig II di Baviera.
Famoso per i suoi castelli fiabeschi – primo fra tutti Neuschwanstein – Ludwig è spesso ricordato come il “re delle illusioni”, un monarca che preferiva i mondi ideali dell’arte e della musica alla fredda realtà della politica.
Ma tra le pieghe della sua personalità complessa e della sua dedizione all’estetica, esiste un aspetto meno esplorato: il rapporto con la danza.
Ludwig II nacque nel 1845 in un’epoca in cui la danza era un elemento imprescindibile della vita di corte: dai balli ufficiali agli spettacoli di balletto nei teatri reali.
Tuttavia, per Ludvig la danza non fu solo una formalità cerimoniale. Fu un linguaggio dell’anima, un mezzo di espressione che, come la musica wagneriana che tanto amava, poteva evocare altri mondi sospesi tra sogno e simbolo.
Nei suoi diari e nelle sue lettere si trovano riferimenti a spettacoli di balletto, e la preferenza per le opere che miscelavano musica e movimento.
Durante il regno di Ludwig, il Teatro Nazionale di Monaco e il Teatro Residenz ospitarono molte rappresentazioni di balletto. Il re sovvenzionava generosamente queste produzioni.
Ludwig a volte organizzava performance private nei suoi castelli, non solo musicali ma anche coreutiche. Si racconta che commissionasse danzatrici o piccoli ensemble per esibirsi non per la nobiltà ma solo per sé.
Il rapporto di Ludwig con la danza, come quello con molte altre forme d’arte, rifletteva la sua crescente alienazione dal mondo reale. Più si allontanava dalla politica e dalla vita pubblica, più si rifugiava in un mondo di simboli, visioni e bellezza in movimento.
La danza, con la sua capacità di sfidare la gravità e di raccontare storie senza parole, incarnava alla perfezione questa fuga.
Ludwig ha sicuramente contribuito a tenere viva la centralità del balletto nella cultura bavarese e nella visione romantica dell’arte totale.
Michele Olivieri
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