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Roberto Giuffrida: “Sapere che il pubblico viene trascinato da quello che fai e di aver emozionato delle persone mi fa amare tantissimo il mio lavoro”

 

Sin dalla nascita, la tua vita è stata un viaggio nella danza. Raccontaci quando è iniziato.

Tutto è partito dalla scuola di mia madre, a Roma. Ho iniziato lo studio della danza classica a sette anni: per ben tre volte la settimana mi allenavo con il metodo della Royal Acedemy of Dance, sempre e solo danza classica. La sola idea di studiare danza moderna, canto e recitazione mi metteva a disagio. Non riuscivo proprio a farcela…ero molto timido. In estate mi trasferivo a Londra per le scuole estive e proprio in Inghilterra ho iniziato un nuovo percorso: durante una summer school di danza, infatti, mi venne proposto di restare e iniziare a studiare alla Urdang Academy of performing arts, ultima scuola di musical rimasta nel West End di Londra. È stata l’opportunità che mi ha cambiato la vita. Tutto è iniziato a Covent Garden: mi hanno offerto una borsa di studio completa di tre anni che, però, non ho completato. Per motivi personali ho dovuto, infatti, rinunciare all’ultimo anno di scuola per iniziare a lavorare. La mia prima esperienza sul campo è stata “Little shop of horrors” a Edinburgo: due mesi, una piccola produzione ma sicuramente molto interessante. Grazie anche a questa prima performance ho capito che il mondo del musical, del canto e della recitazione mi piacevano tantissimo e che, almeno per un po’, avrei dovuto abbandonare la danza classica. Mai scelta fu più azzeccata.

Quando hai fatto il grande salto nel mondo dei musical?

Il vero, grande click? Entrare nel cast de “La Febbre del sabato sera”, produzione molto importante a Colonia, in Germania. Tutto è avvenuto un po’ per caso: nel periodo in cui mi chiamarono per fare l’audizione mi trovavo su una nave da crociera per lavoro. Non ero molto intenzionato a partire per questo provino perché già l’avevo fatto per ben tre volte: in tutte le occasioni passate ero arrivato all’ultima scelta ma alla fine non venivo mai selezionato. Nonostante tutto, però, alla fine ho deciso di andare e…venni preso. Un’esperienza magnifica: tre anni intensi, il teatro era sempre pieno. Un giorno si ammalò l’interprete di Tony Manero ed io, che nel musical svolgevo il ruolo di capo balletto, venni letteralmente buttato sul palco a sostituirlo. Fortunatamente conoscevo tutte le canzoni (in inglese) ma in pochi giorni ho dovuto imparare tutte le battute in tedesco (lingua che non conoscevo). Alla fine ce l’ho fatta ed è stato magnifico: in quasi 80 repliche sono stato Tony Manero. Mi sono divertito molto, e credo che questo sia un aspetto fondamentale di qualsiasi lavoro, ma soprattutto ho capito di poter fare questo lavoro in contesti importanti. Ho anche lavorato nel musical “Thoroughly modern Millie” e fatto anche parte dell’ensemble di “Contact” di Susan Stroman, una delle più importanti coreografe di Broadway. Ci chiamavano “Il cast dei cast” perché le audizioni erano state durissime! I risultati sono stati magnifici. Un anno intenso, otto repliche a settimana…semplicemente meraviglioso.

Hai avuto una breve avventura anche nel mondo del cinema…

Sì, io ed altri colleghi danzatori abbiamo ballato nel film “Beyond the Sea” diretto da Kevin Spacey, ambientato in Italia ma girato fuori Berlino. Oltre ad essere una produzione molto importante, lavorare in un contesto così diverso rispetto al teatro è stato molto interessante. Kevin Spacey è sempre stato molto gentile con noi tutti, ci ha invitato molte volte a cena: un attore strepitoso che ci ha permesso di lavorare molto bene. Io, tra l’altro, ero l’unico in grado di alzarsi alle 5 del mattino per assistere alle riprese del film…Faceva freddissimo (dieci gradi sotto lo zero!) ma pur di toccare con mano il cinema hollywoodiano ero disposto a sopportare anche il freddo tedesco!

Ti piacerebbe, magari un giorno, mettere da parte il mondo dei musical e dedicarti alla recitazione?

Certamente! Dopo aver visto da vicino come funziona il mondo del cinema mi piacerebbe moltissimo provare ad entrarvi. Purtroppo è un ambiente molto difficile ed averne accesso non è così semplice. Nel mondo del teatro, alla fine, c’è spazio per tutti.

Dopo molto tempo trascorso all’estero, però, sei rientrato in Italia.

Dopo ben 9 anni all’estero, due figli … ho deciso di rientrare in Italia e aprire una scuola di musical a Parma. In Italia, tra l’altro, avevo già ballato con la Compagnia della Rancia in “The Producers”, lavorando con Saverio Marconi, una produzione ben fatta che ricalcava molto le atmosfere del West Ham. Poi, però, ho deciso di fermarmi un po’ e dedicarmi esclusivamente alla scuola e all’insegnamento. Per quattro anni non ho più fatto nulla. Un giorno, però, mi chiesero di andare all’audizione di “La bella e la bestia”: in prima battuta rifiutai ma poi andai. Era una delle prime produzioni italiane della Stage Entertainment Italia: una nuova avventura per la quale venni scelto per il ruolo di Le Tont e coreografo associato. Un cast spaziale, incredibile. Una grande famiglia che ci ha permesso di creare un ottimo musical. Al termine di questa bellissima esperienza ho fatto un’audizione per “Rinaldo in campo” con la regia di Massimo Piparo: sono stato scelto per questa commedia musicale di Garinei e Giovannini. È stato tutto molto emozionante: già il fatto di lavorare al Sistina per un musical parte della storia del nostro paese è stato un piccolo sogno diventato realtà. E tra poco replico con “My Fair Lady”, sempre al teatro Sistina, in scena dal 16 dicembre. Interpreto il ruolo di Freddy e ne sono veramente onorato. In questi giorni, durante le prove, quando canto le canzoni mi vengono i brividi da quanto sento “dentro” il ruolo che interpreto.

Hai sempre saputo che sarebbe stato il lavoro della tua vita?

Non so. Di una cosa sono, però, certo: negli ultimi tempi mi sto molto ricredendo, sto rivalutando le mie capacità e mi sto sempre più rendendo conto che quello che faccio, lo faccio bene. Sono molte le persone di un certo spessore artistico che negli ultimi anni, lavorando con me, hanno spesso rivolto complimenti e apprezzamenti sul mio modo di lavorare. Tutto questo non fa altro che rafforzare la mia passione e continuare su questa strada.

Hai dedicato, e ancora lo fai, molto tempo all’insegnamento. Per te è più semplice ballare o trasmettere la danza?

Dipende sempre dalle persone con cui lavoro. Mi piace ballare ma anche insegnare, senza alcuna distinzione. Il nostro paese è un piccolo cesto di talenti, pronti a mettersi in gioco: quando sono rientrato in Italia, dopo tanti anni all’estero, pensavo di trovare un paese “sterile” a livello di preparazione di musical. Nessun pensiero fu più sbagliato! L’Italia è piena di talenti, ha una fortissima passione per le commedie musicali e i performer sono assai rispettati all’estero. Forte di questo pensiero, mi piace l’idea di poter trasmettere quello che io ho imparato nel tempo ad altri giovani.

Un musical che non hai ancora fatto ma che ti piacerebbe tantissimo interpretare…

Non ho dubbi: West Side Story. Addirittura ascolto la musica quando cucino…mi piace tantissimo!

Cosa ti piace di più del tuo lavoro?

Sapere che il pubblico viene trascinato da quello che fai, che hai reso felice qualcuno e di aver emozionato delle persone mi fa amare tantissimo il mio lavoro.

Progetti futuri?

Ora penso a “My Fair Lady”, poi si vedrà! Al momento mi dedico al presente, all’insegnamento e poi vedremo cosa il futuro mi riserva!

C.V.

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