Il sipario del Teatro dell’Opera di Stoccolma si apre su una nuova stagione che non è solo un programma, ma un manifesto d’identità artistica.
Il Royal Swedish Ballet, tra le compagnie più longeve e raffinate d’Europa, presenta per il 2025/2026 una linea coreografica che miscela tradizione e coraggio, evocazione e rischio, in un continuo dialogo tra memoria e movimento.
Il viaggio comincia nel cuore dell’immaginario nordico, con Midsommarnattsdröm firmata da Alexander Ekman.
Un inno scenico alla leggerezza, all’assurdo e alla bellezza spontanea del solstizio svedese.
Ekman — enfant terrible della coreografia europea — rilegge Shakespeare con ironia visiva, sfruttando ogni centimetro del palco come uno spazio vitale dove il corpo diventa poesia surreale.
Poi arriva Swan Lake, da novembre a gennaio. Ma non è un Lago qualsiasi: è quello “nureyeviano”, potente, carnale, strutturato come un dramma psicologico più che una favola. Un ritorno che consolida il legame tra il repertorio classico e la ricerca drammaturgica del teatro moderno.
La stagione non vive solo di grandi nomi: Julia & Romeo, in scena da febbraio 2026, propone una visione nuova dell’amore tragico per eccellenza.
Il racconto si sposta, lo sguardo cambia: i protagonisti non sono più archetipi shakespeariani, ma adolescenti fragili, ribelli e moderni.
È una danza che parla ai giovani con il linguaggio della contemporaneità.
A chiudere l’anno, Gustavia: un’opera intensa, che ha lasciato il segno al suo debutto e ora ritorna con nuove sfumature. È una produzione che si muove tra luci fredde e tensioni interiori, dove il corpo del danzatore è al tempo stesso architettura e vulnerabilità.
Nel 2026 il Kungliga Hovkapellet, l’orchestra più antica del mondo ancora in attività, compie 500 anni. Non è solo una ricorrenza, ma un evento culturale profondo.
La stagione celebra questo traguardo con una serie di spettacoli che uniscono danza e musica in un unico respiro scenico: concerti speciali, serate condivise, contaminazioni stilistiche.
Una sinergia che rafforza l’idea di arte come organismo vivente e collettivo.
Spazio anche alla creazione giovane con Young Choreographers: un’occasione rara per vedere nascere sul palco le firme del futuro.
Qui, la Royal Swedish Ballet si fa laboratorio, sperimentazione, apertura. È una dichiarazione di fiducia nella nuova generazione e nella possibilità che la danza continui a reinventarsi senza perdere radici.
Allo stesso modo, il dittico Lifar/Forsythe mette in scena la tensione tra classico e astratto: Suite en blanc di Serge Lifar incontra la potenza cinetica e geometrica di In the middle, somewhat elevated di William Forsythe.
Due visioni opposte, che si parlano in un dialogo estetico di grande intensità.
Quella del 2025/2026 non è una stagione pensata per accontentare, ma per stimolare.
È un programma che sfida lo spettatore, che gli chiede di ascoltare con gli occhi e sentire con la pelle. Un teatro che non offre solo intrattenimento, ma esperienza.
La Royal Swedish Ballet dimostra di essere molto più che una compagnia prestigiosa: è un corpo vivo che pulsa insieme alla sua città, alla sua storia, e al suo tempo.
Michele Olivieri
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