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“Stoffa per la danza” – La Maschera

Mary Wigman

La maschera trova le sue origini nell’antichità come strumento propiziatorio per la caccia o legato a pratiche divinatorie, riti guerrieri e rituali funebri. Costruita di materiali come sughero e paglia, legno, tela stuccata  etc…colorata in maniera naturale che va a coprire solo gli occhi oppure l’intero volto di chi la indossa. Nell’antica Grecia diventa uno strumento per poter comunicare col defunto. Al mondo greco romano si deve l’uso teatrale della maschera che mano a mano caratterizza un personaggio e ne amplifica la voce. 

La Commedia dell’Arte fa uso della maschera che si estende diventando costume che copre tutto il corpo (Arlecchino, Balanzone, Pulcinella…). La maschera copre il volto di Romeo che riesce così a ballare con la sua Giulietta, la maschera “the mask” dei fumetti della Dark Horse che indossata rendeva invulnerabili oppure la maschera sul volto di Don Diego de la Vega che in nome della povera gente lottava contro la tirrannia, col nome di Zorro. Il cubismo, le maschere del Congo di Picasso… 

Oscar Wilde utilizza proprio questo simbolo per esprimere il suo pensiero: “ogni uomo mente dategli una maschera e sarà sincero…” alla maschera di Pirandello per indicare il “male del vivere”, ogni persona indossa una maschera per interagire col resto del mondo e la cambia secondo le necessità, ma a volte nel coprirsi si resta oscuri persino a sé stessi ed allora è follia…

E sicuramente non si può parlare di maschere senza parlare di quelle che sono diventate il simbolo di una città: Venezia, dalle prime maschere in tela cerata fino a quelle dei nostri giorni, affascinante non solo il risultato finale, ma la lavorazione: le garze si intrecciano sulla base di un volto oleato e si impregnano di colla, si irrobustiscono con carta, sughero, gesso, spennellando la colla, si stucca e leviga, asciugata, vengono tagliati i fori degli occhi e decorata utilizzando colori, passamaneria, ciondoli, applicazioni cartonate rivestite di tessuto, pizzi e velette, perline…Oppure si crea un calco di argilla nel quale si cola della terracotta o del gesso che viene col ferro del dentista scolpito e sul quale vengono applicate le cartine per la doratura, etc..

Nella danza l’utilizzo delle maschere è legato ai riti tribali e diventa il simbolo della danza espressionista di Mary Wigman (Hannover 13/11/1886 – Berlino Ovest 18/09/1973) Il debutto di quest’ultima avviene nel 1914 con la prima versione della danza della strega (Hexentanz) assolo che riproporrà in varie versioni e che diventa il suo emblema. In questo assolo la Wigman danza seduta col volto coperto da una maschera da lei utilizzata con l’intento di cancellare l’individualità del danzatore ed esaltare l’universalità dell’essere umano. 

Uno strumento a percussioni che segue la danzatrice accompagnandola nei movimenti bruschi, caricati di simbolismi drammatici, spezzati. Alle maschere proposte in Cindarella nel 1985 da Muguy Marin (Tolosa 02/06/1951) in una sorta di casa di bambole e fantocci che indossano protesi di gommapiuma e maschere di plastica di grande espressività disegnate da Monique Luyton, nella quale i personaggi lasciano che i sentimenti umani possano prendere vita. I personaggi si muovono come bambole in una sapiente dosatura di movimenti classici e moderni in un affresco di psicologia infantile costellato da immaginazioni fantastiche.

Un robot sostituisce la bella fatina e la sua bacchetta magica viene sostituita da una spada laser, congegni telecomandati sono le attualissime carrozze e una interminabile teoria di bambolotti nudi rappresenta la discendenza dei due innamorati e la loro felice unione. Gli interpreti indossano delle maschere, con le fattezze infantili e pasciute, e delle imbottiture che cambiano la forma e le proporzioni del corpo. Le maschere dei personaggi positivi sono soavi e serafiche, come quelle di Cenerentola e del suo Principe, mentre quelle dei personaggi negativi, dei cattivi, sono delle vere e proprie caricature, che ne mettono in mostra carattere e difetti.

Così Cenerentola veste una gonna rigida che ricorda una crinolina (sottogonna rigido utilizzato nel XIX sec.) ricoperta interamente da piccole luci intermittenti che la innalzano rispetto agli altri personaggi. Il destriero del principe altro non è che un cavalluccio di legno sul quale compie il lungo viaggio attorno al mondo per raggiungere Cenerentola… Una maschera per nascondersi, una maschera per essere e anche se dietro ogni machera ce n’è un’altra ed un’altra ancora prima o poi si arriva al niente…la verità si cela, ma solo attraverso essa viene fuori la vera essenza dell’animo umano.

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Salvatore D’Orsi e Antonino Terminiello

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