Nel cuore pulsante di Montmartre, sotto il tetto rosso del cabaret più celebre di Parigi, tutto si muove. Tutto danza. Il regista Baz Luhrmann apre Moulin Rouge! come si apre una bottiglia di champagne: con un’esplosione di ritmo, di luci, di vita. Ogni scena di danza è una storia a sé, un piccolo vortice in cui la passione si fa carne, colore, vertigine. La prima danza non è solo spettacolo — è un colpo di tamburo che annuncia la follia. La macchina da presa precipita dentro il Moulin Rouge: gonne che volano, gambe che si intrecciano, lustrini che accecano. Le ballerine urlano, ridono, saltano come in una tempesta di desiderio. Il ritmo è travolgente, quasi impossibile da seguire. Tutto è eccesso: il suono, il colore, l’energia. In pochi minuti Luhrmann ci trascina dentro l’anima del luogo — un santuario della libertà dove la danza è un urlo di gioia, di fame, di vita. È un Can-Can che non obbedisce a nessuna regola: selvaggio, vitale, ubriaco. Poi, come un respiro improvviso, arriva lei: Satine. Dall’alto del soffitto, avvolta in una nuvola di piume e luce, scende lentamente, come un sogno che prende forma. La musica cambia, il tempo si ferma. Nicole ...
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