In occasione della brevissima tournée italiana della Hofesh Shechter Company, a Verona il 5 e 6 aprile scorsi, il Giornale della Danza ha intervistato Bruno Guillore, Associate Artistic Director e ballerino dell’ensemble. Nato a Il Cairo nel 1974, Bruno ha studiato danza a Parigi (C.N.S.M de Paris) sotto la direzione di Quentin Rouillier. Ha lavorato con Beatriz Consuelo (Ballet junior, Ginevra), Richard Wherlock (Luzern Ballet e Komischer Oper Berlin), Iracity Cardoso e Paulo Ribeiro (Ballet Gulbenkian, Lisbona). Ha danzato in alcune opera di Richard Wherlock, Guillermo Bothelo, Ed Wubbe, Orian Anderson, Rui Horta, Ytzik Galili, Ohad Naharin, Mats Ek, Styn Celis, Mauro Bigonzetti, Didy Veldman, Marie Chouinard, Clara Andermatt, Rui Lopez Graca, Regina Van Berkel, Paulo Ribeiro and Hofesh Shechter. Bruno ha anche partecipato al film Passengers di Richard Wherlock. Alla nostra rivista ha raccontato molto dell’opera portata in Italia, Political Mother, della Compagnia e dei progetti futuri.
“Political Mother”, in scena al Teatro Ristori, ha riscosso un successo straordinario. Perché una pièce così “ruvida” riesce sempre a catturare il pubblico?
È sicuramente innovativa. In questa coreografia deflagra l’immaginario politico e umano di Shechter, con una concentrazione di immagini forti, facendo interrogare tutti sulle sregolatezze del nostro mondo. Il gruppo mette in gioco la sopravvivenza in un universo ansiogeno e molto emozionante anche grazie alla straordinaria carica bruciante della danza e la potenza eversiva della musica metal, scritta dallo stesso coreografo e suonata da una band dal vivo. Uno spettacolo di questo tipo è veramente unico nel suo genere: la musica, le movenze particolarissime dei danzatori, moltissimi altri elementi sono studiati e resi concreti. Sulla carta potrebbe quasi sembrare assurdo riuscire ad unire così tanti elementi (così diversi): in “Political Mother”, però, il genio di Hofesh Shechter è in grado di fare anche questo. Il pubblico che in questo tempo ci ha seguito ha colto queste particolarità e soprattutto ha apprezzato l’innovazione, la dedizione e la bellezza contenuti in uno spettacolo così ricco di contraddizioni come questo. Ciò che, inoltre, bisogna sottolineare è che in questo “insieme” di contraddizioni la gente può veramente trovare quasi un punto di riferimento, vi si può relazionare: non è altro che la trascrizione in danza della realtà attuale.
Perché è stato scelto il titolo “Political Mother”?
Sono due parole molto distanti tra loro: indicano una forte contrapposizione, un netto distacco, uno scontro. Sono elementi essenziali della pièce: chi vi assiste, può immediatamente notare che la bellezza dello spettacolo sta proprio nel riuscire ad unire aspetti totalmente diversi e opposti sotto l’egida della danza, della musica metal e delle particolarissime movenze. Non è cosa semplice, anzi: ma anche questo è merito del grandissimo coreografo che guida questo straordinario gruppo.
Guardando i passi e le movenze dei danzatori, si può agilmente notare la somiglianza con la Batsheva Dance Company, all’interno della quale Hofesh Shechter si è formato. Dove ritiene siano le differenze e dove le somiglianze con l’ensemble israeliana?
Sicuramente Hofesh ha tratto ispirazione dai tantissimi anni di formazione svolti alla Batsheva: alcuni passi, qualche movenza possono far ricordare la compagnia. Poi, però, è sempre fondamentale trovare il proprio percorso e lasciare spazio alla propria creatività, alle proprie idee e ai proprio desideri. Ed è quello che ha fatto lui. Il nostro coreografo è un vero vulcano: non si ferma mai, è un’autentica forma di ispirazione anche per noi, che lo seguiamo e lo vediamo lavorare costantemente. Come ho detto poco fa, sicuramente gli elementi di danza che lui stesso ha acquisito negli anni della formazione sono presenti negli spettacoli creati e realizzati ma non ci sono esclusivamente quelli. Anche in questo aspetto, Hofesh si è spinto oltre e ha creato un suo stile, unico nel suo genere, che lo distingue da tantissime altre compagnie.
Da dove viene tratta l’ispirazione per creare nuovi pezzi?
Non esiste un’unica fonte di ispirazione: il desiderio di creare può arrivare da qualsiasi parte. Da film, dalla natura, dalla musica che si sente per strada, da dialoghi di sconosciuti durante un viaggio…ciò che è fondamentale è saper cogliere e incanalare l’energia, creare uno spettacolo, una musica particolare e che sappia trasmettere qualcosa di importante. Fino ad oggi, il nostro gruppo è sempre stato in grado di assimilare al meglio le energie e le ispirazioni del coreografo e soprattutto metterle in pratica. Non è sempre semplice, ma è un percorso estremamente magnifico e challenging, ti mette costantemente alla prova e non ti stanca mai.
I vostri danzatori sono spettacolari. Che tipo di audizione devono sostenere per far parte della squadra?
Sono audizioni molto difficili, sono onesto: i danzatori sono sottoposti a numerosissime prove, devono avere basi classiche e contemporanee, devono saper improvvisare, ripetere le frasi che creiamo al momento dell’audizione, devono avere una forte resistenza fisica. Non è affatto semplice ma chi ce la fa ha davanti a se un percorso estremamente bello ed interessante. Talvolta agli aspiranti danzatori cerchiamo quasi di rendere la vita impossibile, proprio per capire fino a dove può arrivare la loro resistenza…un po’ come nel film “The cube”, dove vince chi resta per ultimo. Chi vuole ballare con noi deve anche avere un forte senso del ritmo: come avete potuto notare, in “Political Mother” non si riesce facilmente a contare la musica…i danzatori della compagnia devono riuscire dove gli altri non ce la fanno, devono sapere contare melodie che altri non sentono. Insomma: una sfida continua. Ma chi la vince è uno di noi.
Quali sono i prossimi progetti della Hofesh Shechter Company?
Il nostro prossimo spettacolo si chiama “Sun”: non possiamo ancora rivelare moltissimo ma come tutte le nostre opere, sicuramente non passerà inosservato. Vi consiglio di cercarci in giro per il mondo, sperando ovviamente di riuscire presto a passare in Italia e presentarlo al pubblico di questo paese.
Se dovesse definire in tre parole la Compagnia e la pièce “Political Mother”, che parole userebbe?
“Political Mother” non è uno spettacolo, ma un autentico turbine di emozioni. Usando un’espressione inglese, la pièce è “a show in your face”, uno spettacolo che si ha davanti agli occhi. Avete presente le montagne russe? Ecco: “Political Mother” è anche questo, perché è un continuo salire e scendere…senza mai sapere dove si va a finire e soprattutto come e quando. Delle parole per definire la nostra compagnia? Duro lavoro, molto divertimento (senza di esso non si riuscirebbe a lavorare così duramente) e tanta creatività. Questo apsetto non deve mai, mai, mai mancare!
C.V.
Foto di Gabriele Zucca