Per tre giorni consecutivi la Hofesh Shechter Company calcherà il palco del Sadler’s Wells di Londra con due delle sue coreografie Uprising e The art of not looking back. Hofesh Shechter, uno dei più promettenti coreografi israeliani oggi attivo a Londra pone il suo sguardo sulle dinamiche della modernità, con due coreografie formate da due gruppi di danzatori di sesso opposto: per Uprising utilizza uomini e per The art of not looking back donne. I suoi lavori spiccano sempre per il senso dell’assieme, della spettacolarità, della brillantezza fisica, dell’energia del movimento e della cura del dettaglio.
Uprising è una coreografia ispirata dalla rivolta nelle banlieues del 2006, le zone peiferiche dei grandi agglomerati parigini, dove sono protagoniste le dinamiche di gruppo e di banda, in cui Shechter riesce a cogliere anche la condotta del singolo individuo, sempre più simile al comportamento di un branco. La coreografia della durata di venti minuti è messa in scena da sette danzatori uomini della multietnica compagnia, sette figure che ricordano nei movimenti e negli atteggiamenti situazioni violente e cameratesche. Guardandola vengono in mente film come Fight Club o Lebanon. Questo militarismo poetico, ma al contempo angosciante, è il frutto autobiografico della giovinezza di Shechter, costretto a tre lunghissimi anni da militare in Israele.
I passi degli interpreti dondolano fra una passiva dedizione all’impegno militare e una quasi naturale voglia di rompere le righe; lo possiamo notare sin dall’apertura del sipario, dove gli spettatori vengono inondati da un rumore martellante ritmico ed un fascio di luci proveniente dal retro del palco, e sette uomini appaiono improvvisamente dal buio e formano una riga frontalmente al pubblico, con un passé quasi ballettistico. Ma poi l’immagine si dissolve, e gli uomini iniziano ad oscillare e muoversi come degli scimpanzé, correndo all’impazzata per tutto il palcoscenico.
The art of not looking back, pur essendo il suo primo lavoro tutto al femminile, è caratterizzato da una potenza fisica ed emotiva che ricorda le coreografie maschili. Qui, come per Uprising, Shechter inserisce un aspetto della propria vita: l’abbandono da parte della madre. La scena si apre infatti con la voce registrata di Shechter, che offre un balbettio di sfondo che è tagliato corto da una dichiarazione forte: “Mia madre mi ha lasciato quando avevo due anni.” Segue un assordante urlo di. La voce continua: “Nessun contenuto può riempire una struttura rotta”.
L’opera diventa improvvisamente la metafora tra l’uomo che cerca di colmare il profondo vuoto della sua vita e l’artista che lotta in continuazione per creare qualcosa di significativo. Le sei danzatrici sono spinte a riempire il proprio mondo con un movimento che va dal corpo tremante, all’abbandono totole, fino ad arrivare alle linee delicate della danza popolare.
La colonna sonora elettronica che accompagna tutta la coreografia sul finale lascia il posto a una canzone urdu di straordinaria dolcezza, e se mentre all’inizio le donne assecondavano la musica, accelerando fino a velocità disumane, successivamente si abbandonano alla delicatezza della melodia. Shechter nelle due coreografie, così differenti tra loro, fa emergere la sua impronta digitale, a partire dalla composizione delle colonne sonore, fino al meraviglioso caos organizzato dei danzatori sulla scena.
ORARI & INFO
27-29 aprile ore 19.30 e 28 aprile ore 16.00
Sadler’s Wells
Rosebery Avenue, London, EC1R
Tel. 0044-08444124300
Alessia Fortuna