Molti danzatori, indipendentemente dal tipo di danza praticata, riferiscono di aver sofferto di dolore alla pianta del piede, più spesso localizzato posteriormente verso il calcagno ma che, a seconda dei movimenti dell’avampiede, si può irradiare verso le dita. Per comprendere meglio l’origine di questo disturbo, è utile ricordare che lo scheletro del piede (composto da tarso, metatarsi e falangi) visto di profilo presenta una struttura “a volta”, che viene mantenuta anche sotto carico, cioè nella stazione eretta e che consente di identificare due archi longitudinali, mediale e laterale (tesi tra il calcagno e le teste del primo e del quinto metatarso), e un arco trasverso (teso tra la testa del primo e del quinto metatarso). E’ appunto la maggiore o minore ampiezza dell’arco longitudinale mediale che ci consente di determinare il tipo di piede: cavo, quando l’arco plantare è molto evidente; piatto, quando invece tale arco si appiattisce o scompare sotto l’effetto del peso del corpo; normale in tutti gli altri casi.
La principale struttura deputata al mantenimento degli archi plantari sotto carico prende il nome di fascia plantare. La fascia plantare è una robusta fascia di tessuto connettivo fibroso che si trova sulla pianta del piede subito sotto lo strato sottocutaneo; ha la forma di un ventaglio che origina dalla tuberosità posteriore del calcagno, attraversa longitudinalmente la pianta del piede e si apre a ventaglio con cinque diramazioni che si inseriscono sulle teste dei metatatarsi, alla base delle dita. Oltre a questa porzione principale, la fascia presenta una porzione laterale che, come fascio indipendente, si estende dal calcagno al quinto metatarso.
Il movimento di estensione dell’alluce mette in tensione la fascia plantare con un meccanismo definito “Windlass effect” (effetto ad argano) e descritto per la prima volta da Hicks nel 1954: in questo modo l’arco plantare si mantiene sollevato, il piede si atteggia in supinazione acquistando la rigidità necessaria a sostenere il peso del corpo in posizione statica e migliora la sua efficienza nella fase propulsiva del passo (spinta del piede sul pavimento).
Con il termine fascite plantare si intende un processo infiammatorio che interessa la fascia plantare e che si manifesta clinicamente con dolore localizzato alla pianta del piede, o al centro dell’arco oppure più spesso vicino al calcagno, motivo per cui questa affezione viene in alcuni casi descritta anche con il nome generico di “tallonite”. Questa affezione è tipica di molte categorie di atleti che sottopongono il piede a microtraumi ripetuti nel tempo (cammino prolungato, corsa, salto, ecc.) e la sua comparsa è legata alla compresenza di molteplici fattori di rischio sia interni (disallineamento arti inferiori, errato appoggio del piede al suolo, scarsa distensibilità del tricipite surale, ecc.) che esterni (improvviso aumento del carico di lavoro, calzature inadeguate, tio di pavimento, ecc.).
I danzatori possono andare incontro alla comparsa di fascite plantare per tutte le ragioni sopradescritte: nello specifico bisogna ricordare che anche nei bambini che praticano danza a livello amatoriale, la posizione di appoggio del piede al suolo può essere fortemente influenzata non soltanto dagli errori di tecnica (ad esempio la rotazione esterna forzata degli arti inferiori o overturn) ma anche dalle calzature indossate. Per quanto riguarda l’overturn si rimanda alla lettura degli articoli collegati all’en dehors senza mai stancarci di ribadire che, in qualsiasi tipo di danza, l’allineamento della rotula sul secondo dito del piede rappresenta un mezzo di prevenzione efficace e sicuro. La scarpa troppo piccola non consente il rilassamento delle dita sul pavimento e mantiene in tensione eccessiva la fascia plantare ma anche la scarpa troppo grande, sfuggendo dal piede, obbliga lo studente di danza ad artigliare il pavimento per mantenere l’equilibrio: per prevenire la comparsa di dolore plantare, dunque, è necessario che le scarpette da danza vengano sostituite regolarmente ed acquistate della misura idonea per tutto il periodo dell’accrescimento.
Le modalità di comparsa e l’intensità del dolore legati alla fascite plantare possono essere diversi: in alcuni casi il sintomo compare lentamente, più come un senso di tensione e di fastidio durante la lezione ma con andamento ingravescente se trascurato; in altri casi invece il dolore compare improvvisamente ed è talmente intenso da impedire anche la normale deambulazione. Molti pazienti riferiscono un dolore particolarmente intenso al mattino, con i primi passi, che va decrescendo gradualmente durante il giorno ma che si riacutizza in caso di sforzo (lunghe camminate, corsa, salti, ecc.): tale tipo di sensazione è comune anche tra i danzatori che al mattino dicono di avere spesso i piedi “rigidi come tavolette” (Clippinger, 2007).
Un’altra caratteristica del dolore riguarda la sua possibile irradiazione posteriore, lungo il polpaccio: la spiegazione di questa sintomatologia viene fatta risalire alle connessioni anatomofunzionali che la fascia plantare contrae con il muscolo tricipite surale e con tutti i muscoli della catena cinetica superficiale posteriore, come ampiamente descritto da Myers nel suo libro “Meridiani Miofasciali” (Tecniche Nuove Ed., 2009). Per questo motivo, dunque, il semplice massaggio della pianta del piede con una pallina morbida può ridurre non soltanto la tensione della suddetta fascia ma anche quella dei muscoli posteriori degli arti inferiori e del tronco ad essa collegati. Questa tecnica di massaggio, associata anche ad esercizi di stretching della pianta del piede, rappresenta un utile mezzo di prevenzione della retrazione cronica della fascia plantare ma può essere molto doloroso nella fase di fascite acuta. Il trattamento del dolore acuto, infatti, si basa sul riposo che può essere relativo (sospensione dell’attività fisica) oppure assoluto nei casi più gravi. Al riposo si possono associare, a seconda della gravità della sintomatologia, la crioterapia (ghiaccio), la somministrazione di farmaci anti-infiammatori e varie forme di fisioterapia. Purtroppo i danzatori non possno indossare ortesi (plantari, talloniere, suolette, ecc.) nelle scarpette da danza ma questi presidi potrebbero essere utilizzati, a discrezione dello specialista, nelle scarpe da passeggio per ridurre lo stress cui è quotidianamente sottoposta la pianta del piede.
Nel testo sopracitato, Myers inoltre descrive un’interessante correlazione tra la tensione cronica della fascia plantare alla sua origine sul calcagno e la formazione della cosiddetta “spina calcaneare”: il periostio che riveste il calcagno viene trazionato verso l’arco plantare e gli osteoblasti (le cellule giovani dell’osso) riempiono lo spazio che si crea dando origine a uno sperone osseo nella zona di trazione. Tale connessione viene descritta anche da Clippinger (2007) che, riportando non solo la sua esperienza personale ma anche quanto descritto da altri Autori (Howse e Hancock 1988, Roberts 1999), ricorda inoltre come in alcuni casi la fascia plantare possa andare incontro alla rottura di un certo numero di fibre a causa di un trauma importante come la caduta scoordinata da un salto quando la struttura della fascia stessa risulti essere indebolita in seguito ad uno stato infiammatorio cronico oppure a ripetute infiltrazioni di cortisone che purtroppo, ancora oggi, vengono praticate ai danzatori per risolvere rapidamente la sintomatologia dolorosa ed evitare la sospensione dell’attività. Per molti danzatori infatti, spesso troppo pressati dagli insegnati di danza e dai coreografi, l’obiettivo principale non è rappresentato dalla guarigione (ovvero la risoluzione dello stato infiammatorio) ma dalla scomparsa immediata del dolore per poter tornare il più rapidamente possibile in aula o in sala prove: questo conduce in molti casi ad una ripresa troppo precoce degli esercizi quotidiani con inevitabili ricadute e cronicizzazioni dell’infiammazione.
Sempre per lo stesso motivo, ovvero non sospendere la pratica dell’attività, molti danzatori tendono a trascurare i segni iniziali di tensione della fascia plantare che, nel tempo, può facilmente evolvere in una fascite: la sensazione di tensione eccessiva al centro della pianta del piede durante il movimento di massima flessione dorsale del piede (posizione di flex) che si trasforma in dolenzia se l’alluce viene portato in estensione, l’impossibilità di mantenere il piede in flex contro una superficie d’appoggio rigida (parete) o mobile (pianta del piede di un altro danzatore negli esercizi a coppie), fastidio eccessivo o dolenzia durante lo stretching del tricipite surale (ad esempio in sospensione sul gradino) rappresentano semplici indizi che dovrebbero indirizzare l’attenzione a modificare il modo in cui il piede viene utilizzato.
Innanzi tutto bisogna ribadire l’imporantanza di un riscaldamento completo del piede e della caviglia prima di ogni lezione o prova con un’attenzione particolare alla distensione della fascia platare e alla mobilità delle dita; inoltre, non si deve dimenticare che la prevenzione più efficace dele patologie della fasca plantare sono rappresentate dal corretto uso del piede durante la lezione di danza. Il peso del corpo, indipendentemente dalla posizione degli arti inferiori (parallela o en dehors) deve essere costantemente distribuito tra i punti d’appoggio, senza atteggiamenti in inversione (più peso sul primo dito) o in eversione (più peso sul quinto dito), le dita devono essere rilassate al suolo, le fasi di uscita e di rientro dell’arto libero devono essere accuratamente controllate (“strisciata” sul pavimento) così come la fase propulsiva e la discesa dai salti.
Dott.ssa Luana Poggini