“Io sono qui per loro, non per me. Ho fatto la mia carriera, ho lavorato tanto, certo, ma adesso è arrivato il momento di spostarmi dietro le quinte e lasciare il palco e le luci a loro”. Benjamin Pech, nuovo Maître de Ballet all’Opera di Roma, non ha dubbi: è qui per trasmettere gli insegnamenti ricevuti in tantissimi anni di carriera ai danzatori della compagnia capitolina. E lo fa in perfetto italiano. Stupefacente. Sì, perché da una figura della danza così importante, che ha danzato in tutto il mondo con i coreografi più celebri, non ti aspetteresti mai una familiarità così forte. Ma soprattutto una volontà così definita nel creare qualcosa di nuovo, di bello con i talenti che la compagnia del Teatro dell’Opera di Roma ha. E ne ha tanti. Lo conferma anche il Maestro che, già dai suoi primissimi giorni nella Capitale, lo ha subito notato: bravissimi ballerini, professionisti che vogliono ballare. E lui è pronto a migliorarli. Insomma, è proprio vero: l’Opera sta cambiando. Sicuramente in meglio. Non ci resta che aspettare per toccare con mano i primi risultati di questo cambiamento.
Una carriera straordinaria di étoile che prosegue qui, a Roma, al Teatro dell’Opera, come maître de ballet e assistente alla direzione. Direzione che lei ha già avuto modo di conoscere molto bene, visto che con Madame Abbagnato Lei ha danzato per molto tempo, proprio all’Opéra di Parigi. Quali sono le sfide e soprattutto gli obiettivi che si prefigge di raggiungere con questa compagnia?
Credo che il motivo principale per cui la Signora Abbagnato mi ha chiamato per lavorare qui è molto semplice: abbiamo la stessa visione della danza. Abbiamo ballato molto insieme, parliamo la stessa lingua. Abbiamo entrambi la forte volontà di portare la compagnia ad un livello internazionale importante e soprattutto far fare ai giovani danzatori dei progressi. La compagnia è già molto cambiata. Eleonora ha portato la sua esperienza femminile, credo avesse bisogno anche di una maschile perché i ragazzi sono ancora un pochino più deboli rispetto alle danzatrici. Per me è fondamentale donare loro quello che ho imparato negli anni come ballerino, ciò che mi hanno trasmesso gli insegnanti che ho avuto la fortuna di avere, i coreografi con cui ho lavorato. Certo, sono sfide. Ma credo siano aspetti molto stimolanti per i danzatori ma anche per me.
Una compagnia, come spesso ha sottolineato Eleonora Abbagnato, estremamente giovane e desiderosa di imparare. Lei, prima di passare dall’altro lato della sbarra, ha faticato, danzato tantissimo. Quali sono i valori che vorrebbe trasmettere ai ballerini dell’ensemble romana?
L’importanza del nostro lavoro sta nel creare un’identità alla compagnia. Credo che oggi ci siano troppe compagnie che portano in scena tutto il repertorio possibile e lo fanno allo stesso modo. È fondamentale dare un’identità propria della compagnia in cui si lavora. Attraverso il mio lavoro è quello della Signora Abbagnato vorrei che tutti, guardando uno spettacolo della Compagnia, dicessero: ecco, questa è la danza del Teatro dell’opera di Roma. Io e Eleonora abbiamo proprio questa volontà: definire l’identità di questa ensemble. Questa è la priorità.
Quanta Parigi, o meglio Opéra, cercherà di portare a Roma?
Si dice sempre che “Roma non è stata costruita in un giorno”! Qualche risata a parte, posso dire che, intanto dobbiamo iniziare con questa prima stagione. Noi tutti osserveremo molto per capire dove poter lavorare e soprattutto fare una sorta di,lista del lavoro da fare. È come farlo. Verificare le qualità ma anche le debolezze. Anch’io, ora, sono in un periodo di osservazione, visto che ancora non conosco tutti i danzatori. Sto capendo dove e come lavorare, dove mettere l’accento. Le sfide che ci accingiamo a vincere si definiranno da sole, quali sono le priorità, se concentraci sul lavoro a coppia, su tutti i vari tipi di adages, definire lo stile. Capire anche se ci sono personalità più forti sul classico o contemporaneo…capirò un pochino alla volta…ma ho molta fiducia.
Lei è molto attento alla danza contemporanea: cercherà di creare anche qualcosa per i nostri giovani danzatori?
Credo che un danzatore del ventunesimo secolo debba essere poliforme: deve saper interpretare ruoli classici ma anche avere della basi contemporanee. La mia carriera, come quella della Signora Abbagnato, è stata proprio così: abbiamo interpretato ruoli romantici, classici ma anche delle parti molto contemporanee. Durante il mio percorso di danzatore ho ballato tutto il repertorio classico ma sono stato scelto anche da coreografi più moderni come, per esempio, Mats Ek, Forsythe, Preljocaj. Credo che, oggigiorno, sia fondamentale trovare un equilibrio e, nel contempo, mixare le qualità di ciascun ballerino, affinché tutti possano andare oltre la propria preparazione.
Un sogno che vuole realizzare qui, nel breve periodo?
Sono stato particolarmente colpito dal livello della compagnia. Ottimo stile, ottimo gruppo, ottime classi. Il mio primo sogno da realizzare qui? Beh, vorrei mettere in scena sia un balletto classico di grande importanza e precisione sia uno contemporaneo. Non vedo l’ora di vedere tutti i danzatori all’opera. La danza classica, si sa, ha tantissimi stereotipi. Quello che mi prefiggo di fare, qui, è “liberare” i danzatori: più che essere concentrati sulla tecnica e il rigore, devono sentirsi liberi. Il pubblico non vedrà mai la differenza tra una posizione classica perfetta e una meno precisa, ma noterà la gioia e la bellezza del ballerino. È fondamentale trasmettere questo entusiasmo e questa passione, far vedere che la compagnia è motivata ma soprattutto libera.
L’Augurio più grande che fa a Lei e ai danzatori con cui lavorerà?
Abbiate il piacere di danzare e siate liberi!
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Foto di Sébastienn Mathé e Rémy Artiges