L’esperienza terribile che stiamo vivendo in questo periodo è una di quelle che la mia generazione, ma credo anche quella dei miei genitori, non conoscevano.
Improvvisamente tutto si è fermato, città deserte, parchi vuoti, silenzio assordante ovunque, rotto solo dal suono sinistro di sirene. Un piccolo virus sconosciuto e invisibile ha dichiarato guerra al mondo e improvvisamente l’uomo si è scoperto piccolo, fragile, indifeso.
In questa situazione strana, chiuso in casa come tutti, penso alle persone che sono al “fronte” a combattere negli ospedali, ma anche a quelle che purtroppo non ce l’hanno fatta.
Mi preoccupa il futuro, quello che accadrà dopo tutto questo, i tempi saranno purtroppo molto lunghi e alcuni pensano già che niente sarà più come prima.
L’arte, la cultura, la danza, come, ma soprattutto quando, potranno ripartire? I teatri, i cinema, i musei saranno certamente tra gli ultimi a riaprire le porte, e questo è normale perché sono luoghi di assembramento. Sono convinto però che siano importanti per la crescita umana almeno quanto altri beni cosiddetti di prima necessità. Tuttavia cerco di restare positivo pensando che da ogni tragedia può nascere anche qualcosa di buono. La gente adesso non ha più tanta fretta di correre ovunque e i genitori sono “costretti” a giocare per ore con i propri bambini.
La terra finalmente riesce un po’ a respirare. Di tanto in tanto si hanno segnali incoraggianti dalla natura che si riprende i propri spazi, come delfini che nuotano tranquilli nelle acque di un porto. Dalle terrazze si canta e si suona, uniti dalla speranza che tutto finirà e che tutti ce la faremo.
Dalle finestre delle case escono aromi dimenticati e il profumo di pane fatto in casa. E infine ho la netta sensazione che la gente finalmente, oltre agli armadi, stia mettendo in ordine anche le priorità della vita.
Francesco Mariottini
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