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San Carlo di Napoli omaggio a due coreografi dei nostri giorni: Hans van Manen e William Forsythe

È un omaggio a due grandi coreografi del secondo Novecento l’appuntamento che vedrà impegnato dal 2 al 5 novembre al Teatro Politeama il Corpo di Ballo del Massimo napoletano diretto da Clotilde Vayer.

In programma un dittico che include 5Tango’s, di Hans van Manen su musiche di Astor Piazzolla e il balletto ideato da William Forsythe In the Middle, Somewhat Elevated su musiche di Thom Willems.

5 Tango’s è la creazione più eseguita dal coreografo olandese Hans van Manen qui ripresa da Jan Linkens e Rachel Beaujean.

Con questo lavoro realizzato nel 1977 e da allora rappresentato con successo in tutto il mondo, van Manen ha introdotto nei Paesi Bassi la sensualità del tango di Astor Piazzolla. Attraverso cinque composizioni uniche il coreografo ha messo in relazione la passione tipica della danza popolare argentina con l’astrazione leggera propria del balletto classico.

In the middle, Somewhat elevated, balletto creato da William Forsythe nel 1987, su commissione di Rudolf Nureyev per l’Opéra di Parigi, fu considerato fin dalla sua prima rappresentazione un capolavoro assoluto ed è diventato il più conosciuto lavoro di Forsythe.

Questa coreografia, qui ripresa da Kathryn Bennets, ha cambiato il corso della danza contemporanea e costituisce un’introduzione ideale allo stile del coreografo statunitense.

Anna Netrebko_Teatro di San Carlo 08/10/2022

DUE COREOGRAFI DEL NOSTRO TEMPO: HANS VAN MANEN E WILLIAM FORSYTHE

Interviste a Jan Linken e Kathryn Bennets, a cura di Dinko Fabris

Proseguendo il progetto di ricerca artistica avviato dalla direttrice del Ballo Clotilde Vayer, la danza contemporanea torna al Teatro di San Carlo con due coreografi tra i più importanti del nostro tempo, con un dittico per la prima volta presentato a Napoli. Hans van Manen, ormai novantenne, è da decenni un protagonista del nuovo corso della danza in Olanda, dichiarato “Patron” dell’Accademia nazionale olandese di ballo è, come vedremo, particolarmente interessato alla componente musicale del balletto: il suo 5 Tango’s ha permesso di far scoprire alla sua nazione il genio musicale di Astor Piazzolla, prima di lui poco conosciuto. L’altro coreografo è Bill Forsythe, nato una generazione dopo negli Stati Uniti dove ha esordito a sua volta con coreografie basate sulla musica, ma si è poi trasferito in Germania, divenendo una delle figure di riferimento della nuova danza europea ed estremamente influente a livello planetario.

Abbiamo incontrato i due coreografi incaricati di riallestire per Napoli questo dittico tardo novecentesco, entrambi legati al creatore della coreografia prima come ballerini poi come assistenti privilegiati: Jean Larsik (per van Manen) e Kathryn Bennetts (per Forsythe).

Hans Van Manen, 5 Tango’s

Jan Linkens è alla sua prima collaborazione con il Teatro di San Carlo, città che ha scoperto con crescente entusiasmo visti anche i suoi personali interessi musicali. Ha particolarmente apprezzato la qualità dei ballerini del San Carlo e l’atmosfera collaborativa ed umana del Teatro. Gli abbiamo chiesto di parlarci del suo incontro con Hans van Manen e del balletto sulle musiche di Astor Piazzolla che co-riprende insieme a Rachel Beaujean.

“Sono nato in un piccolo villaggio vicino Maastricht in Olanda e ho cominciato i miei studi nel Dipartimento di Danza del Royal Conservatoire di Den Haag (L’Aja). Sono entrato nel 1977 nel Dutch National Ballet di Amsterdam, dove sono rimasto 17 anni come danzatore e più tardi anche coreografo e Maitre de Ballet. Durante questo lungo periodo ho conosciuto e collaborato molte volte come ballerino con Hans Van Manen. Per me Manen è uno dei coreografi più “musicali” che esistano non solo in Olanda ma in tutto il mondo, perché per lui musica e danza devono assolutamente andare insieme.  Anche per me stesso, come danzatore e ora come coreografo, questo è un elemento fondamentale, far andare insieme musica e danza. Quindi questa è una forte connessione che avverto lavorando con Manen. Hans è un tipico maestro in “stile olandese”, come diciamo noi, sobrio, senza alcun orpello e inutile sovrapposizione esteriore. Solo musica e movimento, e il loro andare assieme e per lui la danza deve essere danza, una definizione che mi piace molto. Quando ho smesso di danzare, e ho cominciato a fare il regista, il coreografo e l’insegnante ospite in molti teatri e compagnie in giro per il mondo, mi è stato chiesto più volte di mettere in scena sue coreografie, cosa che ho fatto molte volte e una di queste coreografie che ho curato più volte è proprio 5 Tango’s: ed ecco il motivo per cui sono qui a Napoli.”

Può dirci qualcosa di questa coreografia, 5 Tango’s, presentata per la prima volta al Teatro di San Carlo?

“Si tratta di un lavoro meraviglioso, basato sulla musica dei 5 Tangos’ di Astor Piazzolla e al tempo in cui Manen realizzò questo progetto la musica di quel compositore era praticamente sconosciuta in Olanda. Tranne una sparuta minoranza di appassionati, nessuno aveva sentito neppure il nome di Piazzolla da noi. La premiére ebbe luogo nel 1979. Io ero entrato appena da 2 o 3 anni nella compagnia e mi trovai a ballarlo: non alla prima , ma nelle repliche di poco successive, perché essendosi infortunato un ragazzo, ne presi inaspettatamente il posto e questa è stata una vera fortuna per me, perché il primo cast è quello che porta a lungo in giro le produzioni, come è successo a me, andando letteralmente in tutto il mondo con questo spettacolo. Come dicevo, la componente musicale è fondamentale per van Manen ed ha influenzato le generazioni successive che hanno seguito queste indicazioni, compreso me stesso come coreografo. Tanti coreografi dopo di lui hanno insistito sull’elemento musicale, ma lo hanno fatto in modo totalmente differente, lui resta un unicum. Qualsiasi appassionato di musica potrà riconoscere la straordinaria competenza di Hans van Manen, pur non essendo un professionista della musica, il suo modo straordinario di “sentire” la musica.

5 Tango’s utilizza solo alcuni caratteri del ballo che conosciamo come tango, applicando questi caratteri alla danza contemporanea: tutti conoscevano e conoscono le movenze classiche del tango, ma lui ha voluto adattarle alla contemporaneità della società del 1979, cui si ispira il suo balletto. Oggi abbiamo tanti esempi di balletti che usano lo stesso criterio di attualizzazione ma a quel tempo era una cosa unica. Quello che a me stupisce, oggi che l’ho ripreso già quattro o cinque volte, è pensare che 5 Tango’s sia una coreografia di quasi 45 anni fa, ma sembra sempre che sia stata creata appena un anno fa, tanto risulta moderno oggi come lo era al momento della sua première. Questo accade solo per pochi coreografi che riescono a rendere le loro creazioni senza tempo – l’esempio più famoso è quello di Balanchine – che usano un linguaggio che sembra sempre nuovo nonostante il passaggio degli anni.”

Il padre di Astor Piazzolla era nato a Trani in Puglia, e i legami con il sud Italia, dove il grande compositore argentino è molto amato, sono dunque molto forti. A parte la componente musicale che spettacolo vedranno gli spettatori a Napoli?

“Sarà percepibile l’atmosfera del tango, ma in una maniera rarefatta, astratta. Ciò che Hans è riuscito a raggiungere il suo scopo seguendo una strada di movimento che gli permette di creare sul palcoscenico l’atmosfera perfetta per andare in sintonia con questa musica.”

William Forsythe, In the middle, Somewhat elevated                                                                           

Kathryn Bennets è nata e si è formata come danzatrice in Australia, ma dal 1989 è stata invitata da William Forsythe a collaborare col suo Frankfurt Ballet e da allora si è trasferita in Germania dove tuttora risiede e lavora, portando in giro per il mondo le creazioni del coreografo americano. Anche a lei abbiamo chiesto di parlarci della sua esperienza di tanti anni con l’autore della coreografia che lei stessa può illustrare meglio di chiunque altro.

“Sono cresciuta artisticamente come membro dell’Australian Ballet con il quale, fin da molto giovane, ho effettuato meravigliose tournées in tutto il mondo tra cui l’Europa. Sono passata quasi subito a far parte del Balletto di Stoccarda, dove ho avuto spesso come partner ballerino William Forsythe, interpretando poi anche le sue coreografie.          Quindi ho imparato a conoscere il suo stile fin da giovanissima. Quando ho smesso di danzare sono passata a insegnare e lui mi ha chiesto presto di insegnare come Guest Teacher al Frankfurt Ballet, cosa che ho fatto finché non sono passata ufficialmente nel 1989 a far parte di quella compagnia, diventando sua assistente per i successivi sedici anni. Poi sono stata direttore artistico del Royal Ballet delle Fiandre in Belgio per sette anni: durante questo periodo pieno di soddisfazioni, abbiamo prodotto molte coreografie di Forsythe e lo stesso Bill è venuto personalmente a lavorare con noi. Dal 1992 sono poi diventata una coreografa freelance e molto, molto spesso ero invitata a riprendere coreografie di Forsythe per cui l’ho conosciuto sempre più nel tempo in tutti gli aspetti artistici.

Parlando del balletto riallestito a Napoli, In the Middle, Somewhat Elevated, fu una commissione dell’Opèra di Parigi, dove fu presentato per la prima volta nel 1987. Non avevo partecipato alla première, ma di lì a poco Forsythe decise di riprenderlo per adattarlo a Francoforte. Per questo fui mandata a Parigi con il compito di studiare alcuni cambiamenti che dovevano essere operati per la ripresa tedesca. Il balletto era stato concepito per una compagine di interpreti presenti a Parigi che era davvero fenomenale, e di cui faceva parte allora la stessa Clotilde Vayer. Forsythe aveva in animo di portare lo sforzo tecnico dei danzatori ai limiti delle possibilità, essendo tutti tanto talentuosi. Era un anno davvero speciale per me, il fatto di poter lavorare con tanti talenti straordinari su una coreografia così esigente: dobbiamo pensare che era ancora l’epoca della direzione di  Nureev a Parigi, era stato lui ad invitarlo e sicuramente Rudolf e Forsythe si conobbero bene e si scambiarono a lungo le loro impressioni. Si erano conosciuti in precedenza, la prima creazione di Forsythe a Parigi era stata nel 1985, e Nureev era molto interessato al livello intellettuale delle conversazioni private con Bill in tutti i campo.”

Può spiegarci il titolo di questo lavoro così enigmatico, soprattutto per il pubblico italiano? E qualcosa della musica dello spettacolo?

“Non è chiaro neppure al pubblico internazionale di lingua inglese. In realtà è una sorta di puzzle da comporre. Quando era stato invitato a produrre questo balletto per Parigi, Forsythe progetto una scenografia collegata al luogo dove doveva essere rappresentato, il Palais Garnier dell’Opèra: e quindi tutto basato su decorazioni in oro che si rifanno a quell’ambiente. Ma all’ultimo momento la sala non fu più diswponibile e lui decise allora di mantenere alcune parti dorate della decorazione, quelle con le ciliegie come nel palazzo originale, ma le ciliegie dorate sono poste su un file al centro del palcoscenico: letteralmente “qualcosa che è messo a metà, un po’ verso l’alto”. E questa è la visione che apre lo spettacolo.  

Per la musica, questa fu composta espressamente per il balletto da Thom Willems. Lui e Forsythe hanno collaborato per molti anni. In quell’epoca andava di moda una certa musica elettronica e Thom era perfetto per queste sonorità. Il risultato, proprio per rispondere alle richieste di Bill, è quel che noi in inglese definiamo una “onesta”, partitura, ossia molto semplice e funzionale. La musica naturalmente è varia e si presenta su diversi livelli, anche ritmicamente, ed era ripeto perfetta per quei tempi e per questo lavoro.

Che cosa vedrà il pubblico napoletano in questa parte di William Forsythe?

“Ci saranno le ciliegie dorate, ovviamente, ma la scena per il resto resta aperta, libera. Tutto è basato sul movimento. Questo è fondamentalmente un balletto “classico” con tutte le sue regole, anche se viene considerato “contemporaneo”.  Non c’è la consueta narrazione di una storia. È danza che parla di danza, solo questo, dall’inizio alla fine.

Credo che come al momento della sua creazione, a Parigi e a Francoforte, il pubblico di Napoli potrà apprezzare molto questo spettacolo che vale come ideale introduzione allo stile di William Forsythe per coloro che non hanno mai visto le sue creazioni.

Redazione

 Foto Luciano Romano

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