
La danza classica accademica è spesso associata alla grazia, ma al di sotto del velo estetico si cela una struttura mentale ferrea, scolpita da disciplina, ascolto e silenziosa determinazione.
Non è solo arte del movimento: è una forma di pensiero incarnato.
Il danzatore sviluppa una mente architettonica, allenata a cercare ordine nel caos, bellezza nella fatica.
La ripetizione non è noia, ma linguaggio: ogni passo ripetuto plasma un pensiero che passa per i muscoli, si riflette nello sguardo, si fissa nella postura. Si impara a pensare senza parole, con i gesti.
Questa formae mentis non tollera scorciatoie. Forma individui capaci di autocorreggersi, resistere, perfezionarsi senza mai sentirsi arrivati.
Il corpo diventa diario, il dolore un maestro discreto, lo specchio un confine da superare.
Pensare da danzatori significa vivere con rigore e con poesia.
Significa portare nel mondo un senso del limite che non opprime, ma eleva.
La danza classica non allena solo il corpo: educa l’essere.
E questo resta, anche quando il sipario si chiude.
Michele Olivieri
www.giornaledelladanza.com
©️ Riproduzione riservata
Giornale della Danza La prima testata giornalistica online in Italia di settore