
La danza non è mai stata soltanto un movimento del corpo: per secoli, in ogni angolo del mondo, ha raccontato storie, trasmesso tradizioni e custodito leggende.
Dietro i passi e i giri delle danze popolari spesso si nascondono miti affascinanti, che spiegano origini misteriose o celebrano eventi eroici della memoria collettiva.
Prendiamo ad esempio la tarantella italiana. Secondo la leggenda, chi veniva morso dalla tarantola doveva danzare senza sosta fino a esorcizzare il veleno.
Oggi la tarantella è simbolo di gioia e festa, ma il mito ricorda come la danza fosse vista come terapia e rito di liberazione.
In Irlanda, il ceili – danza di gruppo tradizionale – nasce da antiche riunioni contadine, dove la musica e i movimenti scandivano momenti di socialità e protezione dai mali.
Si narra che in tempi difficili, la danza fosse capace di “mettere in fuga” spiriti maligni, trasformando la paura in comunità e leggerezza.
E che dire del flamenco spagnolo? Dietro ogni battito di mano e ogni passo di zoccoli, secondo la tradizione gitana, si cela la storia di popoli in fuga e di passioni proibite, un modo per raccontare sofferenza e resistenza senza parole.
Queste leggende ci ricordano che la danza non è solo spettacolo: è memoria, guarigione, linguaggio universale.
Ogni passo può racchiudere un racconto, ogni giro una storia da tramandare, e ogni gruppo che si muove all’unisono diventa custode di miti che hanno attraversato secoli.
Fermarsi ad osservare una danza tradizionale significa ritrovare, passo dopo passo, le storie che hanno fatto danzare intere generazioni.
Michele Olivieri
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