
Prima di diventare un’icona del cinema e della cultura popolare del Novecento, Brigitte Bardot fu soprattutto una giovane allieva di danza.
La sua biografia artistica, spesso raccontata a partire dal successo cinematografico, trova invece una radice profonda nello studio rigoroso del balletto classico, che ne ha modellato il corpo, la disciplina e il modo di stare sulla scena.
Nata a Parigi nel 1934, Bardot iniziò a studiare danza in tenera età con Madame Marcelle Bourgat.
La madre, attenta all’educazione artistica delle figlie, la indirizzò verso il balletto come esempio di formazione completa, capace di unire grazia, autocontrollo e sensibilità musicale.
Brigitte dimostrò fin da subito una naturale predisposizione per il movimento, accompagnata da una forte determinazione.
Il momento centrale della sua formazione arrivò con l’ingresso nello studio di Boris Knyazev, celebre coreografo e pedagogo russo, noto per il suo metodo severo e altamente strutturato.
Knyazev non era soltanto un insegnante di tecnica: trasmetteva una visione della danza come disciplina totale, in cui il corpo diventa strumento di espressione ma anche di rigore.
Bardot si sottopose a una formazione quotidiana intensa, fatto di sbarra, esercizi di allungamento e studio della postura, elementi che avrebbero lasciato un segno permanente nella sua fisicità.
Parallelamente, Brigitte frequentò corsi legati all’ambiente del Conservatoire national supérieur de musique et de danse de Paris con la maestra Solange Schwarz, respirando un clima in cui il balletto classico rappresentava un ideale di perfezione formale.
Sebbene non intraprese mai una carriera professionale come ballerina di repertorio, il suo livello tecnico era più che solido: conosceva la grammatica del balletto, il controllo dell’equilibrio, l’uso consapevole delle braccia e della testa, e soprattutto il rapporto tra movimento e musica.
La danza, nella sua biografia, non fu dunque una parentesi giovanile, ma una vera struttura portante.
Anche quando la vita la condusse verso il cinema, Bardot non abbandonò mai del tutto l’identità di danzatrice.
Il suo modo di camminare, di girarsi, di occupare lo spazio davanti alla macchina da presa rivelava una formazione classica interiorizzata.
In diverse occasioni Bardot ha riconosciuto che la danza le aveva insegnato la disciplina necessaria per affrontare il lavoro artistico e la pressione del palcoscenico.
L’incontro con Roland Petit rappresentò un passaggio significativo, anche se circoscritto nel tempo. Petit, già affermato come uno dei più innovativi coreografi francesi del secondo dopoguerra, incarnava una visione del balletto profondamente diversa da quella accademica tradizionale: più teatrale, narrativa, sensuale e radicata nella contemporaneità.
Il rapporto tra Bardot e Petit non si sviluppò all’interno di una compagnia stabile né in una collaborazione continuativa, ma si collocò piuttosto in un contesto di dialogo artistico tra danza e spettacolo.
Petit riconobbe immediatamente in Bardot una qualità rara: un corpo formato alla disciplina del balletto classico, ma capace di liberarsene senza perderne il controllo.
Proprio questa combinazione la rendeva adatta a una concezione della danza meno accademica e più espressiva, in linea con la sua estetica.
Per Bardot, il contatto con Roland Petit significò un confronto diretto con una danza che usciva dai confini del teatro d’opera per avvicinarsi al linguaggio del cinema e della scena moderna.
Petit non le chiese di diventare una ballerina “di ruolo”, ma valorizzò la sua memoria corporea classica, trasformandola in gesto narrativo, presenza scenica, attitudine al movimento.
Dal punto di vista biografico, questo rapporto segna il momento in cui la formazione rigorosa ricevuta negli anni di studio trova una nuova funzione: non più finalizzata alla carriera di danzatrice, ma integrata in una forma ibrida, in cui il balletto diventa struttura invisibile del gesto.
Bardot non danza come una étoile, ma come una figura che porta il balletto dentro il proprio modo di muoversi.
Roland Petit rappresentò dunque per Brigitte Bardot una sorta di ponte simbolico: tra il balletto classico dell’apprendistato e una danza reinventata, più libera, più aderente alla sua personalità.
Un incontro che non definì una carriera coreutica, ma che contribuì a chiarire definitivamente il ruolo della danza nella sua biografia: non un fine, bensì un linguaggio permanente.
Michele Olivieri
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