
Carmen de Lavallade si è spenta il 29 dicembre, a 94 anni, lasciando un vuoto profondo nella storia della danza americana.
La sua scomparsa priva il mondo dell’arte non solo di una grande interprete, ma di una presenza che ha attraversato e incarnato più di settant’anni di trasformazioni del linguaggio coreografico, sempre guidata da una visione sensibile, rigorosa e profondamente umana.
Nata a Los Angeles nel 1930, il suo primo incontro con la danza avvenne in ambito familiare, grazie alla cugina Janet Collins, pioniera afroamericana del balletto classico.
Il percorso professionale prese poi una direzione decisiva con l’ingresso nella scuola di Lester Horton, dove, grazie a una borsa di studio, affinò una tecnica che la rese rapidamente una delle interpreti più emblematiche della compagnia.
Nel contesto del Horton Dance Theater, il suo corpo divenne veicolo di una nuova idea di modernità: solido e scultoreo, ma al tempo stesso attraversato da una musicalità sottile e da un’intelligenza interpretativa fuori dal comune.
In quegli anni di fervente sperimentazione artistica, il suo dialogo creativo con Alvin Ailey fu fondamentale; un rapporto che avrebbe contribuito in modo decisivo alla nascita, nel 1958, dell’Alvin Ailey American Dance Theater, di cui de Lavallade fu tra i membri fondatori.
Il suo percorso artistico si sviluppò con naturalezza oltre i confini della danza contemporanea.
Tra cinema e teatro musicale, negli anni Cinquanta apparve in produzioni di rilievo come Carmen Jones e debuttò a Broadway in House of Flowers.
Fu proprio in quell’occasione che incontrò Geoffrey Holder, artista visionario e compagno di vita, con il quale condivise per oltre cinquant’anni una profonda alleanza creativa, dando vita a una delle collaborazioni più influenti della cultura afroamericana del Novecento.
Parallelamente alla carriera performativa, Carmen de Lavallade dedicò un’attenzione costante alla formazione delle nuove generazioni.
Insegnò movimento agli attori della Yale University, guidò il dipartimento di danza dell’Adelphi University e svolse un ruolo centrale come mentore, trasmettendo non solo competenze tecniche, ma un’idea della danza come atto di responsabilità, ascolto e presenza.
Sempre fedele a una ricerca viva, nel 1996 fondò PARADIGM insieme a Gus Solomons jr e Dudley Williams, affermando il valore dell’esperienza e della maturità in un panorama spesso dominato dal culto della giovinezza.
Nel 2014 tornò in scena con As I Remember It, un’opera intima e multimediale in cui corpo, parola e memoria si intrecciavano per raccontare una vita dedicata all’arte.
La scomparsa di Carmen de Lavallade chiude simbolicamente un capitolo fondamentale della modern dance, ma non spegne la forza della sua eredità.
Il suo insegnamento continua a vivere nei corpi che danzano, nelle storie che resistono al tempo e in una visione dell’arte capace di coniugare bellezza, dignità e verità.
Michele Olivieri
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