
Con la scomparsa di Hans van Manen (1932-2025) il mondo della danza perde una delle sue menti più lucide, radicali e raffinate.
Coreografo olandese di statura internazionale, van Manen ha attraversato oltre mezzo secolo di storia del balletto e della danza contemporanea lasciando un segno indelebile: ha dimostrato che la danza può essere arte bella nel senso più profondo del termine, capace di unire rigore formale, intelligenza musicale ed emozione senza mai cedere all’eccesso.
Nato nei Paesi Bassi, si forma come danzatore prima di affermarsi come coreografo. Dopo gli esordi negli anni Sessanta, entra in contatto con le grandi correnti europee del rinnovamento coreutico, ma sceglie una strada personale: non la rottura totale con il balletto classico, né l’abbandono della tecnica, bensì la sua trasfigurazione.
È stato figura centrale per compagnie come il Nederlandse Dans Theater e il Dutch National Ballet, ma le sue opere sono state rappresentate dalle più importanti compagnie del mondo come quella del Teatro alla Scala.
Van Manen non ha mai cercato lo scandalo o la provocazione fine a sé stessa: la sua rivoluzione è stata silenziosa, costruita passo dopo passo, gesto dopo gesto.
La sua cifra stilistica è immediatamente riconoscibile. Linee pulite, geometrie perfette, movimenti essenziali. Nelle sue coreografie non c’è nulla di superfluo: ogni passo è necessario, ogni relazione tra i corpi è carica di significato.
Celebre per l’uso magistrale della musica classica e contemporanea, van Manen costruiva la danza come un dialogo intimo con la partitura.
La sua opera dimostra che la bellezza non è ornamento, ma chiarezza; non è accumulo, ma sintesi.
In un’epoca spesso attratta dall’eccesso e dalla velocità, van Manen ha insegnato il valore della misura. Ha mostrato che la danza può essere intellettuale senza essere fredda, sensuale senza essere volgare, contemporanea senza rinnegare la tradizione.
La sua eredità è visibile non solo nelle coreografie, ma anche nello sguardo di intere generazioni di coreografi e interpreti: uno sguardo che cerca l’essenziale, che rispetta l’intelligenza dello spettatore e che crede nella danza come forma alta di pensiero.
La sua lezione è chiara e preziosa: quando la danza è onesta, rigorosa e necessaria, diventa bellezza duratura. E in quella bellezza, Hans van Manen continuerà a esistere.
Michele Olivieri
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