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Alessandro Macario: “Mi piace imparare. E non smetterò mai di farlo”

Alessandro Macario - La bella addormentata - Ph.Francesco Squeglia

Nato a Napoli, Alessandro Macario è entrato giovanissimo alla Scuola di ballo del Teatro San Carlo, diretta da Anna Razzi, dove si è diplomato nel 1998.Nel corso degli anni ha studiato con maestri di fama internazionale quali M.I. Fernandez, R. Nunez, M. Trajanova, V. Litvinov, L. Repetto, A. Agadzhanov, L. Araujo, M.E. Reyes, F. Olivieri, R. Hightower, C. Panader, T. Harm, M. Bellezza, A. Molin, D. Ganio, G.Vintila, A. Hall, J. Clifford, E. Terabust, D. Deane, C. Mucci, P. Armand, R.Calderini, P.Chalmer, K.Damianov, M.Pierin. Nel 1998 è entrato a far parte del Corpo di ballo del Teatro alla Scala di Milano dove ha danzato in numerosi balletti quali: “Cenerentola”, “Don Quixote”, “Il lago dei cigni” (Nureyev), “Romeo e Giulietta” (Macmillan), “Excelsior “ (Dell’Ara), “Ondine” (Ashton), “Il Grande Gatsby” (Prokovsky), “Amarcord” (Cannito), “La Strada” (Pistoni), “Giselle” (Ruanne, Guillem), “Lo Schiaccianoci” (Haind), “Etude” (Lander), “Carmen” (Petit), “Il Figliuol Prodigo” (Balanchine), “Troy Game” (North). Con la compagnia del Teatro alla Scala ha partecipato alle tournée in Turchia, Polonia, Gran Bretagna, Giappone e Stati Uniti. Nel settembre 2001 Elisabetta Terabust lo invita, in qualità di ballerino solista, al Teatro Comunale di Firenze dove danza in produzioni importanti quali “Verdiana” (Bart), “Giselle” e “Lo Schiaccianoci” (Polyakov). L’anno seguente viene scritturato al Teatro dell’Opera di Roma, sotto la direzione di Carla Fracci, aggiungendo così al suo repertorio “Romeo e Giulietta” (Cranko), “Gerusalemme” (Bouy), “Sagra della Primavera” e “Shéhérazade” (Fokine). Dal 1993 è Primo Ballerino al Teatro San Carlo di Napoli che lo ha visto protagonista di numerosi balletti quali: “Romeo e Giulietta” (MacMillan), “Onegin” (Cranko), “Lo Schiaccianoci”, “La Bayadère” (Deane), “L’Arlésienne”, “Ma Pavlova” (Petit), “Alles Walzer” (Zanella), “La Valse” (Balanchine), “Carmina Burana” (Vamos), “Orfeo ed Euridice” (Armitage), “Zorba il greco” (Massine). In questi anni è stato ospite di numerosi galà in Italia e all’estero: Roma, Fiesole, Caserta, Ancona, Positano, Teramo, Padova, Bordeaux, Budapest, Montpellier, Siviglia e Mosca a cui si aggiungono le serate in favore dell’Unicef, di Emergency e della Croce Rossa Italiana. Il Giornale della danza l’ha incontrato dopo le prove de “La bella addormentata nel bosco” al Teatro dell’Opera, in scena in questi giorni.

Un ritorno che profuma di “prima volta”, al Teatro dell’Opera, con “La Bella addormentata nel bosco”: come si sta preparando per questa importante pièce?

Salire sul palco per me è sempre un’esperienza nuova, una prima volta, anche se magari ho già avuto modo di ballare il pezzo in altre occasioni. Cerco sempre di prepararmi al meglio, per ogni pièce che porto in scena: dietro ogni passo c’è un training mentale particolare, un processo che inizia e si sviluppa nel tempo. Mi concentro tanto Il ruolo che interpreto in questa occasione è molto importante, principale: la responsabilità è tantissima, sia su me stesso che nei confronti degli altri, di chi ti segue. Non è semplice ma l’impegno è sempre al massimo. Oltre alla preparazione mentale c’è anche quella atletica, cerco di non fare tardi la sera, di mangiare bene e tutto quello che può far bene al mio fisico. La parte fisica è fondamentale per una buona riuscita del balletto. Ecco, “La Bella addormentata nel bosco” è uno dei classici per eccellenza, si è scoperti: la pulizia della danza è essenziale…non c’è spazio per l’errore!

Proprio a proposito della tecnica classica, da Lei studiata a Napoli e poi portata anche a Roma e all’estero. In questa occasione, Lei torna all’Opera: come vive questo momento?

Credo sia sicuramente un valore aggiunto per me. È pur vero che il mondo della danza è talmente piccolo e ci si conosce tutti…io ho studiato con maestri che da qui son venuti a Napoli ad insegnare e viceversa, si cambia ma ci si incontra sempre. È vero, ho studiato a Napoli ma ho avuto l’onore di poter far tantissime cose anche qui, al Teatro dell’Opera. Quand’ero più piccolo ho lavorato nel Corpo di Ballo e, in quell’occasione, ho avuto modo di conoscere anche questo ambiente. Se, a vent’anni, ero un ballerino di fila ed iniziavo la gavetta, qualche anno dopo mi trovo ancora qui, ma in una veste differente. Fare la gavetta fa benissimo: ti permette di osservare i grandi ballerini, di migliorare…a me è piaciuto e servito tantissimo. Ritornare dopo molto tempo, come ospite, è sicuramente bellissimo, ho una maturità artistica differente.

Parliamo del ruolo che interpreta, molto romantico, fiabesco.

Sì, sono il principe azzurro, un ruolo che molti mi dicono sia perfetto per me e per il mio fisico. Caratterialmente, però, mi sento un po’ diverso: ho fatto Basilio l’anno scorso, balletti di carattere che mi sono piaciuti moltissimo, proprio perché rappresentano al meglio la mia essenza, la mia personalità. In questo balletto, invece, bisogna imparare a dosare, controllare ciascun movimento. Tra l’altro, proprio in questa occasione, al Teatro dell’Opera, danzo interamente “La Bella Addormentata nel bosco” per la prima volta in versione classica…avevo già studiato il passo a due (portato all’esame finale) ma mai, prima di ora, avevo avuto la possibilità di danzare il balletto intero. Avevo ballato una versione neoclassica, ma questa è molto diversa.

Il ruolo a cui è più legato?

Sono molto legato a “Giselle”, balletto che fatto in tantissime occasioni, che ho studiato e compreso di più rispetto a tutti gli altri. In questa pièce ti puoi veramente lasciare andare, puoi essere te stesso. Nel secondo atto c’è un’interpretazione molto struggente, drammaturgia intensa. È il balletto che più mi è rimasto nel cuore: per me è un capolavoro, non ho nessun dubbio. Mi piace moltissimo anche “Romeo e Giulietta”: in questo balletto si è quasi in un film, proprio perché passi dall’essere un ragazzino innocente e innamorato a tanti fasi della vita, il tutto in pochissimo tempo. È un ruolo completo, che farei all’infinito. L’ho interpretato in tantissime versioni e lo svolgo anche a Bratislava, in Slovacchia, dove ripetono i balletti del repertorio con una specifica cadenza. Ogni volta che torno è sempre bello e diverso.

Torniamo alla gavetta, iniziata a Napoli, con la scuola, proseguita alla Scala con il primo lavoro, passando per tante altre città italiane e straniere.

Ho iniziato a lavorare alla Scala, a Milano, e sono veramente felice di aver iniziato lì. In quel periodo la compagnia era grande, internazionale, molto europea dove passavano tantissimi ospiti. Io, appena uscito dalla scuola, osservavo questi grandi nomi con molta attenzione, era un privilegio essere sullo stesso loro palco. Ho imparato un sacco di cose che ancora serbo nel mio cuore e nella mia mente.

L’obiettivo di un ballerino è rinnovarsi continuamente. Alessandro Macario, però, dove vuole arrivare?

Mi piacerebbe fare qualche esperienza neoclassica, contemporanea: penso di aver raggiunto un’età matura, con il fisico adatto a determinati esperimenti. Vorrei lavorare a pièce di Kylian. Da quando ho danzato un balletto di Nacho Duato mi si è aperto un mondo, una poesia. Vorrei iniziare a sperimentare.

Sperimentare anche come creatore?

Non penso di essere in grado. Al termine della mia carriera mi piacerebbe curare i primi ballerini, trasmettere quello che ho imparato ai ragazzi più giovani…quello che non ho avuto mai, visto che io ho sempre osservato, rubato movimenti. Sono stato – e lo sono ancora! – molto curioso. Imparo tante cose anche da ballerini che magari hanno un ruolo diverso rispetto al mio ma che, invece, hanno dei bellissimi movimenti. Mi piace imparare. E non smetterò mai di farlo.

La prima volta sul palco?

Da protagonista, per la prima volta, sono salito sul palco nel 2003 con “Romeo e Giulietta” di MacMillan. Per questo mio primo balletto devo ringraziare la Signora Terabust, l’allora direttrice a Napoli: ha avuto tantissima fiducia in me e mi ha letteralmente buttato sul palco. Una persona eccezionale, la potrei definire la mia “mamma artistica”. Non smetterò mai di ringraziarla. Da lì, poi, ho fatto altri ruoli. Era un allestimento importante, io avevo tanta voglia di fare.

Desideri o sogni nel cassetto?

Da quando ho smesso di avere aspettative, sto lavorando di più. Ho incontrato persone che hanno avuto fiducia in me, come per esempio il Maestro Ganio qui all’Opera, che credo mi stimi parecchio. Mi ha chiamato lui. Io sto vivendo il mio sogno: sto facendo quello che ho sempre voluto fare, ad un buon livello. È una grossa responsabilità. Io volevo andare in giro, osservare..ed è quello che faccio ora: lavoro a Napoli ma ogni tanto mi sposto, proprio per conoscere altre entità. Io cerco sempre di impegnarmi al massimo, perché voglio fare bene. Il mio obiettivo è sempre e solo questo.

Valentina Clemente

www.giornaledelladanza.com

Foto di Francesco Squeglia

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