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Andrea Volpintesta, il tenebroso della danza italiana

Andrea Volpintesta

Dal 1995 al 1997 è stato ballerino nella compagnia Aterballetto di Reggio Emilia sotto la direzione del maestreo Amedeo Amodio. Nel 1997 entra a far parte del Corpo di Ballo del Teatro alla Scala dove ricopre prevalentemente ruoli da solista e primo ballerino. Ha danzato ruoli di spicco del repertorio classico e moderno di celebri coreografi, tra i quali Nureyev, Mats Ek, MacMillan, Balanchine, Cranko, Preljocaj, Béjart, Forsythe, Bigonzetti, Cannito. Ha intepretato il Matto nel balletto La Strada di Mario Pistoni e quello dell’Oscurantismo nel balletto Excelsior di Ugo Dall’Ara oltre che il ruolo di Hilarion in Giselle, versione rivisitata da Silvye Guillem. Ha partecipato alle tournée de Les Histoire d’Amours in Giappone con l’étoile Sylvie Guillem danzando Solyonin in Winter Dreams di McMillan. Nel Gennaio 2007 è stato Des Grieux ne La Dama delle Camelie di John Neumeier in prima assoluta alla Scala con Alessandra Ferri e Roberto Bolle. Ha danzato nell’Aida di Franco Zeffirelli con le coreografie di Vladimir Vassiliev. È stato Don Josè nella Carmen di Luciano Cannito al fianco di Rossella Brescia. Nel 2010 in occasione del Galà per il 100° anno del Theatro Municipal di Rio de Janeiro viene nominato Primo Ballerino Ospite dopo aver danzato Don Josè nella Carmen di Roland Petit e il passo a due da Noite Carioca di Dalal Achcar con l’étoile Ana Botafogo. Nel 2012 ha danzato alle Terme di Caracalla con Roberto Bolle e Myrna Kamara in Antonio e Cleopatra, coreografie di Massimiliano Volpini. Nel Giugno 2013 è stato protagonista dell’apertura del Festival dei due Mondi di Spoleto al fianco dell’étoile Alessandra Ferri in The Piano Upstairs.

 

 

Caro Andrea, come inizio desidero parlare subito del tuo recente debutto, avvenuto con grande successo a Busseto nel balletto “Drakula”. Mi vuoi raccontare la storia di questo progetto, com’è nato, la sua genesi, i collaboratori?

Questo è un progetto nato nel 1998/99 tra le mura della vecchia Scala, da un’idea e una collaborazione tra Massimiliano Volpini (coreografo), Nicola Urru (musiche) e Laurent Gerber (regista). Questo progetto si è definitivamente concretizzato a settembre 2015, ed esattamente il 4 e 5 a Busseto in una meravigliosa location quale Villa Pallavicino, grazie anche alla collaborazione con la MRT e Cose Belle d’Italia che hanno creduto fortemente nell’evento. È stato un grande successo e una forte conferma della qualità della nostra Compagnia, la quale è formata da me e dall’étoile Sabrina Brazzo e del talento dei suoi ballerini. Abbiamo lavorato molto per far sì che fosse un prodotto attuale ed intrigante. Grazie a questo insieme di fattori abbiamo avuto la certezza e la conferma di poterlo riproporre in futuro e Milano sarà una delle nostre mete …quindi Vi invitiamo a non mancare quando sarà il momento!!

Mi parli nel dettaglio della tua Compagnia di danza e dei progetti che avete in cantiere?

Io e Sabrina abbiamo voluto fortemente creare questo gruppo formato da giovani talenti italiani molto promettenti. Li prendiamo, li formiamo e tiriamo fuori il meglio di ognuno di loro: le personalità, le qualità e tutto quello che può essere utile a spiccare il volo nel mondo della danza… È nato da uno dei nostri tanti confronti e discorsi nei camerini del Teatro alla Scala, un’idea nuova con un concetto inedito di voler creare danza. Un modo per farla arrivare al pubblico, anche ai più profani in materia e a chi frequenta poco i teatri e soprattutto per chi è al di fuori del nostro mondo tersicoreo che il più delle volte è troppo circoscritto. L’intento è che queste persone capiscano e si rendano conto, invece, di quanto sia bella l’arte della danza… la JAS ART BALLET è questo! I progetti sono molteplici e nascono a secondo delle richieste che ci vengono avanzate dagli attuali interlocutori, per lo più grosse aziende e brand importanti nel mondo della moda e del commercio. Al momento le nostre produzioni nascono così, ci auguriamo ovviamente di poterle portare anche nei numerosi teatri che vantano una loro programmazione affinché ci si possa consolidare pure in questi circuiti, spesso disattenti alle nuove realtà di “casa nostra”!

Qual è stato il tuo percorso di formazione nel mondo della danza? A che età hai iniziato a studiare e in quale realtà?

Ho iniziato a studiare all’età di 6 anni in una scuola di Cosenza in Calabria. Per caso… mia sorella è accompagnatrice al pianoforte e alcune volte andavo con lei perché mi piaceva ascoltare la musica classica, un giorno sentendo le note al pianoforte iniziai a volteggiare negli enormi corridoi che si trovavano di fianco alle sale ballo e ad un certo punto mi ritrovai davanti la direttrice della scuola …il giorno dopo ero in sala ballo… che ridere se ci ripenso. Sono rimasto lì fino all’età di 11 anni, giorno in cui durante un esame, mi venne offerta da Anna Maria Prina una borsa di studio per la scuola di ballo del Teatro alla Scala.

Com’è nata la passione per questa nobile arte e quando te ne sei accorto?

Beh… dopo gli 11 anni ho iniziato a prendere sul serio la cosa perché mi accorsi che la mia passione era cresciuta e la musica vibrava dentro di me. Sentivo di voler ballare tutto quello che ascoltavo melodicamente, accettai la borsa di studio e i miei genitori mi seguirono, supportarono e accompagnarono in questo mio cammino.

I ricordi più belli legati alle tue prime lezioni di danza?

Ricordo molto poco dell’inizio, ma ho un ricordo nitido dei miei amici e compagni con cui avevo grande armonia e con i quali ho trascorso momenti bellissimi di danza! Eravamo un bel gruppo, un corso di potenziali futuri ballerini…

Che tipo di allievo sei stato?

Sono stato sempre molto riservato e timido, cercavo di imparare tutto quello che potesse farmi diventare un ballerino, tutto quello che mi veniva detto, educato e diligente.

Tra tutti i tuoi insegnanti a chi sei più grato?

Beh …direi grazie a chi mi ha insegnato la danza da bimbo in primis, poi nella mia vita da ballerino ho avuto la fortuna di avere tanti maestri e ognuno di loro mi ha “lasciato” qualcosa che mi ha permesso di arrivare dove sono. Dunque grazie a tutti i miei maestri compresi gli attuali …niente nomi sarebbero in troppi!!

C’è stato un momento particolare in cui hai veramente creduto che il tuo sogno di diventare un grande ballerino stava tramutandosi in realtà?

Sicuramente il momento in cui ho firmato il mio primo contratto all’Aterballetto di Reggio Emilia nel 1997. Quello fu il giorno in cui capii che potevo coronare il mio sogno!

Tu sei un nobile rappresentante della danza. E per te cos’è la danza?

Un modo unico per esprimere le proprie emozioni e il proprio stato d’animo con l’armonia del movimento attraverso il proprio corpo.

Come diceva prima, sei stato danzatore presso la prestigiosa compagnia “Aterballetto” diretta dal grande Amedeo Amodio. Cosa conservi di quel periodo e che aria si respirava nelle sale danza di Reggio Emilia?

Ho un ricordo meraviglioso di tutto il periodo a Reggio Emilia… l’enorme e stupenda sala grande in cima al Teatro Valli con un intenso profumo di legno che ancora oggi riesco a percepire… uno spazio in cui si respirava totalmente la danza… Due anni di emozioni, di soddisfazioni ed esperienze che auguro a tutti i ballerini …amici e colleghi speciali che mi hanno dato moltissimo e mi hanno fatto crescere sia come persona sia come professionista. Tutto questo grazie anche ad Amedeo Amodio che puntava molto su di me e che mi ha voluto a Reggio all’età di 17 anni.

Poi nel 1997 sei entrato a far parte del Corpo di Ballo del Teatro alla Scala, dove hai ricoperto anche ruoli da solista e primo ballerino. Com’è avvenuto l’ingresso nel Corpo di Ballo scaligero, quali sono state le emozioni nel calcare uno tra i più celebri palcoscenici del mondo e come ti ha arricchito artisticamente questa nomina?

Finita la mia esperienza all’Aterballetto approdai alla Scala allora diretta da Elisabetta Terabust, che non smetterò mai di ringraziare per la grande occasione che mi ha offerto. Superai una selezione a cui parteciparono 30 ballerini per un solo posto disponibile, quello che poi divenne mio!! Da lì il lavoro fu tanto, altrettante le opportunità importanti che mi vennero concesse e che io sfruttai appieno, ma in un teatro così prestigioso il massimo non è mai abbastanza e furono tutte cose che mi arricchirono sia a livello artistico che personale, la mia prima alla Scala non la dimenticherò mai…

Esiste un aspetto della tua carriera che ti piacerebbe leggere e che non è stato ancora raccontato?

Mi piacerebbe leggere ogni particolare, sia le cose belle che le cose meno belle perché tutto della mia carriera ha un aspetto interessante …ma bisognerebbe pubblicare un libro!

Come si svolge la tua giornata tipo? Quante ore provi?

La mia giornata inizia con una super colazione, l’alimentazione per me è importantissima! Lezione al mattino di un’ora e mezza e poi prove, di solito per circa 4/5 ore al giorno.

Tra tutti gli spettacoli che hai visto come spettatore, quale rammenti con più emozione e bellezza?

Sicuramente un Lago dei Cigni che ho vissuto da ballerino e spettatore ma dalla scena, era il mio inizio nel Corpo di Ballo ma anche il debutto di Sabrina Brazzo con Massimo Murru …emozione, stupore, bellezza ed eleganza! Questi sono gli aggettivi giusti, oltre che ad una interpretazione, la quale mi ha trasmesso una grande ispirazione.

Mentre dei tuoi ruoli da interprete, in quale ti sei rispecchiato di più?

Sono stato da subito catalogato come il tenebroso, il cattivo per via dei miei lineamenti marcati e della mia stazza fisica …mi sono stati affidati sempre ruoli principali comprimari di grande spessore. Quelli in cui mi sono ritrovato in totale sintonia sono stati Rothbart nel Lago dei Cigni di Nureyev, Tebaldo in Romeo e Giulietta e Lescaut nella Manon di McMillan. Anche Abderachman nell’ultima Raymonda e Don Josè nella Carmen di Roland Petit sono stati ruoli importanti per me.

Le maggiori soddisfazioni professionali che hai ricevuto in qualità di danzatore?

Essere scelto da Silvye Guillem per interpretare Hilarion nella sua Giselle e per la sua tournée in Giappone con Trois Histoire d’Amour, essere scelto da John Neumeier per interpretare Des Grieux nella Dama delle Camelie e in seguito venir chiamato da Alessandra Ferri per accompagnarla nel suo ritorno alle scene lo scorso anno a Spoleto.

Secondo te, quali sono le qualità che un giovane danzatore dovrebbe possedere per diventare degno di questo nome?

Sicuramente una predisposizione fisica è importante e facilita il lavoro, ma credo che queste qualità debbano essere completate da altri fattori importanti. In questo mestiere necessitano volontà, diligenza, sacrificio, educazione e tantissima voglia di imparare e apprendere.

Cosa è riuscita a regalarti la danza?

Oltre a quelle cose citate prima, una famiglia meravigliosa… ed un equilibrio che prima non avevo.

Danza: disciplina e tecnica! A mio avviso sono le due priorità fondamentali per questa professione. Cosa aggiungeresti tu?

Pazienza, personalità e motivazione.

Che valore dai all’umiltà, troppo spesso dimenticata, pur essendo una virtù rara?

Io penso sia fondamentale per la resa massima nel nostro lavoro, proprio per questo è una virtù rara e poche persone purtroppo hanno la fortuna di possederla.

Per te che ruolo ha giocato l’alimentazione nella tua carriera?

Io purtroppo non ho mai badato all’alimentazione anche perché non esisteva un’attenzione particolare dedicata, e dico purtroppo perché se avessi fatto quello che faccio quotidianamente da quattro anni, seguito da persone specializzate nel Settore certamente il risultato sarebbe stato superlativo. Superlativo come dagli ultimi quattro anni ad oggi. Diciamo che mi hanno cambiato la vita …adesso mi ritengo sano e pronto da poterlo consigliare!

La danza ultimamente ha avuto un radicale cambiamento. A tratti si è trasformata avvicinandosi più all’atletica. Sei d’accordo?

Sinceramente la ritengo snaturata, l’atletica è una disciplina sportiva, la danza è un arte. Bisogna sempre tenere conto delle differenze, l’estremo gesto atletico fa perdere di vista le cose importanti del balletto e della storia di un balletto e cioè l’interpretazione del ruolo!

Raccontaci il mondo della danza, il cosiddetto dietro le quinte. Tutto è sempre così dorato e perfetto come appare in scena?

Assolutamente no! Molte cose accadono, belle e brutte, posso solo dire che bisogna sempre lasciarsi dietro le cose che non funzionano, le paure, i dolori e anche gli attriti …bisogna essere bravi per portare solo il dorato in scena.

Quali sono le qualità e le doti per diventare un serio danzatore professionista?

Io credo sia normale che per diventare un danzatore professionista ci voglia una certa predisposizione fisica ma anche attitudini ben precise. Umiltà, educazione, concentrazione, gratitudine, sacrificio e pazienza, tanta pazienza, quella che spesso i giovani oggi non possiedono!

Ci sono stati anche momenti negativi durante la tua carriera?

Certamente, momenti in cui ho pensato di smettere, perdere la fiducia in sé stessi è una di quelle cose che ti annebbia, vuoi per un ruolo non dato, vuoi per un infortunio. Ma alla fine da queste esperienze se ne può uscire più forti di prima grazie anche alle persone che ti stanno vicino.

La danza è fatica, sudore e anche sacrificio. Qual è la più grande rinuncia che hai fatto?

Di sicuro crescere vicino alla mia famiglia di origine… i miei genitori, che ho visto avanzare con l’età senza che io me ne accorgessi, è stata la cosa che più mi è mancata.

Hai sposato la celebre étoile Sabrina Brazzo. Cosa apprezzi maggiormente in lei come danzatrice e come donna?

Come danzatrice credo sia l’espressione massima, tutto quello che può avere una danzatrice: bellezza, grazia, eleganza, espressività e tecnica oltre a una grande sensibilità unita alla dolcezza. Qualità che Sabrina riesce a portare anche in famiglia e trasmettere a nostro figlio e ovviamente anche al sottoscritto! E sapeste come è brava in cucina!

Recentemente siete stati accolti con grande entusiasmo in America con lo spettacolo “Il Mantello di pelle di Drago”. Ci racconti questa entusiasmante esperienza?

Questa è una delle grandi esperienze che abbiamo vissuto insieme alla nostra compagnia la JAS ART BALLET, che io e Sabrina stiamo cercando di far crescere e portare in alto. Il mantello di pelle di drago è un balletto che è stato creato in collaborazione con Lineapelle e che abbiamo portato anche a Milano, Bologna, Firenze e Vicenza con enorme successo. Il Lincoln Center è stata una conferma del grande lavoro che stiamo realizzando. Per noi è stata una enorme soddisfazione perché solo le grandi compagnie si esibiscono in luoghi così prestigiosi… dunque direi che la strada intrapresa è quella giusta, ma non è finita qui: a gennaio saremo a Londra… ma per i dettagli prossimamente.

È difficile conciliare una vita privata con la carriera di danzatore, spesso in giro per il mondo?

Non direi! Quando si ha la persona al tuo fianco che esercita il tuo stesso mestiere è tutto più semplice. Riusciamo, senza alcun problema, ad avere anche rapporti al di fuori del balletto. Anzi le persone sono sempre molto curiose del nostro mondo e questo ci dà anche modo di farlo conoscere nel suo fascino…

Tu e Sabrina quali altre passioni condividete? In casa si parla solo di danza?

Ovviamente parliamo spesso di lavoro, ma nostro figlio interviene in sua difesa… ahahah… delle volte è un po’ troppo per lui che ha girato in lungo e in largo il mondo con noi! Amiamo il cinema, facciamo scorpacciate di film insieme, delle volte rimaniamo al cinema anche 8 ore e guardiamo 3/4 film di seguito.

Andrea tra tutti i balletti del grande repertorio, in quale ti piacerebbe essere un domani protagonista?

Beh io ho due sogni nel cassetto. Le Jeune Homme et la morte di Petit e Il Lago dei Cigni di Matthew Bourne’s … poi potrei anche smettere!

Quando provi in sala danza un nuovo personaggio, come ti avvicini alla fase interpretativa?

Mi interesso molto a tutto quello che circonda quel personaggio e cerco di dare sempre qualcosa in più, qualcosa di mio …viene tutto naturale, mi piace ricercare in me immergendomi e immaginando i tempi di quei personaggi e di come potevano viverli.

Quale coreografo ha influito sul tuo stile?

Sono sempre riuscito ad adattarmi a tutti i coreografi che sono transitati sia all’Aterballetto sia alla Scala, non ci sono state grosse influenze ma solo grandi esperienze…

E con quale coreografo ti sei emozionato maggiormente durante le prove?

Sicuramente con William Forsythe.

Il più grande ostacolo che hai incontrato nel corso della tua carriera?

Bella domanda!! Forse alla prossima intervista te lo dirò…

Hai qualche rimpianto o qualche errore da non ripetere, se potessi tornare indietro?

L’unica cosa che farei in più rispetto a tutto è… non mollare mai nemmeno nel peggiore delle situazioni e nei momenti più difficili a livello fisico. Cosa che ahimé ho fatto!!

Che valore dai allo specchio, strumento fondamentale per un ballerino?

Lo specchio è il riflesso della nostra anima, per un ballerino deve avere un doppio valore… sapersi specchiare è la cosa più importante e anche saper vedere aldilà della propria immagine riflessa.

Ti senti più portato, sia emotivamente sia tecnicamente, per il repertorio classico o moderno? tu che hai avuto la fortuna di prendere parte a lavori di coreografi della portata di Nureyev, Mats Ek, MacMillan, Balanchine, Cranko, Preljocaj, Béjart, Kilyan, Forsythe, Bigonzetti e tanti altri?

Come già detto prima nessuno in particolare mi ha segnato come coreografo, questo significa che sono riuscito ad assimilare bene tutti le discipline di danza in cui mi sono cimentato …amo tutti gli stili e se potessi ballerei anche l’hip hop e il tip tap …mi piacciono da morire!!

Tra le tue partner in scena con quale hai avuto maggiore feeling professionale?

Inutile dire che la danza espressa in coppia con Sabrina Brazzo è stata il top a livello di tutto! Ho ballato anche con altre danzatrici incredibili come con Sylvie Guillem e Alessandra Ferri che mi hanno regalato momenti incredibili, indimenticabili e di grande esperienza e per questo le ringrazierò sempre…

Bene appunto, com’è stato danzare con Alessandra Ferri a Spoleto?

Come dicevo prima Alessandra mi ha dato tanto, mi ha dato la possibilità di essere uno dei tre ballerini con cui è ritornata sulle scene, cosa desiderare di più? Questo per me è stato un onore ed un privilegio.

Hai danzato anche con tua moglie Sabrina Brazzo nel bellissimo lavoro di Martha Clarke dedicato a Vasco Rossi “L’altra metà del cielo”, che sensazioni si provano ad essere in scena con la “propria metà sentimentale”?

Questo lavoro è stata una prova forte sia a livello artistico sia sentimentale. Abbiamo lavorato molto sul nostro “essere coppia” nel balletto in tutti i sensi a tal punto da avere anche momenti difficili nella vita di coppia reale. Siamo andati talmente nel profondo da cadere in crisi… è stata dura ma ci ha fatto ancor più capire quanto siamo innamorati e quanto forte è il nostro rapporto. Credo che il successo che abbiamo avuto con questa produzione, sia stato un successo meritatissimo, vista la mole di lavoro eseguito. Da qui abbiamo capito che dovevamo dare una svolta alla nostra carriera e guardare al futuro della danza in maniera differente.

Hai occasione di guardare in tv i talent che trattano di danza? A tuo avviso sono un buo inizio per la carriera coreutica professionale?

Assolutamente no! Non credo sia un inizio …si inizia con lo studio e la dedizione totale a ciò…e in questi talent non si può studiare con continuità, qualità e regolarità come in una compagnia o in un teatro. Mi spiace molto che non ci sia questa occasione, potrebbero crescere i talent e crescere anche i ragazzi che vi sono all’interno e che vogliono diventare ballerini professionisti e non solo personaggi televisivi.

Hai danzato sui palcoscenici più prestigiosi del mondo come l’Opéra di Parigi, il Covent Garden di Londra, il Bolshoi di Mosca, il Marijnsky di San Pietroburgo, il Lincoln Center e il Metropolitan di New York, il Bunka Kaikan di Tokyo. Quali differenze hai riscontrato nel pubblico? E quale a tuo avviso è il più attento e caloroso verso il mondo della danza…

Mi spiace dirlo ma la danza ha un forte riscontro, successo e valore in ogni angolo del mondo tranne che in Italia. Nonostante l’Italia abbia un patrimonio inestimabile in teatri… dovremmo imparare dal Brasile, Giappone, America, Russia, Francia, Inghilterra e tanti altri Paesi. Bisognerebbe valorizzare la danza perché ci sono tante persone che vogliono ballare e vivere di quest’arte; bisognerebbe sostenerla e dare a questi ragazzi una reale opportunità. Questo è un messaggio ben chiaro, che lancio, a chi fino ad oggi è stato fin troppo distratto nei nostri confronti…

A chi riconosci l’eccellenza sia a livello femminile sia a livello maschile nel panorama internazionale quotidiano della danza?

Beh sento di dire che Silvye Guillem sta lasciando una grande eredità a tutti, come figura maschile punterei su Baryshnikov che ancora oggi con dei semplici movimenti e gesti ed espressioni riesce a lasciare di stucco come se danzasse Basilio in Don Q.

Per finire mi dai una tua definizione personale della “Danza”?

“Gioie e Dolori”.

Grazie mille Michele, ciao!

 

 

Michele Olivieri

www.giornaledelladanza.com

 

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