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Anna Razzi: la danza è l’essenza della vita

 

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Nata a Roma, città in cui si diploma alla Scuola di Danza del Teatro dell’Opera, inizia la sua carriera in Francia ed in Inghilterra e in seguito viene chiamata al Teatro alla Scala di Milano in qualità di Solista; in breve tempo viene nominata Prima Ballerina ed infine Étoile. Svolge la sua attività principalmente alla Scala sino al 1985, anno in cui lascia il teatro milanese per dedicarsi ad una splendida carriera dal respiro internazionale. Ospite dei maggiori teatri e compagnie straniere, nel suo repertorio figurano tutti i più importanti e celebri balletti classici, oltre a memorabili creazioni di alcuni tra i più geniali coreografi come Lorca Massine, Roland Petit, Amedeo Amodio. Anna Razzi ha danzato al fianco dei più grandi e rinomati ballerini dei nostri tempi, da Rudolf Nureyev a Paolo Bortoluzzi, Yves Lormeau, Fernando Bujones, Richard Cragun, Peter Schaufuss, Patrick Dupond e tanti altri. Dal 1990 al 2015 ha ricoperto la prestigiosa carica di Direttrice della Scuola di Ballo del Teatro San Carlo di Napoli.

 

 

Gentile signora Razzi, iniziamo la nostra intervista con un ricordo sulla Sua formazione. A quanti anni ha cominciato ad assaporare la passione per la danza?

Mi raccontava mia madre che a tre anni danzavo già per la famiglia. Fu mio fratello Claudio che, attraverso alcuni amici aspiranti attori, conobbe la direttrice della Scuola di Ballo del Teatro dell’Opera di Roma, la signora Teresa Battaggi, durante le prove della commedia di Shakespeare Come vi piace, messa in scena da Luchino Visconti, dove interpretava il ruolo del paggio. Così le parlò di me e di nascosto dai genitori mi accompagnò alla Scuola di ballo per fare un’audizione. Avevo 9 anni ed ero dotatissima!

 

Qual è stata poi la grande occasione che l’ha portata a conseguire la sua splendente e memorabile carriera?

Credo, arrivare alla Scala di Milano. Dovetti ricominciare daccapo, anche se avevo debuttato come prima ballerina sia a Roma che a Parigi. Poi, arrivò alla Scala Rudolf Nureyev e iniziò la mia carriera che fu durissima.

 

La sua famiglia l’ha sempre supportata nella sua scelta artistica?

Purtroppo no, mio padre non voleva, pur essendo artista, mia madre era neutrale.

 

Era l’unica in famiglia che si accostava alla danza?

Sì.

Ballerine si nasce? e cosa significa avere talento per la danza?

Credo proprio di sì. Il talento non si può spiegare, penso sia un insieme di cose che ti aiutano a crescere artisticamente, guidate ovviamente dalla testa e dalla fortuna.

 

Che ricordi ha di Teresa e Placida Battaggi?

Quando le conobbi pensai che fossero venute da un altro mondo. Erano sempre perfette, soprattutto nell’abbigliamento. Erano molto severe e io cercavo di non farle fare due volte la stessa correzione durante gli esercizi.

 

Quali altri maestri ricorda con piacere e prova un sentimento di gratitudine?

Renè Bon, ballerino e maitre de ballet, il quale durante il Festival di Nervi mi impartì delle lezioni individuali per poter girare di più. Nora Kiss, Rosella Hightower, Victor Gsovsky e tanti altri.

Che aria si respirava presso la Scuola di Danza del Teatro dell’Opera di Roma?

Ho girato il mondo, ma una Scuola come quella dell’Opera di Roma non l’avevo mai vista perché ad esempio il pavimento era di sughero per non farci freddare i piedi quando dovevamo cambiarci le scarpe.

 

Ha frequentato la celebre Accademia dei Filodrammatici in cui ottenne il Diploma in dizione e recitazione con medaglia d’oro. Oltre che danzatrice anche attrice in produzioni storiche sia per la Rai sia per la Piccola Scala e altre storiche istituzioni. Quanto è stato importante per la Sua carriera di ballerina l’aver studiato anche da attrice?

Mi è servito moltissimo proprio per la costruzione dei personaggi, soprattutto quando debuttai in Romeo e Giulietta di Cranko; mi lessi il testo e ci aggiunsi i passi e fu un grande successo; e così anche per Miss Julie di Birgit Cullberg con Rudolf Nureyev.

Stilando una classifica, quali sono i ruoli che ha prediletto sia in veste di danzatrice sia in quelli di attrice?

Chiaramente Giselle e poi proprio la Miss Julie perché il ruolo era molto complesso.

Se dovesse rammentare i momenti più emozionanti della Sua carriera ad oggi, quali ritiene maggiormente salienti per la Sua vita professionale ed umana?

Penso tutti, perché ogni volta mi applicavo sempre come se fosse un debutto.

 

Prima solista, poi prima ballerina e infine étoile scaligera. Cosa conserva di queste tre importanti nomine e tappe a coronamento di un percorso artistico di altissimo livello?

Per arrivare ad essere Prima Ballerina ho dovuto lavorare, lavorare, e ancora lavorare, poi il resto è venuto da sé.

 

Attualmente, a chi riconosce l’eccellenza nel panorama italiano e internazionale della danza?

È assai difficile. I tempi sono cambiati moltissimo per cui di ballerini e ballerine brave ce ne sono tantissimi… forse con una tecnica maggiore, ma quello che manca oggi sono le grandi personalità.

Tra tutti i balletti interpretati, quale ha amato di più?

I balletti sono come i figli, si amano tutti.

 

E con quale coreografo ha attinto stimoli e consigli preziosi per il suo cammino coreutico?

Massine, il primo coreografo che ho conosciuto da giovanissima e con il quale ho lavorato per molti anni.

 

Lei ha lavorato con Rudolf Nureyev in una storica edizione dello Schiaccianoci. Com’è stato provare, danzare e relazionarsi con il “ballerino dei ballerini”?

Una lotta! Lui era molto esigente anche con se stesso, per cui pretendeva anche dagli altri ballerini sempre il massimo.

 

Un ricordo anche per Paolo Bortoluzzi, purtroppo oggi quasi dimenticato malgrado la sua splendida arte?

Paolo Bortoluzzi è stato un grande étoile. C’è stato un momento che era alla pari con Nureyev come nel balletto di Maurice Bejart: Canti di un giovane errante al Teatro alla Scala nel 1971. Fu un grande evento perché, a parte il Teatro gremito, dietro le quinte c’erano tutti i ballerini comprese le maestranze.

Attualmente qual è il suo rapporto con il Teatro alla Scala?

Vado spesso a vedere gli spettacoli e sono in contatto con una allieva diplomata nella nostra scuola che ora lavora nel Corpo di ballo.

 

Un Suo personale consiglio a tutti i giovani che desiderano seguire “il sogno della danza”?

Studiare studiare e ancora studiare. Il messaggio che voglio lasciare a tutti i giovani, ballerini e non: non arrendetevi mai di fronte alle difficoltà, combattete sempre, a testa alta, perché solo chi combatte per le cose in cui crede, vince.

 

A Suo avviso, per un artista, è difficile scindere la carriera pubblica dalla vita privata?

Sì è difficile, soprattutto se c’è una grande passione per il proprio lavoro

Signora Razzi, ha avuto la fortuna di ballare al fianco dei più celebri danzatori e di conoscere i più grandi coreografi. Sono sempre state tutte “rose e fiori”?

Non sempre tutte “rose e fiori” soprattutto con i coreografi.

Quanto conta l’umiltà per un vero artista?

Molto. Se vuole crescere e mantenere la posizione a cui è arrivata deve essere umile.

Il mondo della danza, oltre alla facciata ricca di “incanto e bellezza” è anche costellata da invidie, gelosie e ingiustizie. Lei ne è mai stata vittima?

Sì. Una cosa che devo dire è che la gelosia e l’invidia sono due sentimenti che non mi hanno mai sfiorata.

Come ha vissuto il suo successo?

Tranquillamente. Il successo è pericoloso perché può dare alla testa e bisogna stare sempre con i “piedi ben piazzati a terra”.

 

Nel 1990 è stata nominata direttrice della Scuola di Ballo del Teatro San Carlo di Napoli. Un percorso lungo e ricco di successi e soddisfazioni. Riesce a condensare per i nostri lettori questa straordinaria esperienza presso la più antica Scuola di danza italiana?

Questo risultato lo devo alla grande conoscenza che ho della danza, alla Scuola di teatro che ho frequentato e alle esperienze che ho maturato in palcoscenico sia come ballerina sia come attrice, ingredienti che mi hanno dato l’opportunità di trasmettere ai ragazzi.

 

Alla Scuola del San Carlo ha saputo infondere nuova linfa e visibilità. Quali ostacoli ha incontrato all’inizio della Sua direzione?

Molti. Perché la scuola era praticamente decimata, aveva solamente 19 allievi e ho dovuto inserire le materie non solo didattiche ma anche teoriche che potevano formare gli allievi a livello professionale. Non è stato facile.

 

Per la Scuola del San Carlo ha creato memorabili balletti ricchi di sfumature e poesia e naturalmente ha rimontato i classici del grande repertorio. Quali sono le differenze tra il danzare e il coreografare?

Danzare se si sbaglia è una cosa che riguarda se stessi, mentre coreografare è più complesso perché ti devi affidare all’allievo che speri sempre dia il massimo. Una grande soddisfazione è quando l’allievo supera il maestro.

Onore al merito di aver inserito diverse materie complementari come la storia della musica, della danza e del balletto, solfeggio, danza moderna, spagnola e di carattere, ginnastica. Oggi purtroppo la maggior parte degli allievi non sono a conoscenza di tali studi per approdare ad essere “danzatori completi”. Cosa manca, a suo avviso, a livello didattico nelle scuole di danza e nel “sistema Italia”?

La professionalità, la preparazione e la serietà, la conoscenza del mestiere e di quello che uno vuole trasmettere. Purtroppo insegnare a dei giovani non è semplice perché bisogna capire anche il carattere, le incertezze durante il passaggio dall’infanzia all’adolescenza. Non è facile come sembra.

 

Da pochi mesi ha lasciato la guida della Scuola di Ballo e il Teatro San Carlo l’ha salutata con uno straordinario Gala in omaggio alla Sua direzione che ha dato lustro e onore alla città di Napoli, all’Italia e al mondo della danza per 25 anni. Una sua riflessione?

Chiaramente mi ha fatto piacere questa manifestazione. Un omaggio nei miei confronti e i risultati ottenuti, però io sono rimasta sempre la stessa.

 

Quali sono state le esperienze che ricorda con più emozione legate alla Danza Moderna?

Io il repertorio moderno non l’ho mai amato molto, anche se ho avuto un’esperienza positiva di un passo a due di John Butler: After Eden che portai anche al Festival di Cuba.

 

In veste di ballerina è stata ospite dei più rinomati teatri e compagnie straniere. In particolare ha rivestito notevole importanza la Sua collaborazione con il Ballet Royal de Wallonie, dove sono state creati per lei i ruoli di Giulietta e Antonina Meliukova con le coreografie di Jorge Lefevre. Tutte esperienze che hanno arricchito positivamente il Suo bagaglio?

Romeo e Giulietta era nelle mie possibilità. Avevo già ballato quella di Cranko, invece la soddisfazione che ho avuto è stato proprio Antonina Meliukova (un ruolo estremamente drammatico) che sicuramente in Italia non avrei mai ballato, avendo l’etichetta della ballerina romantica.

Mi racconta un aneddoto curioso o particolare della sua carriera?

Il balletto era Il bacio della fata su coreografia di Loris Gay e durante un pas de deux con Paolo Bortoluzzi, che era continuamente in viaggio e non aveva imparato la coreografia, durante lo spettacolo gliela suggerivo e gli rispondevo “7 e 8…”, ed una sera gli dissi “Ma conosci solo 7 e 8?”… lui iniziò a ridere e si fermò e io continuai a ballare da sola.

Celebre anche la Sua partecipazione al Festival di Cuba, invitata in rappresentanza dell’Italia da Alicia Alonso, in cui ha danzato “Il lago dei Cigni” con il Balletto Nazionale di Cuba. Dal punto di vista tecnico quale apporto la Alonso le ha donato e cosa ha significato per Lei rappresentare l’Italia a Cuba?

A Cuba non ho ballato solo il Lago dei Cigni, ma è stata una partecipazione imprevista. L’esperienza è stata molto bella, perché ho dovuto imparare il 4° atto in quanto non conoscevo la coreografia ed è stata un’esperienza validissima, vorrei aggiungere che la stampa cubana ha annunciato che la coppia italiana si era distinta in maniera particolare.

 

Signora Razzi, oltre alla danza quali altre forme d’arte ama?

Da bambina ho dipinto copiando i quadri di mio padre, poi ho studiato cinque anni pianoforte e mi sono esibita anche ai saggi organizzati dalla scuola di piano. In seguito a Milano sono andata a Scuola di “Tip Tap” con il maestro Chuk Wider e infine mi sono iscritta alla Scuola di recitazione dei Filodrammatici con esperienze anche di teatro e di televisione.

 

Al di fuori del mondo coreutico quali passioni nutre? Cosa le piace fare nel tempo libero?

Mi piace leggere e andare a Teatro perché mi appassiona anche la prosa. Se non fossi riuscita nella danza avrei tentato sicuramente la carriera di attrice.

 

Nel 1988 ha fondato anche “Il Balletto di Lombardia” con coreografie create per divulgare la danza anche nei teatri minori in cui quest’arte era ancora poco conosciuta. Cosa ricorda di quella felice esperienza?

Ricordo che ho fatto tanta fatica: ballare, montare le coreografie e dare lezioni di danza.

Un consiglio: come si riconosce una buona scuola di danza e un valido maestro di danza?

Dagli allievi che prepara.

Tra i numerosi premi e riconoscimenti, è “Cittadina Benemerita della Provincia di Milano” e per Decreto del Presidente della Repubblica “Cavaliere al Merito”. Più volte ha vinto il prestigioso Premio Positano Leonide Massine. Lei ha regalato infinite emozioni e il pubblico a lei cos’ha donato?

Io ho uno strano carattere, il successo mi lusinga per qualche secondo, e poi torno a pensare al mio lavoro.

 

Da ricordare anche la costruttiva esperienza di “Ballerini, dietro il sipario” la trasmissione televisiva di successo su MTV. Cosa ne pensa dei talent televisivi? Sono veramente un aiuto per l’avvio di carriera professionale?

La televisione è una cosa particolare, può dare tante delusioni.

 

Lei è una grande combattente a difesa dei propri ideali, dell’onestà intellettuale e dell’Arte. Quanto conta non lasciarsi mai influenzare e continuare a testa alta?

Purtroppo non è facile, perché spesse volte si rischia di rimanere isolati.

La sua è stata una vita ricchissima di emozioni e di straordinarie esperienze ma anche di rinunce, disciplina e totale dedizione…

Sì in fondo è come dice Lei…

 

Quali valori morali ed etici sono alla base del suo successo?

Il lavoro costante e continuo, l’umiltà e non considerarsi mai arrivati perché c’è sempre da imparare.

Che consiglio si sente di elargire ai genitori che hanno figli aspiranti ballerini?

Di seguirli e fare attenzione che non si montino la testa.

 

Ha un sogno nel cassetto non ancora realizzato e quali progetti ha in serbo per il futuro?

Sì, mi piacerebbe insegnare come si costruisce un ruolo, praticamente la drammaturgia di un personaggio, quello che io ho fatto avendo studiato Teatro, perché anche nella danza si deve saper raccontare e cercare di trasmettere al pubblico un’emozione, anche quando la coreografia è astratta.

 

Ha qualche rimpianto, artisticamente parlando?

Certamente. Di sbagli ne ho fatti tanti nella carriera.

 

Una domanda che nessuno Le ha mai rivolto ma alla quale amerebbe rispondere?

È contenta dei risultati che ho avuto? Penso di SI!

 

Per concludere, dall’alto della Sua esperienza, tre aggettivi per definire lo splendore dell’arte tersicorea?

Per alcuni l’arte è vita, soprattutto la danza che coinvolge tutto il tuo essere… questi non sono aggettivi, ma esprimono quello che io ho dentro.

 

Grazie, signora Razzi, per avermi onorato della Sua gentile e cortese conversazione.

 

 

Michele Olivieri

www.giornaledelladanza.com

 

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