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Audrey Hepburn: il Mito nato dalla Danza

Il mondo la ricorda come icona di stile, volto indimenticabile del cinema del dopoguerra, simbolo di eleganza sobria e bellezza non convenzionale.

Ma prima di Colazione da Tiffany, prima delle copertine e degli abiti Givenchy, Audrey Hepburn era una ragazza che sognava un futuro sulle punte.

La danza classica fu la sua prima vocazione, la sua disciplina fondante, e forse il segreto nascosto dietro la grazia che l’ha resa eterna.

Nata nel 1929 a Bruxelles da madre olandese e padre britannico, Audrey Kathleen Ruston visse la sua adolescenza sotto l’occupazione nazista nei Paesi Bassi. Fu in quel contesto tragico che si accese la sua passione per la danza.

Studiò a Arnhem sotto la guida di Winja Marova e, durante gli anni più duri della guerra, partecipò a spettacoli clandestini per raccogliere fondi per la Resistenza.

La danza, in quegli anni, fu per lei una forma di resistenza e salvezza, una pratica quotidiana che univa corpo e speranza.

In quell’esperienza, Audrey imparò qualcosa che non avrebbe mai dimenticato: l’arte non è un lusso, ma un bisogno umano essenziale.

Finita la guerra, Audrey si trasferì a Londra per studiare danza classica alla Rambert Ballet School, una delle più prestigiose accademie britanniche. Era determinata a diventare una ballerina professionista. Aveva talento, grazia, intelligenza fisica.

Ma non aveva il corpo adatto secondo i canoni del tempo. La malnutrizione durante l’occupazione le aveva lasciato un fisico troppo fragile per affrontare una carriera da étoile.

Fu la stessa Marie Rambert, leggendaria fondatrice della scuola, a consigliarle di orientarsi verso la recitazione.

Quel momento, apparentemente un fallimento, fu l’inizio di tutto.

Audrey non divenne una ballerina, ma la danza non l’abbandonò mai. Ogni suo movimento, ogni sua camminata sullo schermo, ogni gesto – persino un semplice inchino o uno sguardo – portavano l’impronta della formazione accademica.

La sua leggerezza non era una dote innata: era il frutto di ore di allenamento, di postura, di respirazione. In lei, la danza non fu carriera, ma linguaggio interiore.

La danza ha forgiato non solo la sua immagine, ma anche la sua etica. Audrey era famosa per la sua disciplina, la sua puntualità, la sua capacità di lavorare duramente senza lamentarsi: tratti tipici della formazione classica.

Non è un caso che anche nei ruoli più leggeri o romantici, ci fosse in lei una compostezza, un rigore nascosto. Il suo portamento non era una posa da diva, ma il risultato di anni passati alla sbarra.

Anche quando parlava, sembrava coreografare ogni parola con un gesto, ogni silenzio con un’espressione.

Audrey Hepburn non è mai stata una étoile, ma è rimasta per sempre una danzatrice dell’anima. La danza, pur non avendole concesso il palcoscenico sognato, le ha donato un linguaggio silenzioso, un’armonia che ha attraversato tutta la sua esistenza. Anche quando indossava un tubino nero davanti alla vetrina di Tiffany, o camminava tra i villaggi africani a fianco dei bambini, Audrey danzava.

Michele Olivieri

Foto di Bridgeman Images London

www.giornaledelladanza.com

©️ Riproduzione riservata

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