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Recensioni

Calligrafia di corpi: Il Nederlands Dans Theater per la terza volta a Berlino

Per la terza volta i danzatori del Nederlands Dans Theater di Den Haag, una delle compagnie di danza contemporanea più rinomate al mondo, hanno incantato il pubblico berlinese. Questa volta ad esibirsi è stato il gruppo giovanile chiamato NDT2 e composto da ballerini tra i 18 e i 21 anni che un giorno potranno accedere al corpo di ballo principale. Il programma, suddiviso in quattro opere coreografiche create appositamente per questa compagnia, è stato eseguito da giovedì 11 a domenica 14 ottobre 2018 sul palco del sempre gremito Berliner Festspielhaus. Due delle quattro opere rappresentate sono firmate dalla cooperazione tra la spagnola Sol León, coreografa ufficiale del Nederlands Dans Theater e l’inglese Paul Lightfoot, attuale direttore artistico. Si tratta di Sad Case e Subtle Dust, il primo rappresentato per la prima volta nel 1998 e il secondo nato nel 2018. Del programma fa parte anche una creazione del celebre coreografo tedesco Marco Goecke, Wir sagen uns Dunkles, del 2017, e, come opera d’apertura, Mutual Comfort, del rumeno Edward Clug. Mutual Comfort, creato nel 2015, conquista con la precisione della sua architettura ed è perfetto per introdurre gli spettatori nel mondo cinestetico della danza. L’inizio è quasi statico, due ballerini di ...

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L’estensione del gesto verso infinite direzioni

C’è una potente energia nell’ultimo lavoro di Riccardo Buscarini dal titolo L’età dell’Horror. Il riferimento centrale prende spunto ed avvio dall’Arte della fuga di J.S. Bach, un presagio autoritario del compositore da cui il coreografo trae originalità e potenza nella visione. Ad accogliere l’attesa creazione (in prima assoluta) il PimOff di Milano si è fatto luogo deputato per il concept, velato da soffi di intensa emotività, la quale si è riverberata negli elementi, la forza antenata di un misticismo che fuoriesce grazie ad una contemporaneità in cui l’aspetto più celato contiene il suo contrario e al contempo fonde sentimenti tra purezza e avversità. Il pubblico, intimamente, ha delimitato i confini nello spazio vitale dei danzatori Alberto Alonso e Joahn Volmar (straordinari per ineguagliabile profondità) contenendo e non lasciando disperdere una robustezza illimitabile. Questo lavoro, in evoluzione, appare come il contenuto esatto della ricerca introspettiva sulla realtà umana tanto da trasformarsi in una sorta di autoanalisi. Gli esecutori in scena, godono di ampia nitidezza, lasciando scorrere tra intrecci, sudore, fatica, incastri, pulsazioni i tanti enigmi della trascendenza, sempre colmi di una consapevolezza che non viene mai meno, neppure durante l’enigmatico finale, delineando così un microcosmo dove l’oscurità si rivela allo sguardo ...

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Un tuffo nel “Lago” della storia

Un tuffo nel “Lago” della storia

  Interessante messa in scena che, poco dopo un anno dal debutto ritorna con successo, sul palcoscenico del Piermarini a conferma degli intenti del coreografo Alexei Ratmansky incentrati sul recupero e sull’integrazione del patrimonio storico. Una serata con protagonista, oltre alla disciplina classica anche la relativa ricostruzione e corretta interpretazione delle intenzioni originarie. Un  viaggio che volge all’indietro nel tempo, collegando – tramite un minuzioso lavoro di studio sulle notazioni Stepanov ed altri documenti messi a disposizione da Sergey Konaev e dal Museo Teatrale di San Pietroburgo – le reali disposizioni di Petipa e Ivanov risalenti al Teatro Mariinskij di San Pietroburgo nel 1895, grazie agli anelli assenti di una tradizione coreografica che si credeva ormai perduta. In scena emergono fascinosi dettagli che consentono agli spettatori di comprendere la struttura del balletto così creato, in cui convivono l’equilibrio tra la danza e la pantomima, sviluppando e offrendo le impressioni di una differente tecnica stilistica. La creazione ribadisce ed invita a riflettere sulle osservazioni coreografiche dell’epoca aprendo una strada già ben rodata negli ultimi anni. Vladimir Ivanovič Stepanov fu ballerino e maestro di danza russo, il quale ispirandosi ai principi della notazione musicale, mise a punto un suo personale sistema che ...

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Una visione soavemente onirica

Una visione soavemente onirica

  In questa produzione a cavallo tra Shakespeare e Balanchine emerge ben chiara la convivenza degli elementi comici e tragici e la presenza di figure immaginarie, che grazie all’arte letteraria trasposta in quella coreica, sviluppa una rappresentazione dove la somma di tutti gli elementi irreali appaiono conformi al vero. Un balletto che può vantare sull’indiscusso valore del Corpo di Ballo del Teatro alla Scala diretto sapientemente da Frédéric Olivieri: tutti, anche quelli che interpretano ruoli minori, sono pienamente meritevoli di ammirazione e plauso secondo la propria attitudine. Gli incantevoli costumi e l’evocativa ambientazione scenografica, a firma di Luisa Spinatelli, contribuiscono ad infondere all’allestimento un sentore di assoluta qualità. L’adattamento della favola per antonomasia, quel “Sogno di una notte di mezza estate” popolato da folletti e fate, trasformazioni e bisticci tra innamorati, farfalle, incantesimi ed equivoci si dosa con una tale perfezione al genio artistico del maestro Balanchine, al suo neoclassicismo, alla velocità, ai giri, alla bellezza dei movimenti che convergono elegantemente in garbati sentimenti. Nella recita di martedì 12 luglio 2017 sul palcoscenico del Teatro alla Scala, Marta Romagna è Titania, regina delle fate. Timofej Andrijashenko il suo sposo Oberon, geloso e dispettoso. Federico Fresi è l’azzeccatissimo folletto Puck. Matthew ...

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Un’intima creazione armonica

Bigonzetti ha avuto la capacità di esaltare, tramite la ricerca del movimento, la bellezza del barocco giungendo ad un equilibrio artistico, a mio avviso, di raffinata visione. L’eccellente organico del Corpo di Ballo della Scala, diretto dal neoeletto M° Frédéric Olivieri, ha adottato pienamente il linguaggio del coreografo, alternando e quasi sovrapponendo all’unisono l’accompagnamento dei brani händeliani a cura di James Vaughan, Francesco De Angelis, Fabien Thouand, Andrea Manco, Sandro Laffranchini. La produzione, in prima assoluta sulle Suites e composizioni cameristiche, si rivela colta e a tratti poco empatica nella comprensione estetica pur lasciando trasparire una limpidezza tra arte coreica e arte musicale. Dinamiche interessanti – non sempre aderenti – perlopiù consone ad un pubblico preparato. Non essendoci narrazione “i quadri” necessitano di una attenta cultura musicale nell’apprezzare appieno il crescendo di figure, pose, intrecci e incastri sulla scena nuda illuminata da Carlo Cerri con i costumi di Helena De Medeiros. Mauro Bigonzetti ha maturato l’obiettivo finale tessendo una delicata performance dove nell’ossequio ad Händel si ritrova l’essenza della sua squisita opera e a tratti si percepisce, nella visione coreografica, la matrice drammatizzata del grande compositore tedesco naturalizzato inglese. “Progetto Händel” propone agli spettatori una brillante sintesi del periodo Barocco ...

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Singolari abilità concertative: La Valse, Symphony in C e Shéhérazade

Assai ragguardevole si è rivelata la nuova produzione scaligera, vista nella replica pomeridiana di Mercoledì 10 maggio 2017 presso il tempio del balletto milanese. Gli elementi posti in rilievo sono dati dalla morbidezza, dalle sfumature, dalle prove d’assieme che donano al Trittico un livello di compostezza e lucentezza. Il linguaggio è culturalmente generazionale, codificato ed aperto all’originalità della singola invenzione, su cui emerge ben chiaro che non esiste tradizione o novità che non generi mutamento. Inutile qui ripresentare ogni balletto con notazioni storiche, anche perché già ampiamente ben descritto e letto nei giorni scorsi a cura dell’ufficio stampa della Scala. La Valse appare come una danza sul “vivere” nelle sue molteplici forme che permettono un collegamento all’essere e all’esistere per narrare le profondità dell’animo umano mediante l’immaginazione di un mondo decadente e minacciato. La coreografia, sulla partitura di Maurice Ravel, affidata agli artisti Stefania Ballone, Matteo Gavazzi e Marco Messina, presenta diversi “verbi coreici” nella differenziazione dei modi e dei tempi del valzer conferendo una fluttuante personalità, storicamente appropriata che sa di ricordo e sospensione dell’anima. La creazione nel porsi, manifesta e dice chi siamo. Hanno delineato il personaggio con reale umanità simmetrica, secca ma anche fluida e veloce apportando ...

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Omaggio a Pina Bausch nelle “storie” dei suoi danzatori

Omaggio a Pina Bausch nelle “storie” dei suoi danzatori

  Pina Bausch, indiscutibilmente compianta Signora della danza del nostro Tempo, è stata omaggiata lo scorso 6 aprile al Teatro Duse di Bologna con lo spettacolo Lo sguardo dell’imperatrice, che ha visto protagonisti tre danzatori del Tanztheater Wuppertal, in scena con delle proprie creazioni coreografiche: l’italiano Damiano Ottavio Bigi con Cittadella e il colombiano Jorge Puerta Armenta con At 17 centimeters above the floor, performata da Pablo Aran Gimeno. Due assoli assai distanti a livello stilistico e interpretativo, ma perfettamente accomunabili nell’intenzione di debordare i confini della danza per travalicare quelli del teatro. Bigi, infatti, propone se stesso in una figura che va al di là dell’essere umano, un’entità artistica alla ricerca – inizialmente plausibile, poi quasi disperata – di una performance che gli renda giustizia. Una rappresentazione così meta-performativa da risultare davvero sincera, sebbene pensata e – di sicuro – minuziosamente collezionata per la messinscena del teatro bolognese. Il dialogo diretto col pubblico, in particolar modo, è la fonte principale del dubbio nascente nella mente dello spettatore: «sta improvvisando o ha davvero bisogno di essere rassicurato sull’andamento della performance e delle scelte coreografiche prestabilite?». La verità non conta, perché l’escamotage funziona e lo sguardo del pubblico non si distrae ...

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L’immortale “Giselle”, tra trionfi e scivoloni

L’immortale “Giselle”, tra trionfi e scivoloni

  Un “classico” fuori dal Tempo, una celebrazione della “bella danza” immortale: queste le parole con cui meglio si potrebbe riassumere il balletto Giselle andato in scena lo scorso 7 marzo al Teatro Auditorium Manzoni di Bologna ad opera del Balletto dell’Opera Nazionale di Odessa. Nonostante, infatti, l’impostazione vetusta e un po’ paludata dei ballerini – ad eccezione di tre dei protagonisti principali – l’atmosfera magica e sublime che il capolavoro ideato da Théophile Gautier ha conservato nel corso dei secoli è rimasta ancora intatta. Merito di ciò è certamente l’eccelsa preparazione tecnica che contraddistingue la “scuola” est europea, dall’impeccabilità e dal rigore incomparabili, ma non è del tutto sufficiente: la vera fiamma alimentatrice di Giselle, infatti, sta nella teatralità dei gesti, dei volti, delle interpretazioni, in quella “bacchetta magica” atta a trasformare la consueta vicenda di un amore impossibile nella storia di fedeltà e passione che si altalena tra il mortale e il sovrannaturale. Sfortunatamente martedì sera questo quid espressivo non è riuscito appieno a sfondare la “quarta parete” del palcoscenico: i volti sembravano solo incorniciare maschere stereotipate e i movimenti danzati, seppur precisissimi, erano così eccessivamente marcati o mimati da suggerire un’immagine di assoluta finzione. Solo i personaggi ...

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“Giulietta e Romeo”: amor vincit omnia, sempre e comunque

“Giulietta e Romeo”: amor vincit omnia, sempre e comunque

  È rincuorante, a volte, percepire come lo scorrere del tempo non lenisca affatto l’essenza di un’opera d’arte, come ad esempio una coreografia. Pensare, dunque, che lo spettacolo Giulietta e Romeo, creato da Fabrizio Monteverde e andato in scena lo scorso 25 febbraio al Teatro Il Celebrazioni di Bologna, conversi in maniera intatta la sua verve e comunichi perfettamente il suo messaggio dal lontano 1987 è senza dubbio la conferma di come un capolavoro riesca a essere davvero eterno. Nonostante il titolo shakespeariano sia stato “rovesciato”, come a incanalare la massima attenzione sulla protagonista, il primo occhio di bue è tutto per Romeo, un giovane uomo in abiti ben più contemporanei degli sfarzosi quattro o ottocenteschi, tanto elegante nella sua scioltezza quanto penetrante nell’espressività. Le note di Sergej Prokof’ev sembrano scivolare tra le pieghe dei calzoni così come fluire oltre le dita delle mani. La scena è tutta sua, fino all’ultimo minuto dell’intero spettacolo, in cui difficilmente gli altri personaggi riusciranno a pareggiarne il lustro. Il corpo di ballo del Balletto di Roma, infatti, denota nelle coreografie d’insieme qualche sbavatura, dispersa facilmente nei gesti di frenesia, di delirio che connotano un’ambientazione calda, mediterranea, il cui climax sensoriale ascendente raggiunge il ...

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Rivalsa e amore puro: le emozioni senza tempo di “Notre Dame de Paris”

Rivalsa e amore puro: le emozioni senza tempo di “Notre Dame de Paris”

  Quando uno spettacolo, a quindici anni dal debutto, riesce ancora ad incantare, emozionare, quasi “abbracciare” il pubblico esattamente come la prima volta, il suo successo è non solo garantito ma sicuramente anche confermato. Questa è stata la sensazione percepita durante la messinscena di Notre Dame de Paris, musical composto da Riccardo Cocciante e andato in scena dal 22 al 26 febbraio all’Unipol Arena di Casalecchio di Reno (BO). La presenza del cast originale – ad eccezione di Lola Ponce, sostituita da Tania Tuccinardi nel ruolo di Esmeralda, e della stessa Tuccinardi, sostituita da Federica Callori nel ruolo di Fiordaliso – è già il notevolissimo punto di partenza per un viaggio nella Storia che sconfina i margini del tempo e dello spazio, raccontando dell’amore puro, della gelosia incondizionata, dei vizi e delle virtù umane che è a tutt’oggi difficile allocare nella sola lontana Parigi del 1482. Difatti, l’intero impianto scenografico fisso, con l’aggiunta di sporadici elementi d’attrezzeria mobili (come le famosissime gargolle e campane), è l’escamotage perfetto per raccontare al pubblico una favola che non potrebbe essere più contemporanea, la cui magia è magistralmente incorniciata da un perpetuo orizzonte di luci calde, profonde, taglienti, simbolo di un’atmosfera tragicamente realistica ed ...

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