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Il cigno: icona senza tempo tra eleganza e trasformazione

Il cigno, con il suo portamento elegante e il fascino etereo, ha attraversato la storia della danza come simbolo di bellezza, mistero e trasformazione. Non è solo un animale da osservare nei laghi o nei giardini: nei palcoscenici del balletto, il cigno diventa linguaggio, emozione e mito incarnato. Fin dall’antichità, il cigno è stato carico di significati simbolici. Nella mitologia greca, la sua immagine è legata a Zeus e a leggende di metamorfosi, mentre nella tradizione europea diventa emblema di purezza, fedeltà e magia. Questi archetipi hanno trovato naturale collocazione nella danza, dove il movimento corporeo traduce in gesto ciò che la parola non può raccontare. Il cigno entra prepotentemente nel repertorio del balletto romantico del XIX secolo, raggiungendo la sua consacrazione con Il lago dei cigni. La figura di Odette/Odile, bianca e nera, fragile e ingannevole, trasforma il palcoscenico in uno specchio di emozioni. La coreografia del cigno, con braccia arcuate e movimenti fluidi che richiamano le ali, diventa simbolo di leggerezza, grazia e tensione drammatica. Non a caso, questo ruolo è considerato una delle prove più complesse per una ballerina: richiede perfetta fusione tra tecnica e capacità narrativa. Il cigno nel balletto non è mai solo ornamento scenico: ...

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Angelina Fioretti: la danzatrice milanese che incantò Parigi

In un’epoca in cui la danza classica stava attraversando una delle sue trasformazioni più affascinanti, tra romanticismo e virtuosismo tecnico, una giovane ballerina italiana si fece largo con grazia e determinazione: il suo nome era Angelina Fioretti. Nata probabilmente a Milano intorno al 1843, Angelina crebbe nella capitale lombarda, dove si formò artisticamente sotto la guida di uno dei maestri più influenti dell’epoca: Carlo Blasis, noto per il suo approccio rigoroso e quasi scientifico alla tecnica della danza. Fu proprio grazie a questa solida base che Fioretti riuscì a entrare giovanissima nel prestigioso corpo di ballo del Teatro alla Scala, tempio della musica e della danza. Il talento non tardò a farsi notare, e ben presto varcò i confini nazionali. Parigi, con la sua Opéra, l’attendeva. Il debutto parigino avvenne il 28 dicembre 1863, quando Angelina si esibì in un divertissement ispirato al Mosè di Rossini, con coreografie curate da Lucien Petipa, fratello del celebre Marius. In breve tempo, Fioretti divenne una presenza fissa sulle scene dell’Opéra, interpretando ruoli da protagonista in balletti firmati dai coreografi più in voga del momento. Tra le sue interpretazioni più acclamate si ricordano Gloriette in Marché des Innocents (1864), Néméa nel balletto Néméa ou ...

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Il fotografo della danza Alessio Buccafusca “allo specchio”

Balletto classico preferito? Il Lago dei cigni. Balletto contemporaneo preferito? La Sagra della Primavera di Maurice Béjart. Il Teatro del cuore? Il Teatro San Carlo di Napoli. Un romanzo da trasformare in un balletto? Il Codice da Vinci scritto da Dan Brown. Un film da cui trarre uno spettacolo di balletto? Casablanca per la regia di Michael Curtiz, con Humphrey Bogart e Ingrid Bergman. Il costume che hai visto indossato in scena e che hai preferito? Il tutù nero del Lago dei Cigni. Quale colore associ alla danza? Il bianco come quello del Lago dei Cigni. Secondo te che profumo ha la danza? Il profumo del mare. La musica più bella scritta per il balletto? Quella del Lago dei cigni di Pëtr Il’ič Čajkovskij. Due miti della danza del passato, maschile e femminile? Carla Fracci e Paolo Bortoluzzi. Due miti della danza del presente, maschile e femminile? Eleonora Abbagnato e Roberto Bolle. Da fotografare qual è il tuo “passo di danza” preferito? L’Arabesque. Tra i ruoli del grande repertorio del balletto classico quale ti affascina maggiormente? Sicuramente quello di Giselle. Chi è stato il genio per eccellenza dell’arte coreografica? Maurice Béjart che ha regalato a milioni di persone i suoi ...

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L’estetica è la grammatica della danza classica

Ogni gesto, ogni posa, ogni equilibrio nella danza classica accademica è il frutto di un processo di stilizzazione che ha come scopo non la semplice bellezza, ma l’ideale. Qui l’estetica non è ornamento: è fondamento. È la grammatica invisibile che guida l’occhio e l’emozione. Dietro la leggerezza apparente si cela un corpo che ha imparato a dominarsi e a farsi forma pura. Sul palco, la danza classica costruisce un mondo coerente: i costumi amplificano la geometria del corpo, la musica lo guida con rigore e passione, la scenografia crea lo sfondo di un altrove immaginario. Tutto concorre a generare una dimensione estetica totale, in cui nulla è lasciato al caso. Il balletto, in questo senso, è un rituale visivo: eleganza, controllo e armonia si fondono per produrre un’esperienza quasi spirituale. L’estetica della danza classica resiste come un gesto nitido: l’en dehors e la simmetria delle linee non sono scelte stilistiche. Sono uno spazio di perfezione in cui il tempo si ferma e il corpo sogna. Michele Olivieri www.giornaledelladanza.com ©️ Riproduzione riservata

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La danza classica torna utile in ogni ambito della crescita

Ci sono passioni che nascono presto, a volte già davanti a uno specchio o osservando un passo di danza in televisione. La danza classica è una di quelle magie che cattura i bambini per la sua eleganza, la musica e la sensazione di libertà che nasce dal movimento. Ma dietro il fascino del tutù e delle scarpette di raso, c’è molto di più: un percorso educativo completo che accompagna i piccoli nella crescita fisica ed emotiva. Fin dai primi anni, la danza classica aiuta i bambini a conoscere il proprio corpo e a comunicare attraverso di esso. Imparano che un gesto, un passo o una semplice posizione possono raccontare emozioni. In un mondo in cui i bambini trascorrono sempre più tempo seduti o davanti agli schermi, la danza rappresenta un’occasione preziosa per riscoprire il piacere del movimento e della presenza fisica. La danza classica è una scuola di vita. Insegna la disciplina, la concentrazione e la costanza — qualità che torneranno utili in ogni ambito della crescita. Allo stesso tempo, per i più piccoli la lezione è anche un momento di gioco, fantasia e scoperta. Attraverso esercizi semplici e divertenti, i bambini apprendono le basi della tecnica senza perdere il ...

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I regali lussuosi alle ballerine romantiche dell’Ottocento

Nel velo sottile della danza romantica dell’Ottocento, oltre ai passi leggeri e alle luci soffuse dei palcoscenici, si nascondeva un universo di passioni e simboli segreti. Tra le pieghe dei tutù vaporosi e le frange delicate dei veli, fiorivano anche i regali preziosi, offerti dagli ammiratori alle loro muse eteree: le ballerine. Quei doni erano più di semplici oggetti: erano messaggi d’amore sussurrati in segreto, promesse di devozione, simboli tangibili di un sentimento spesso proibito o inaccessibile. Gli ammiratori dell’epoca non badavano a spese. Collane di perle, fili di diamanti, orecchini scintillanti, bracciali d’oro finemente lavorati, tutti pensati per illuminare il viso delle stelle del balletto. Le perle, con la loro purezza e la loro lucentezza discreta, erano il regalo più ambito, simbolo di innocenza e mistero, proprio come le figure eteree che queste ballerine incarnavano sul palco. C’erano anche i ventagli intarsiati d’avorio e dipinti a mano, oggetti di rara eleganza, usati non solo come accessori, ma come strumenti di una conversazione segreta fatta di sguardi e movimenti leggeri. Un ventaglio poteva racchiudere un messaggio, una dichiarazione d’amore, un invito sottile. Non mancavano, naturalmente, i fiori: mazzi di rose, gigli e orchidee, ma non semplici fiori. Venivano spesso portati ...

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Petipa e Ivanov: architettura e respiro del Balletto Classico

C’era un tempo in cui il balletto non aveva la pretesa di essere eterno. Ogni gesto, ogni passo, ogni arabesque svaniva nell’aria appena tracciato. Le coreografie non si scrivevano, si trasmettevano. Vivevano nel corpo di chi danzava e scomparivano con lui. Eppure, proprio in quell’epoca effimera, tra il marmo dei teatri imperiali e la polvere delle tavole di scena, due uomini hanno scolpito la forma stessa di ciò che oggi chiamiamo balletto classico: Marius Petipa e Lev Ivanov. Marius Petipa, nato a Marsiglia nel 1818, non era destinato alla Russia, ma fu la Russia a destinarlo al mito. Figlio di un maestro di danza, assorbì il vocabolario teatrale fin dalla culla. Ma fu nel gelo pietroburghese che la sua vocazione trovò forma: la coreografia come architettura. I suoi balletti – da La Bayadère a Raymonda, da Don Quixote a Le Corsaire – non erano solo danze, ma cattedrali costruite con corpi. Petipa era un compositore di spazi, un regolatore della geometria scenica. In lui, la danza diventava ordine, disciplina, narrazione mitica. I suoi celebri pas d’action, la simmetria delle formazioni, il modo in cui coreografava le masse e la narrazione, trasformavano ogni balletto in una macchina teatrale perfettamente oliata. La ...

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L’amore per la danza classica è per tutta la vita

L’amore per la danza classica non esplode come un colpo di fulmine. È una fiamma lenta che si accende nelle aule con il pavimento in legno, davanti a specchi sinceri che riflettono ogni sbaglio, ogni progresso, ogni emozione. Si insinua nei muscoli che tremano alle prime posizioni, nelle mani che cercano equilibrio e negli occhi che imparano a parlare senza voce. Chi ama la danza classica, sa che essa non concede nulla con facilità. È una maestra esigente, a volte severa, che richiede disciplina, costanza e sacrificio. Ma è proprio in questa lotta quotidiana — contro il limite, la stanchezza, il tempo — che nasce l’amore vero. La passione per la danza classica è fedele, anche quando il corpo non segue più come prima. Rimane anche quando le luci del palcoscenico si spengono, perché vive nei gesti, nella postura, nel modo di camminare. Si trasforma in insegnamento, in memoria, in rispetto profondo per un’arte che ha parlato con il linguaggio del corpo. Chi ha amato — e ama — la danza classica, porta dentro di sé una forma di bellezza che non invecchia. È la bellezza dell’impegno, dell’eleganza, della grazia nascosta dietro ogni gesto studiato per anni. È l’amore per ...

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Il coreografo e direttore Hervé Koubi “allo specchio”

Balletto classico preferito? Coppélia. Balletto contemporaneo preferito? Ce ne sono così tanti che preferisco non menzionarne nessuno. Il Teatro del cuore? Non ne ho uno. La mia compagnia si esibisce in teatri prestigiosi (Bolshoi, Joyce Theatre, New York City Center, Biennale di Venezia), ma accettiamo anche di esibirci in teatri molto piccoli in località remote. Tutti, secondo me, sono importanti quanto gli altri. Un romanzo da trasformare in un balletto? Quel che il giorno deve alla notte di Yasmina Khaled e Breve soggiorno tra i vivi di Marie Darrieusecq. Un film da cui trarre uno spettacolo di balletto? Nessuno, anche se il cinema può aiutare a nutrire l’ispirazione. Nella nostra ultima creazione Take Back the Night il film di riferimento è Kill Bill di Quentin Tarantino. Il costume di scena che hai indossato e che hai preferito? Nessun costume preferito, ma ho un debole per le gonne per i ballerini che provengono inizialmente da pratiche urbane. È persino una firma nel mio lavoro. Quale colore associ alla danza? Un colore che non esiste. Che profumo ha la danza? Un odore che non esiste. La musica più bella scritta per il balletto? Non esiste una musica più bella di un’altra. Il ...

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La solista Beatrice Libonati “allo specchio”

Il balletto classico preferito? Le Spectre de la rose. Il balletto contemporaneo prediletto? Barbablù di Pina Bausch. Il Teatro del cuore? Il Théâtre de la Ville di Parigi. Il costume di scena indossato che hai preferito? Quello di Giuditta nel Barbablù. Quale colore associ alla danza? Color lavanda. Che profumo ha la danza? Profumo di scarpette. Due miti della danza del passato, uomo e donna? Gene Kelly e Carla Fracci. Il tuo “passo di danza” preferito? Grand Jeté. Chi ti sarebbe piaciuto essere nella vita tra i ruoli del grande repertorio di balletto classico? Giselle. Chi è stato il genio per eccellenza nell’arte coreografica? Pina Bausch. Come ti vedi oggi allo specchio? Allo specchio vedo la pelle che scende e i baffi che crescono. Michele Olivieri Foto di Jan Minarik www.giornaledelladanza.com © Riproduzione riservata

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