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Rubriche

L’evoluzione della danza e del balletto al maschile

1. Origini antiche: il corpo maschile come forza rituale Nelle società antiche la danza maschile era spesso: * rituale (riti religiosi, guerrieri, di passaggio) * comunitaria * legata a forza, resistenza, abilità fisica – Esempi: danze guerriere greche (Pirrico), danze tribali africane, danze sciamaniche asiatiche. 2. Medioevo e Rinascimento: la danza come arte di corte Tra XV e XVI secolo: * i nobili uomini partecipavano ai balli di corte * la danza richiedeva controllo, eleganza, postura. Nasce la danza codificata che porterà al balletto. Gli uomini iniziano a diventare maestri di danza nelle corti europee. 3. Il Balletto (XVII-XIX sec.): centralità e poi marginalizzazione Periodo barocco e classico * Alla corte di Luigi XIV gli uomini sono protagonisti (il re stesso danza). * Ruoli maschili energici, salti, tecnica virtuosistica. Ottocento romantico * Le donne diventano centro del balletto (ballerina eterea). * Gli uomini spesso hanno ruoli di sostegno (partner, porteur), anche se esistono grandi virtuosi. 4. Novecento: rivoluzione della mascolinità in danza Con la modern dance e l’avanguardia: * Isadora Duncan, Rudolf Laban, Martha Graham ridefiniscono il corpo maschile come espressivo, non solo “forte”. * Con Vaslav Nijinsky la danza maschile torna al centro: fisicità esplosiva, ruoli psicologici. * Negli ...

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Esmée Bulnes: la Signora della Danza tra “due mondi”

Nel vasto panorama della danza del Novecento, il nome di Esmée Bulnes brilla come quello di una figura schiva e poco celebrata, ma fondamentale. Non una prima ballerina, non una celebrità da palcoscenico: fu invece una delle più influenti maestre di balletto del secolo scorso, una donna che plasmò generazioni di danzatori con mano ferma e spirito visionario, muovendosi tra l’Europa e l’America Latina con la stessa grazia con cui si attraversa una sala da ballo. Nata nel 1900 a Rock Ferry, in Inghilterra, Esmée Bulnes crebbe artisticamente in un periodo in cui la danza classica stava ridefinendo se stessa tra rigore accademico e modernità. Studiò con alcuni tra i maestri più rispettati d’Europa, come Enrico Cecchetti e Ljubov Egorova, assorbendo quel sapere tecnico che avrebbe poi trasmesso con instancabile dedizione. Il suo stile era fortemente radicato nella scuola francese, ma arricchito da una comprensione profonda del corpo e della musicalità. Non fu mai interessata a mode o stravaganze: per lei la danza era un’arte fatta di disciplina, equilibrio e ascolto interiore. Fu in Argentina, a partire dagli anni ’30, che Esmée Bulnes costruì la prima grande fase della sua carriera. Entrò a far parte della Scuola di Ballo del ...

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La danza regala benessere, salute e gioia

La danza accompagna l’umanità da sempre: è linguaggio del corpo, forma d’arte, rito collettivo e, soprattutto, un potente strumento di benessere. Oggi, più che mai, si riscopre il suo valore terapeutico e rigenerante, capace di migliorare la salute fisica, sostenere l’equilibrio emotivo e riportare nella vita quotidiana un senso autentico di gioia. Danzare significa muovere ogni parte di sé in armonia. Senza che ce ne accorgiamo, un’ora di danza coinvolge muscoli profondi, stimola la coordinazione, migliora la postura e aumenta la resistenza. Ogni stile – dalla danza classica alla contemporanea, dal tango alla zumba – offre benefici specifici, ma tutti condividono la capacità di mantenere il corpo attivo e vitale. La danza, inoltre, è un’attività a basso impatto: può essere praticata a qualsiasi età e adattata alle capacità individuali, rendendola un’alleata preziosa per la salute di tutti. Oltre ai benefici fisici, la danza ha un impatto profondo sul benessere mentale. Muoversi a ritmo stimola la produzione di endorfine, gli “ormoni della felicità”, che riducono lo stress e favoriscono una sensazione diffusa di leggerezza. La musica e il movimento sincronizzato creano un legame naturale tra corpo e mente, liberando tensioni che spesso non riusciamo ad esprimere con le parole. Non a ...

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La danza è un’amica silenziosa che non ci lascia mai soli

Ci sono passioni che si vivono a fasi, altre che si dimenticano, e poi c’è la danza: una presenza discreta e costante che, senza clamore, diventa compagna di vita. Non è solo movimento, non è solo arte: è un linguaggio universale che ci accompagna nei momenti di gioia, nelle difficoltà, nelle pause del quotidiano. Danzare è come parlare senza parole. Quando il mondo è rumoroso e confuso, la danza ci offre uno spazio personale dove ascoltare il nostro respiro, il battito del cuore, i pensieri nascosti. Ogni gesto diventa un ponte tra ciò che sentiamo e ciò che possiamo esprimere, un dialogo intimo che solo noi possiamo comprendere fino in fondo. Con il tempo, la danza insegna a conoscere il corpo, a rispettarlo, a sorprenderci delle sue possibilità. Ci mostra che la vita non è solo direzione e controllo: è anche ritmo, fluidità, equilibrio tra tensione e leggerezza. La danza cresce con noi, accompagna le tappe della vita. Dalla prima esibizione traballante al palco dei sogni, alla libertà di muoversi soli in salotto, fino ai momenti in cui il corpo chiede attenzione e pazienza, la danza rimane lì. Ci consola quando siamo tristi, ci esalta quando siamo felici, ci ricorda ...

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I balletti nelle riviste scintillanti della divina Wanda Osiris

Quando si parla di Wanda Osiris, il pensiero corre immediatamente ai boa di piume, alle scale scintillanti, ai turbanti, ai lustrini che riflettono la luce del proscenio. Ma dietro quell’immaginario abbagliante esisteva una macchina scenica perfetta, alimentata da un linguaggio coreografico unico nel panorama del varietà italiano. I balletti delle sue riviste non erano semplici intermezzi danzati: erano architetture di spettacolo, elementi fondanti di un’estetica che ha trasformato il teatro leggero in un rituale di seduzione, glamour e precisione. Nel mondo di Wanda Osiris ogni gesto era calibrato, ogni passo costruito per amplificare un’atmosfera di lusso “irraggiungibile”. I balletti che la circondavano – talvolta veri e propri cortei coreografati – non puntavano alla complessità tecnica fine a sé stessa, bensì alla raffinatezza del movimento, alla sincronia e a un’eleganza quasi scultorea. Le ballerine e i boys diventavano parte integrante della cornice che esaltava l’ingresso della diva, spesso orchestrato come un’apparizione: discese da scale monumentali, pedane mobili, scenografie che si aprivano come ventagli dorati. A differenza di molta rivista coeva, dove la danza rappresentava una pausa tra un numero comico e l’altro, negli spettacoli della Osiris i balletti assumevano un ruolo drammaturgico. Erano dispositivi narrativi che preparavano il pubblico all’arrivo della ...

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4 visioni della follia in Giselle: Fracci, Guillem, Zakharova, Nuñez

Carla Fracci – La follia come poesia che si sgretola Carla Fracci ha trasformato Giselle in un simbolo nazionale del lirismo romantico. Nella sua scena della pazzia, il gesto non si rompe mai completamente: si affievolisce.
 La sua follia non è un’esplosione ma un progressivo spegnersi della luce. Tutto avviene con una delicatezza quasi soprannaturale: le braccia tremano come foglie, gli occhi non cercano lo shock ma la tenerezza violata. Fracci non “impazzisce”: si dissolve. 
È una follia poetica, pudica, più vicina alla malinconia che al delirio. 
Chi la guarda non prova sgomento, ma una compassione profonda. Sylvie Guillem – La follia come rottura fisica e mentale Sylvie Guillem porta nella scena della pazzia un’energia modernissima. Il suo corpo, ipertecnico e flessibile, diventa materiale drammatico.
La sua Giselle è un essere che si spezza in diretta. Il gesto, per lei, è una traiettoria che deraglia: passi sbilanciati, braccia che scattano improvvisamente, sguardo perso in una lucida irrealtà. La follia di Guillem è una crisi nervosa pura, priva di sentimentalismi. È spigolosa, durissima, disturbante.
 Nessuno, prima di lei, aveva osato una verità psicologica così cruda dentro un balletto classico. Svetlana Zakharova – La follia come eleganza tradita Zakharova affronta la scena in ...

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Ida Rubinstein: diva, musa e mecenate, danzò alla Scala

Nel grande mosaico culturale del primo Novecento, fatto di rivoluzioni artistiche, guerre, avanguardie e inquietudini, poche figure incarnano lo spirito del tempo come Ida Rubinstein. Non fu solo una danzatrice, né soltanto un’attrice. Non si può definire semplicemente mecenate, né ridurla a musa. Fu tutto questo insieme, e qualcosa di più: un simbolo del decadentismo, della trasgressione, del potere dell’estetica come forma di vita. A metà tra leggenda e presenza concreta, Ida Rubinstein non era un’artista nel senso tradizionale: la sua arte non stava tanto nella tecnica quanto nella visione, nella presenza scenica, nella capacità di trasformare ogni performance in un evento culturale e simbolico. Nata a San Pietroburgo nel 1883 da una ricchissima famiglia ebraica di origine polacca, Ida fu orfana in giovane età e cresciuta in un ambiente raffinato, colto e cosmopolita. Parlava correntemente più lingue, studiò arte, letteratura e teatro. Tuttavia, la sua sete di libertà e trasgressione la spinse presto a cercare palcoscenici alternativi a quelli imposti dalla società aristocratica russa. Il suo debutto artistico fece scalpore: nel 1908, a San Pietroburgo, interpretò Salomè in un adattamento tratto da Oscar Wilde, spogliandosi velatamente in scena. Fu uno scandalo. Ma anche una dichiarazione di poetica: Rubinstein non ...

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Analisi del “Valzer dei Fiori” – Lo Schiaccianoci

Il Valzer dei Fiori è uno dei momenti più celebri e riconoscibili dello Schiaccianoci, a conclusione del secondo atto. Rappresenta la piena realizzazione del mondo fiabesco che Čajkovskij costruisce attraverso musica e danza, e costituisce una sintesi perfetta tra eleganza, ricchezza orchestrale e immaginazione narrativa. In scena, il valzer celebra Clara e il Principe schiaccianoci nel Regno dei Dolci, come un grande omaggio festoso. Non possiede una funzione narrativa nel senso stretto, ma ha un forte ruolo simbolico: è la manifestazione della bellezza e dell’armonia del mondo fantastico in cui i protagonisti sono accolti. La musica crea un clima di grandiosità leggera, sospeso tra sogno e festa, e prepara l’ingresso al culmine del balletto, il Pas de deux finale. Il valzer segue la tipica forma tripartita del valzer ottocentesco, con introduzione, sezione principale e coda. L’introduzione è dolce e quasi sussurrata: un arpeggio dell’arpa apre la scena come un sipario che si solleva lentamente, evocando un giardino incantato che si risveglia. Il tema principale, affidato agli archi e poi ai legni, è sinuoso, ampio, e costruito su frasi che sembrano disegnare movimenti circolari: la musica stessa “gira”, richiamando le volute dei fiori mosse dal vento. La strumentazione è particolarmente ricca: ...

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Maria Bonfanti: la danzatrice che aprì il sipario sull’America

Nell’Ottocento, quando la danza classica era ancora avvolta nei veli romantici dei teatri europei, una giovane donna italiana attraversò l’oceano per portare l’eleganza del balletto in un mondo che stava appena imparando a guardarlo. Maria Bonfanti non fu solo una ballerina: fu pioniera, ambasciatrice culturale, e per certi versi una rivoluzionaria. La sua storia è quella di un ponte tra vecchio e nuovo mondo, tra disciplina e libertà, tra tradizione e futuro. Nata nel 1847 a Milano, Maria Bonfanti si formò alla prestigiosa scuola di ballo del Teatro alla Scala, sotto l’egida del metodo Blasis. Si trattava di una scuola dura, rigorosa, dove l’eleganza era una questione di geometrie corporee, di equilibrio perfetto tra grazia e forza. La giovane Maria imparò a dominare il corpo e la scena, costruendo giorno dopo giorno quella che sarebbe diventata una carriera luminosa, ma tutt’altro che scontata. Negli anni Sessanta dell’Ottocento, Maria salpò per gli Stati Uniti, portando con sé il bagaglio della danza classica europea e la determinazione di chi sa di poter cambiare qualcosa. Fece il suo debutto a New York nel 1866 nello spettacolo The Black Crook, considerato da molti il primo musical americano. Il pubblico, che non era abituato a ...

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Divertissement: le danze di carattere nello Schiaccianoci

Quando nel 1892 Čajkovskij compose Lo Schiaccianoci e Marius Petipa con Lev Ivanov ne ideò la coreografia originale, l’Europa attraversava un periodo di fervente interesse per l’esotismo, il folklore e il colore delle culture “altre”. Questo spirito permea il celebre Divertissement del secondo atto, dove una sequenza di danze popolari stilizzate trasforma il Regno dei Dolci in un vero palcoscenico globale. Sebbene nulla sia davvero “autentico”, ogni numero rivela un dialogo vivo tra fantasia teatrale e tradizioni popolari, filtrate attraverso l’estetica imperiale russa di fine Ottocento. La Danza Spagnola: tra flamenco immaginato e teatralità La Danza Spagnola – spesso identificata come cioccolata – non riproduce alcuna forma reale del flamenco, ma ne evoca il temperamento. I movimenti scattanti, il port de bras marcato e l’uso dei polsi richiamano un’idea romantica di Spagna fatta di passione e contrasti. È un folklore reinventato, in cui l’impatto scenico prevale sulla fedeltà etnografica. Nell’economia del balletto, rappresenta un primo assaggio di mondi lontani, animati da ritmo e sensualità. La Danza Araba: languore orientale e suggestioni ottomane Il numero dedicato al caffè, spesso chiamato Danza Araba, mescola elementi dell’immaginario mediorientale ottocentesco. Linee sinuose, morbidi ondeggiamenti e una musica ipnotica costruiscono un’atmosfera sospesa, quasi rituale. Più ...

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