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Rubriche

Nella Santa Notte di Natale, ricordando Lo Schiaccianoci

Nell’Ottocento, il Natale era una festa intima, ma straordinariamente viva di luci, profumi e rituali. Le città e i villaggi si trasformavano in piccoli mondi magici: le strade erano illuminate da lampioni a olio, le finestre decorate con rami di abete e agrifoglio, e le case brillavano di candele tremolanti, il cui chiarore si rifletteva sui vetri ghiacciati. Le famiglie si riunivano attorno al grande camino, scaldandosi col fuoco e raccontandosi storie. Il profumo dolce e speziato dei biscotti al burro, dei pan di zenzero, dei frutti canditi e della cioccolata calda si mescolava a quello più pungente dell’abete e del muschio. Le tavole venivano apparecchiate con tovaglie ricamate, candelabri in ottone e piatti colmi di dolci tipici: frutta secca, torte speziate, panettone e piccole paste ripiene di marmellata o crema. I bambini attendevano con trepidazione l’arrivo della Santa Notte, la notte del 24 dicembre, quando tutto sembrava sospeso tra realtà e magia. In molte famiglie si preparavano piccole rappresentazioni o recite natalizie: canzoni, poesie e melodie del periodo risuonavano in ogni stanza, accompagnate da strumenti semplici come campanelle e flauti. Quando la neve cadeva lenta e silenziosa, tutto diventava quasi irreale. Le case erano immerse in un silenzio sacro, ...

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Il valzer dei fiocchi di neve: grande danza+grande musica

Nello Schiaccianoci, il valzer dei fiocchi di neve non è solo una scena di danza: è il momento in cui la realtà si allenta e il sogno prende forma, con la delicatezza di qualcosa che potrebbe svanire da un istante all’altro. In questo quadro incantato, i fiocchi non cadono: si offrono. Scendono come pensieri leggeri, pronti a trasformare il mondo attorno a Clara in un luogo dove l’infanzia e la meraviglia tornano a guardarsi negli occhi. C’è una qualità sospesa in quel valzer: i movimenti sembrano nascere dal silenzio, come se l’aria stessa suggerisse ai ballerini la direzione, la curva, la pausa. È una danza che non racconta un’azione, ma uno stato d’animo — quello dell’attesa, della scoperta, della magia che si prepara. Nel bianco che vortica c’è una promessa: che qualcosa di straordinario sta per accadere, ma bisogna saper osservare con lo stupore di chi non ha ancora imparato a dare per scontato il miracolo. I fiocchi, ballerini minuscoli e luminosi, compiono un gesto essenziale: riempiono lo spazio senza possederlo, accarezzano la scena senza occuparla. In questo loro valzer c’è una sorta di umiltà cosmica, come se ogni fiocco accettasse di essere parte di un insieme più grande, di ...

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La prima ballerina Silvia Azzoni “allo specchio”

Il balletto classico preferito? La Bayadère. Il balletto contemporaneo prediletto? Isadora now di Joy Alpuerto Ritter + Bella Addormentata di Mats Ek. Il Teatro del cuore? Bunka Kaikan a Tokyo. Un romanzo da trasformare in balletto? Ikigai di Ken Mogi (la filosofia giapponese dell’arte di vivere). Mentre un film da cui ricavare uno spettacolo di balletto? Chocolat di Joanne Harris. Il costume di scena indossato che hai preferito? Nikiya primo atto (versione di Makarova). Quale colore associ alla danza? L’arcobaleno, perché senza avere tutti i colori è limitante poter esprimere le emozioni dei vari ruoli. Che profumo ha la danza? Un misto di profumo di teatro (polvere, legno, pittura) e i profumi che indossi tu e i tuoi partner… tutto crea il profumo giusto per il giusto balletto. La musica più bella scritta per balletto? Tantissime …è impossibile sceglierne solo una! Il film di danza irrinunciabile? Natalia Makarova: disasters on stage… bisogna imparare che noi ballerini non siamo macchine ma persone che possono fare errori e su questi errori bisogna imparare a sorriderci sopra! I tuoi miti della danza del passato, uomo e donna? Natalia Makarova (il mio idolo assoluto) e Michail Baryšnikov (the one&only). Il tuo “passo di danza” ...

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Vaslav Nijinsky: il silenzio del Dio Danzante

Nascita di un prodigio (1889-1900) Il corpo come rivelazione Nella storia dell’arte, pochi corpi hanno avuto il potere di riscrivere le regole del visibile. Vaslav Nijinsky, danzatore e coreografo vissuto tra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento, fu uno di questi corpi. La sua figura – esile, potente, enigmatica – si staglia come un’icona nella memoria della danza e dell’immaginario moderno. Ma chi era veramente Nijinsky? L’infanzia nel rigore zarista, l’ascesa fulminea con i “Balletti Russi”, le rivoluzioni coreografiche che spaccarono in due la danza classica, e infine il crollo psichico che lo rese silenzioso per oltre trent’anni. Scrivere di Nijinsky significa scrivere del corpo, ma anche del silenzio. Significa osservare come la bellezza, la sofferenza e la follia si siano fuse in un unico gesto, in un solo salto, in un attimo di sospensione. Quella sospensione che, secondo molti, lo rese capace di volare. Un’infanzia tra le quinte Vaslav Fomič Nijinsky nasce il 12 marzo 1889 a Kiev, nell’Impero Russo, in una famiglia di ballerini itineranti di origine polacca. La sua infanzia si svolge in un ambiente pervaso dal ritmo della danza, dal suono del pianoforte per le prove, dalle luci mobili del palcoscenico e dall’odore ...

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Quattro cignetti, un solo respiro: la danza dell’armonia

Nel cuore del balletto Il Lago dei Cigni, composto da Pëtr Il’ič Čajkovskij nel 1875-76, si trova uno dei momenti più iconici della danza classica: la Danza dei Piccoli Cigni (Pas de Quatre), conosciuta anche come la Danza dei Quattro Cigni. La danza fu creata da Lev Ivanov per la versione classica del balletto nel 1895, nel contesto della coreografia definitiva del Lago dei Cigni al teatro Mariinsky di San Pietroburgo. I piccoli cigni rappresentano una comunità fragile che sopravvive grazie alla collaborazione. In contrasto con i temi più drammatici del balletto, questa danza introduce un momento di leggerezza e candore. La breve (90 secondi circa) ma intensissima coreografia appare nel secondo atto del balletto: elegante, precisa e geometricamente perfetta è diventata uno dei momenti più riconoscibili e amati del balletto classico accademico. L’illusione è quella di una creatura sola composta da più “ali”. È interpretata da quattro ballerine che rappresentano giovani cigni, legate fisicamente — spesso incrociando le braccia o tenendosi per mano — eseguono una serie di passi piccoli, rapidi e sincronizzati, chiamati pas de bourrée. Non c’è spazio per respirare o aggiustare: la musica comanda, il corpo deve seguirla alla perfezione. Il fascino di questo pezzo non ...

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Anniversario della nascita di Alberto Testa: il gesto che resta

Oggi la memoria compie un gesto lieve e solenne: ricorda Alberto Testa, nato a Torino il 23 dicembre 1922 e tornato al silenzio il 4 ottobre 2019. Una vita attraversata dalla danza come da una necessità interiore, come da una lingua segreta imparata presto e mai dimenticata. Giovanissimo, nel 1942, vince il Concorso dei Teatri Universitari con un atto unico, mentre nello stesso anno si laurea in Lettere all’Università di Torino con una dissertazione sulla danza: segno precoce di un destino duplice, fatto di scena e di pensiero, di corpo e di parola. È già chiaro che per Testa la danza non sarà soltanto un’arte da praticare, ma un campo da interrogare, una storia da custodire. La formazione classica avviene a Torino con Grazioso Cecchetti, erede diretto della grande tradizione di Enrico Cecchetti, e si affina sotto la guida di Susanna Egri. Da qui prende avvio un percorso che lo conduce sui palcoscenici di importanti teatri italiani e internazionali, accanto a maestri che hanno segnato il Novecento coreografico: Léonide Massine, Margarete Wallmann, Aurel Milloss. Partecipa ai grandi festival europei — dal Maggio Musicale Fiorentino alla Sagra Musicale Umbra, fino al Festival di Salisburgo — portando con sé un’idea alta e ...

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La direttrice artistica e maestra Caridad Martínez “allo specchio”

Il balletto classico preferito? Giselle. Il balletto contemporaneo prediletto? Non ho un balletto contemporaneo preferito in particolare, ma mi ispiro a coreografi come Alexei Ramatsky, Twyla Tharp e Balanchine. Adoro Revelations di Alvin Ailey, ma credo che sia più vicino al balletto moderno. Il Teatro del cuore? Tutti! Il Teatro è la dinamica elettrica tra la passione degli artisti e il pubblico vibrante. Questa è magia. Un romanzo da trasformare in balletto? Cecilia Valdés o la Loma del Ángel di Cirilo Villaverde. L’Università di New York mi invita una volta all’anno a discutere della versione cubana di quel romanzo. È molto interessante il dibattito con i giovani su questo libro. Purtroppo Cuba ha perso quella coreografia. Mentre un film da cui ricavare uno spettacolo di balletto? La forma dell’acqua, regia di Guillermo del Toro. È una storia incredibile. Il costume di scena indossato che hai preferito? La coreografia di Alberto Méndez di Tarde en la Siesta. Il costume è stato ispirato dal Romanticismo cubano del XIX secolo. Quale colore associ alla danza? Non ci ho mai pensato. Dipende… è difficile. Forse il “rosso”. Che profumo ha la danza? Un odore difficile da classificare. Questa è una percezione molto personale: energia, ...

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Antichi balli di Natale e storiche tradizioni legate alla danza

Durante il periodo di Natale, la danza ha sempre avuto un ruolo speciale, legato tanto alle celebrazioni religiose quanto a tradizioni popolari molto più antiche. In Italia, per esempio, era diffusa la tresca, un ballo vivace tipico del Centro Italia, eseguito in cerchio o in file contrapposte: nelle campagne accompagnava le feste d’inverno come gesto di buon auspicio. Al Sud, invece, anche la tarantella aveva una sua versione natalizia, più lenta e solenne, suonata con zampogne e tamburelli davanti ai presepi viventi o nelle case durante le veglie. Molte tradizioni affondano le radici nel mondo pastorale: le antiche pastorali, eseguite con zampogne e ciaramelle, erano una sorta di danza ritmata che univa movimento e contemplazione, a metà tra processione e ballo. Anche nel resto d’Europa le feste natalizie erano animate da danze caratteristiche. Nelle regioni alpine di Austria e Germania si praticavano le danze dell’Avvento, balli lenti e corali accompagnati dal suono dei corni alpini, pensate per celebrare la comunità e affrontare simbolicamente l’inverno. Nei paesi anglosassoni, invece, il Natale era il momento privilegiato delle country dances, ordinate e gioiose, con cambi di coppia e figure che coinvolgevano interi villaggi. In Francia, a Natale si danzavano i branle, antichi balli ...

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Il fascino delle danze spagnole nei balletti classici di repertorio

Tra i diversi stili che popolano il grande repertorio del balletto classico, le danze spagnole occupano un posto speciale. Brillanti, colorate e ritmicamente complesse, esse rappresentano un ponte tra tradizione folklorica e virtuosismo teatrale, inserendosi in opere classiche come momenti di esotismo e spettacolo. Origine e funzione delle danze spagnole Le danze spagnole nei balletti classici non nascono come vera danza folklorica, ma come reinterpretazione teatrale dei ritmi e dei movimenti della Spagna, filtrati dalla sensibilità europea ottocentesca. Sono spesso introdotte come danze caratteriali, inserite nel secondo atto o come divertissement, per aggiungere varietà e colore al balletto. Il pubblico europeo del XIX secolo era affascinato dall’esotismo: l’“altro” culturale veniva rappresentato attraverso passi codificati, costumi suggestivi e musica dai ritmi incisivi. Tra le funzioni principali troviamo l’evidenziare la tecnica dei danzatori: battements, pirouettes e footwork ritmici sono tipici delle danze spagnole. Creare contrasto con le scene liriche o romantiche: il ritmo serrato e la precisione del movimento generano un effetto di spettacolo puro. Colorare la narrazione con un tocco esotico senza modificare la trama principale. Caratteristiche coreografiche delle danze spagnole Le danze spagnole nei balletti classici sono riconoscibili per alcuni elementi distintivi: Ritmo e dinamica: marcato, vivace, con accenti sincopati ...

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Il coreografo e maestro Franco Miseria “allo specchio”

Il balletto classico preferito? Lago dei cigni. Il balletto contemporaneo prediletto? In the Middle, Somewhat Elevated di William Forsythe. Il Teatro del cuore? Teatro alla Scala. Un romanzo da trasformare in balletto? Lezioni di ballo di Lucy Dillon. Mentre un film da cui ricavare uno spettacolo di balletto? Quarto potere di Orson Welles. Il costume di scena che preferisci nel grande repertorio classico? Il cigno nero. Quale colore associ alla danza? Bianco e Nero. Che profumo ha la danza? Incenso. La musica più bella scritta per balletto? Quella di Pëtr Il’ič Čajkovskij. Il film di danza irrinunciabile? West Side Story di Jerome Robbins e Robert Wise. I tuoi miti della danza del passato, uomo e donna? Rudolf Nureyev e Sylvie Guillem. Il tuo “passo di danza” preferito? Rond de Jambe. Chi ti sarebbe piaciuto essere nella vita tra i grandi del balletto? Rudolf Nureyev. Chi è stato il genio per eccellenza nell’arte coreografica? Jerome Robbins. Tornando indietro, se incontrassi Tersicore, cosa Le diresti? “Amo la Danza”. Un pensiero per descrivere la disciplina della danza? La danza parla con il corpo. Come ti vedi oggi allo specchio? Vecchio! Michele Olivieri www.giornaledelladanza.com © Riproduzione riservata

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