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Storia e Cultura

Storici balletti nell’arte coreografica: Paquita

Il coreografo Joseph Mazilier ha presentato la prima versione di “Paquita” nell’aprile 1846 a Parigi come un’opera tipica dell’estetica del balletto romantico francese. “Paquita” fu presto trasportato a San Pietroburgo nientemeno che da Marius Petipa che estese e rinnovò il pezzo in modo significativo per elevarlo al pari dei classici. Il presente titolo vede la luce in due atti e tre scene in forma di balletto-pantomima, presso il Théâtre de l’Opéra (Salle Le Peletier) a Parigi su coreografia di Joseph Mazilier e partitura musicale di Edouard Deldevez, con la celebre ballerina romantica di formazione scaligera Carlotta Grisi (vero nome Caronne Adele Giuseppina Maria Grisi, cugina del mezzosoprano Giuditta Grisi e del soprano Giulia Grisi), il ballerino Joseph-Lucien Petipa (fratello del coreografo per eccellenza Marius) e Adèle Dumilâtre (ballerina francese, famosa ai tempi del balletto romantico). Nel 1847, ben appunto Petipa, propone il balletto al pubblico russo, portandolo in scena a San Pietroburgo con la danzatrice Yelena Andreyonova per poi rimontarlo nel 1881 in una nuova veste con aggiunte musicali del compositore Ludwig Minkus (Pas de Trois, Grand Pas Classique, Mazurca dei bambini, Polonaise). È ambientato in Spagna nel periodo dell’occupazione napoleonica e l’eroina è Paquita, una gitana che in realtà ...

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Balletti nell’arte coreografica: La Sylphide

“La Syplhide” è il primo balletto danzato interamente sulle punte. Il tutù ha dato vita ad uno stile che ha contrassegnato l’arte coreutica per più di un secolo, e continua ancora oggi a definire al meglio il tradizionale canone della ballerina classica accademica. Questo costume fu creato da Eugène Lamy. Con l’introduzione del tutù “La Sylphide” diventa il capostipite dei “ballets blancs” segnando in assoluto lo stile Romantico, nel quale dominano personaggi fantastici ed eterei, portati in scena ben appunto con i costumi bianchi in tulle. Il libretto reca la firma di Adolphe Nourrit e, nella prima versione la musica fu composta da Jean Schneitzhöeffer, su coreografia di Filippo Taglioni. Il balletto condensa tutta la poesia tipica del “movimento romantico” nato nella prima metà del XIX secolo che influenzò l’arte, la letteratura, la musica e naturalmente l’arte di Tersicore. James, un contadino scozzese, sta per sposare una contadina che si chiama Effie. Una Silfide, uno spirito alato dei boschi, si innamora di lui il giorno del matrimonio. Si rende visibile a James che si innamora a sua volta di lei e cerca di trattenerla, ma lei sfugge attraverso il camino. Entrano numerosi amici, la sua fidanzata, e la madre di ...

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Balletti nell’arte coreografica: Spartacus

“Spartacus” è sicuramente da annoverare tra gli ultimi grandi balletti di matrice sovietica, erede della grande tradizione russa. La musica venne creata dal compositore Aram Il’ič Chačaturjan il quale ebbe modo di scrivere altre partiture per l’arte del balletto, come “Happiness” (1939) e “Gayane” (1942) che include la popolare “Sabre Dance”. “Spartacus” è stato portato in scena al debutto nel 1956, mentre la composizione che valse a Chačaturjan il “Premio Lenin” risale al 1954.  Fu rappresentato il 27 dicembre a Leningrado con la compagnia del Kirov sulla coreografia di Leonid Yakobson senza ottenere significativi consensi. Il libretto porta la firma del drammaturgo Nikolai Volkov ed è basato sull’omonimo romanzo storico di grandissimo successo del 1873 scritto da Raffaello Giovagnoli che narra le gesta dello schiavo ribelle, ambientate nel primo secolo avanti Cristo. Spartaco fu il più celebre gladiatore romano, separato dall’amore della sua vita e costretto a vivere come schiavo nell’arena in cui doveva combattere per sopravvivere, sedotto dal potere e tormentato dalla vendetta. La prima rappresentazione del balletto al Teatro Bol’šoj di Mosca risale al 1958 con la coreografia di Igor Moiseev e la partecipazione straordinaria di Maja Plisetskaja: questa volta riscosse successo. Ma quella che le ha dato ...

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Balletti nell’arte coreografica: Boléro

Nel 1928 il compositore Maurice Ravel compose la partitura del “Boléro” per la “Compagnia Ida Rubinstein”. La prima assoluta avvenne nel novembre del 1928 presso l’Opéra di Parigi su coreografia di Bronislava Nijinska con le scene e i costumi firmati da Alexandre Benois. In scena Ida Rubinstein, Anatole Viltzak, Alexis Dolinoff, Eugene Lapitzky, Tomi Ungerer. In seguito questa creazione venne ricostruita con l’aiuto di Hillary Mitchell dalla “Maris Liepa Charitable Foundation” per il progetto “Les Saison Russes” con la regia di Andris Liepa. Altre numerose versioni sulla musica di Ravel hanno poi visto la luce. Il balletto entrò nel repertorio dell’Opéra il 31 dicembre del 1941 con la coreografia di Serge Lifar, scene e costumi disegnati da Léon Leyritz, con interpreti Suzanne Lorcia (Marilèna), Serge Lifar (Torero) e Serge Peretti (Spontano), ripreso nel 1947 con Espanita Cortez, José Estrada e Michel Renault. All’Opéra-Comique di Parigi nel giugno del 1932 la compagnia dei “Ballets Russes” propose il titolo con le scene e i costumi di Natal’ja Gončarova su coreografia di Bronislava Nijinska. In scena la stessa Bronislava insieme ad Anatole Wilsak, Tadéo Slawinsky e Igor Schwezoff. La storia si svolge in una taverna della Andalusia dove una giovane gitana danza sopra ...

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Balletti nell’arte coreografica: La morte del cigno

  In origine chiamato “Il cigno” o “Il cigno morente” è un assolo di Michel Fokine su un brano musicale firmato da Camille Saint–Saëns, tratto da “Il carnevale degli animali” (assolo per violoncello “Il Cigno”). Venne ideato e coreografato nel 1901 espressamente da Fokine per la grandiosa artista e prima ballerina Anna Pavlova che fu subito d’accordo. Per la sua interiorizzazione si ispirò ai cigni che aveva visto nei parchi pubblici e alla poesia di Alfred Lord Tennyson “The Dying Swan” scritta nel 1830. L’assolo con il titolo “Il Cigno” lo portò in scena al debutto in un Gala a Pietroburgo presso un circolo privato e in seguito il 22 dicembre 1907 al Teatro Mariinskij di San Pietroburgo con il titolo definitivo “La morte del cigno”. Riscosse enorme successo grazie ai suoi celebri “pas de bourrèe suivi” e ai “ports de bras” che restituivano appieno il batter d’ali (in circa quattro minuti di esecuzione). La miniatura rappresenta la trasfigurazione esistenziale nell’ambito delle esperienze spirituali e ha trasmesso fin da subito empatia ed emotività allo spettatore. Una leggenda segnala che i cigni all’avvicinarsi della morte anziché spegnersi mestamente, emettano la felicità con canti maggiormente melodiosi e straordinari di quelli della loro ...

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Una vita per la danza Éric Vu-An: stella tra le stelle

Molteplici personalità del mondo culturale e dello spettacolo, figure internazionali della danza, gente comune, istituzioni, fondazioni, enti lirici, compagnie di danza, tra cui “Ballet Nice Méditerranée”, “Teatro alla Scala”, “Opéra National de Paris”, “Les Ballets de Monte-Carlo”, “Fondation Maurice Béjart” e “Béjart Ballet Lausanne”, hanno ricordato in questi giorni la straordinaria levatura artistica di Éric Vu-An scomparso prematuramente l’8 giugno 2024. Era nato il 3 gennaio 1964 a Parigi con origini vietnamite da parte del padre adottivo (quello naturale era di Guadalupa). Da sempre aveva voluto danzare, era il suo desiderio più grande. Infatti a soli cinque anni entra nello Studio di Rue de Tournon a Parigi e prende la sua prima lezione di classica da Madame Edith George (maestra di danza di origini italiane, il cui vero nome era Adèle Marie Romana Lazzarotto che fu in precedenza ballerina, cantante e attrice anche nel celebre film musicale “Folies-Bergère” diretto da Henri Decoin con Eddie Constantine e Zizi Jeanmaire). Nel 1974 Éric Vu-An prende parte al Concorso per l’ammissione alla “Ecole de Danse de l’Opéra National de Paris” sostenendo l’audizione da solo senza accompagnamento di un insegnante, convinto che l’arte di Tersicore fosse la sua unica e insostituibile guida. La Scuola ...

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Enrico Cecchetti: un italiano nella San Pietroburgo di fine Ottocento di Flavia Pappacena                                        

                                        Nadine Nikolaeva-Legat, moglie del maestro russo Nikolaj Legat (1869-1937), nel suo libro Ballet Education pubblicato a Londra nel 1947, offre un quadro tecnico e stilistico del balletto russo, soffermandosi anche sul profilo delle danzatrici e dei danzatori italiani presenti a Mosca e a San Pietroburgo alla fine del secolo XIX. A tal riguardo, Nikolaeva-Legat rimarca come l’atteggiamento degli Italiani nei confronti della Russia e dell’arte russa fosse molto diverso da quello degli Svedesi (Christian Johansson, ad esempio) e dei Francesi (quali Marius Petipa). Mentre questi ultimi si lasciarono assorbire dalla vita e dall’arte russa, gli Italiani rimasero radicati nella cultura e nella dimensione artistica del loro Paese. Cecchetti, sottolinea Nikolaeva-Legat, dopo esser vissuto oltre vent’anni in Russia (con i prestigiosi incarichi di primo ballerino, primo mimo, maître de ballet en seconde e maestro della Scuola imperiale del Mariinskij), riusciva a stento ad esprimersi nella lingua locale. Una testimonianza molto interessante dell’attaccamento degli Italiani – e in particolare di Cecchetti – alle loro tradizioni sono le riproduzioni in Italia del balletto di Jules Perrot Catarina ou la Fille du bandit, che seguirono la prima scaligera del 1847.  Riportiamo qui di seguito un estratto dal nostro libro Linguaggio della danza classica. ...

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La Fille mal gardée e la Rivoluzione francese: una leggenda da sfatare di Flavia Pappacena

    Sembra incredibile, anzi paradossale, che ancora oggi si riproponga l’associazione tra il balletto La Fille mal gardée e la Rivoluzione francese, come se Dauberval ne presagisse lo scoppio o, quantomeno, volesse dare attraverso il balletto il segno di una società in forte trasformazione. È altrettanto paradossale che questo balletto sia ricordato come l’esempio più significativo della produzione del coreografo francese e il “primo” caso di creazione coreografica ispirata al mondo popolare. Corre qui l’obbligo di ricordare che Ballet de la paille, ou Il n’y a qu’un pas du mal au bien (questo è il titolo originale del 1789) è un balletto di genere comique, genere che, come noto, fa parte della triade accademica “sérieux, demi-caractère, comique”, laddove ballet “comique” indica non un soggetto ridicolo, bensì un’ambientazione popolare. Noverre, nelle sue Lettres sur la danse et sur les ballets del 1760, riporta come esempio emblematico della linea comique il suo balletto Le Feste fiamminghe dove gioiosi contadini sono impegnati in danze, giochi e anche accese discussioni che si concludono con un lieto fine. Con la diffusione del balletto narrativo (anni Sessanta-Settanta del Settecento) i coreografi deducono le trame dei balletti dalla produzione letteraria e teatrale coeva o antica. Mentre il ...

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Balletto e società di Flavia Pappacena

Giocare a carte è un’abitudine che in molti casi si contrae sin dalla prima infanzia. Le carte francesi sono generalmente le più usate perché adatte a giochi quali burraco, scala quaranta, canasta, bridge, poker.  In questi giochi, i “pezzi maggiori” sono l’Asso e le tre “figure” Re (King), Regina (Queen), Fante (Jack), il cui riferimento al mondo nobiliare è riconoscibile non solo nella foggia dell’abito e negli ornamenti, ma anche nell’ordine gerarchico (il Re è la figura apicale, il Fante è il valletto). Alla corte si riferisce anche il Jolly (la Matta) che, sebbene aggiunto nel XIX secolo, ben si lega alla suddetta triade inquadrandosi anch’esso nei cerimoniali e negli svaghi degli aristocratici. Aggiungiamo, a titolo di curiosità, che nell’ambito del gioco delle carte, il Jolly/Matta è l’unica carta ad avere, insieme all’Asso, una posizione obbligata: una volta ruotata al contrario, si trova a testa in giù, a differenza delle altre “figure” che, in quanto bipartite, sono ribaltabili. Ai fini del nostro accostamento delle carte da gioco al balletto, è interessante notare che l’effigie del Jolly/Matta presenta i tratti distintivi dell’iconografia del Giullare/Buffone del primo atto del Lago dei cigni, ma al contempo evoca anche personaggi delle creazioni coreografiche seicentesche ...

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La rivoluzionaria danza moderna a Roma negli anni Venti del Novecento di Flavia Pappacena

Quando si parla della danza moderna del primo Novecento, il pensiero generalmente va a Isadora Duncan, alla danza espressionista tedesca e ai pionieri della danza moderna americana. Riguardo all’Italia, poco, anzi quasi niente, si sa – e si dice – a parte le avanguardistiche scelte del cenacolo di Casa Gualino a Torino, dove agiscono figure di formazione duncaniana e dalcroziana di elevata statura intellettuale. Ma a Roma, il regista e autore teatrale Anton Giulio Bragaglia opera una vera a propria rivoluzione in una serie di spettacoli rappresentati al Teatro sperimentale degli Indipendenti, ampio spazio sotterraneo ricavato nelle Terme di Settimio Severo. Si trattava di spettacoli costruiti su più componenti sceniche, di cui la danza costituiva un aspetto essenziale e Jia Ruskaja una figura centrale e innovativa. In uno degli ultimi spettacoli della stagione del 1923, quella del 12 maggio, viene rappresentata La Tempesta, “fantasie plastiche senza musica di Madame X.Y.”, con le coreografie di Jia Ruskaja. Si tratta di un brano assai singolare non solo perché la musica è sostituita dal rumore del vento, ma anche per la peculiarità dell’uso plastico ed espressivo del corpo della danzatrice, così distante dal mondo del balletto tradizionale, ma anche dalle esperienze coreiche più ...

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