RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO
Ho letto con attenzione le lettere, le dichiarazioni, gli “insulti” patenti o velati che si fanno, per fortuna da una sola parte, ad Alberto Testa, con il quale ho l’onore di collaborare da oltre trent’anni, insieme alle più importanti Istituzioni straniere in Italia, quando alcuni dei suoi attuali detrattori forse non erano nati o erano dei mocciosi, oggi molto presuntuosi. Mi spiace, costoro non conoscono il rispetto per la cultura di cui è invece intriso il Maestro, per il suo spessore e la sua competenza che essi non si sognano nemmeno lontanamente di avere. Non basta assistere agli spettacoli di mezzo mondo per potersi vantare di essere colti o competenti. Non basta!
Una lettera meschina è l’esempio di quanto poco lo spessore morale e culturale abitino nell’animo di chi la scrive come di chi non ha ritenuto, pur avendone l’obbligo, fra le pubbliche istituzioni, di dover rispondere alle rimostranze di Alberto Testa, offeso oggi da un comportamento meschino. Rancori, risentimenti, insoddisfazioni personali dovrebbero passare in secondo piano rispetto ad una Personalità verso la quale l’intero mondo della danza italiana (ma anche Positano) deve qualcosa, soprattutto da coloro che oggi gli vanno contro.
Se esistono, docenti, critici, storici, giornalisti, danzatori e coreografi, tutti e dico tutti, devono qualcosa ad Alberto Testa. Tutti, nessuno escluso. Già da qualche tempo avevo notato che tirava un’aria poco chiara intorno al Premio. Sia presso l’Azienda che, credo, auspicasse il passaggio del Premio stesso al Comune di Positano, sia da parte del Comune, avido di impossessarsi del prezioso strumento. Per troppa fatica da parte dell’Azienda o per simpatie politiche verso la nuova gestione comunale? O per le due cose insieme? Io stesso avevo proposto al sindaco della passata “legislatura” di supportare il Premio con un contributo speciale utile alla creazione di un Festival della Danza a Positano e di nominare Positano Città della Danza, come era avvenuto a Ravello dieci anni prima.
Avevamo già gettato le basi con il “Pas des Dieux”, le mostre, le proiezioni e le conferenze e gli eventi speciali. La risposta è stata il Myth Festival, uno come tanti, peraltro, troppo generosamente ceduto a Ravello ritenuta più capace di dirigere e “mediatizzare” il Premio. Un bel regalo a chi faceva concorrenza a Positano. Il Premio Léonide Massine è già famoso nel mondo per la qualità delle sue scelte sempre al passo coi tempi e non ha o non aveva bisogno di lustrini televisivi né di protettori di vicine località. Aveva già tutto, ma non bastava: doveva dare solo più visibilità al politico di turno a discapito dell’eleganza e del prestigio, e tutto ciò ha facilitato il resto a noi ben noto.
Che strano, a Positano l’opposizione non si è fatta viva per contestare tali scelte né dalla mano destra di allora, né tanto meno oggi dalla sinistra. Viva il Myth Festival, episodio di carattere locale cavalcato da tutti. Viva l’Italia che muore in mano ai nanerottoli! E meno male che, seppure ottantottenne, vive il Maestro Testa! Un premio non vale per dove lo si conferisce ma per la statura di chi lo conferisce. Di qui il valore del “Positano” e i danzatori di tutto il mondo e di varie generazioni, per fortuna, lo sanno. Mi domando: cosa ha di tanto innovativo l’attuale edizione per la quale si taccia di “vecchio” quanto fatto sin’ora? Suvvia non facciamo ridere.
Cesare Nissirio