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Cinderella: una versione di fiaba moderna e tecnologica

Cinderella- le prove in costume - ph Brescia e Amisano Teatro alla Scala K61A6868 xx

La nuova creazione e produzione della Cenerentola di Sergej Prokof’ev affidata a Mauro Bigonzetti ha inaugurato la Stagione di Balletti del Teatro alla Scala di Milano.

Nella serata della prima rappresentazione, Sabato 19 dicembre, a far da padroni di casa nella splendida sala del Piermarini, addobbata nel foyer come da tradizione, con l’elegantissimo albero di Natale, nei ruoli principali, le étoile e star di indiscusso fascino e carisma, Polina Semionova e Roberto Bolle, accompagnati da tutti gli artisti del Corpo di ballo scaligero in un allestimento creato “su misura” in prima mondiale.

Mauro Bigonzetti, sicuramente uno tra i maggiori coreografi italiani di ampio respiro internazionale, ha intessuto la sua tela con il pregio di aver costruito il “balletto” come una modernissima opera artistica da esporre presso una Galleria d’arte Contemporanea, in cui traspare la laboriosità della “costruzione” ma come in ogni opera moderna anche la non facile comprensione allo stile adottato; improntato meno sui commoventi occhi dei bambini e maggiormente su quelli degli adulti. L’obiettivo principale di Cinderella è quello di presentare artisti nella loro estrema fisicità che esplorino svariati aspetti del “nuovo linguaggio della danza”, cercando di dare spazio a forme ballate d’espressione meno convenzionali ma prive di pathos.

L’allestimento è risultato essenziale in un trionfo di stilizzazione dal taglio cinematografico, realizzando una produzione dalle ambientazioni sicuramente fiabesche ma con elementi d’ispirazione gotica, incentrando il tutto sui temi portanti della favola di Perrault incarnati da personaggi “eccentrici” impreziositi dai costumi di rimando settecentesco e ottocentesco a cura di Maurizio Millenotti (costumista collaboratore Irene Monti). Nella rivisitazione di Bigonzetti, si possono ritrovare alcune caratteristiche del suo percorso professionale personale in cui la trama originale di Cenerentola viene attualizzata da elementi tipici della cultura di chi appartiene all’età presente. Qualità innovativa del suo essere coreografo è l’uso, in qualche modo, delle proiezioni tridimensionali che prendono il posto delle scenografie (a cura di Carlo Cerri anche ideatore delle suggestive luci e della parte Video designer con l’ausilio di Alessandro Grisendi e Marco Noviello), mostrando un palcoscenico nudo in cui si rappresenta la favola come un mondo colorato e allegro in totale contrasto con quello reale che ci circonda, predominato oggi più che mai dal grigio, ma proprio queste ricostruzioni virtuali e non palpabili stridono pesantemente con il ricordo della memoria adolescenziale e inghiottiscono il più delle volte i personaggi stessi, appropriandosi dello spazio e rendendo quasi impossibile allo spettatore ricercare e ritrovare la giusta messa a fuoco narrativa e lo spirito della “Favola, quella delle filastrocche e della ninna nanna”.

La tecnica coreografica di Bigonzetti (coadiuvata dall’assistente coreografo Roberto Zamorano) risulta a tratti ripetitiva nei movimenti e nell’esposizione delle figurazioni con linee e dinamiche tracciate per lo più in piano su cui mancano i grandi virtuosismi tipici dei balletti dell’Ottocento; i danzatori producono la stessa meccanica fisica pur essendo ben presente l’aspetto tecnico come nella difficilissima variazione delle Fate, facendo uso di una maggiore libertà di movimento della parte alta del corpo e in particolare delle braccia con un unico linguaggio non sempre cucito sulla partitura musicale di Prokof’ev eseguita da una impareggiabile Orchestra del Teatro alla Scala, a conferma della sua eccellenza musicale il cui risultato ha letteralmente rapito il teatro per la densità e la coloritura delle sfumature nel pieno rispetto dell’autore sotto la sapiente direzione di Michail Jurowski di provata capacità e autorevolezza nel rendere lo spartito “passo dopo passo” tra timbri ed atmosfere ponendo in evidenza le forme e il rilievo di variazioni e tonalità.

In questo contesto gli originali personaggi ideati da Perrault appaiono poco accattivanti e i due interpreti, di eccelsa bravura Polina Semionova e Roberto Bolle, bellissimi e in stato di grazia per presenza scenica, portamento sicuro, stile e classe hanno regalato momenti poetici nel pas de deux del secondo e del terzo esprimendo tutto il loro bagaglio del linguaggio coreografico accademico: posizioni rigidamente definite, prese, bilanciamento e movimenti ma con la consapevolezza che si poteva ricamare ancor di più sulla loro “stoffa artistica”.

Nella produzione bigonzettiana vengono enfatizzati alcuni personaggi come, a mio avviso, la vera protagonista della serata e cioè la matrigna interpretata da una perfetta e istrionica Stefania Ballone che non si è risparmiata nel caratterizzare e costruire al meglio, con capacità interpretativa la matrigna unitamente ad Antonella Albano e a Virna Toppi, le due sorellastre le quali si sono contraddistinte nel riproporre gli elementi tipici e funzionali dei loro personaggi; tutte e tre hanno ricevuto una vera ovazione finale, in particolar modo la Ballone, per aver rallegrato (anche attraverso l’uso di esclamazioni verbali) il carattere e la personalità della perfida donna. In geometria si potrebbe parlare di tre danzatrici complementari, una a una perpendicolari all’altra con assoluto equilibrio ed efficacia.

Il maestro Bigonzetti nel creare la sua architettonica versione, sospesa tra passato e assoluta modernità ha fedelmente riunito tutti i personaggi ma l’ubicazione temporale rimane astratta come il susseguirsi della narrazione che pur con lampi di genio come il far eseguire, scenograficamente e visivamente d’effetto, i rintocchi di mezzanotte alla fata madrina, Nicoletta Manni, sempre immune da difetti e lacune e con spiccato senso di adattabilità rappresentativa.

Come non menzionare, la compagine scaligera tra cui Antonino Sutera, Claudio Coviello, Eugenio Lepera, Walter Madau, Chiara Fiandra, Lusymay Di Stefano, Antonina Chapkina, Denise Gazzo e Christian Fagetti congiuntamente a tutto il Corpo di Ballo della Scala che non deludono mai avendo dalla loro parte un completo senso dell’assoluto.

Per concludere, la creazione del maestro Mauro Bigonzetti, ritrova la realizzazione ideale della sua marca stilistica intonandola fedelmente al suo percorso artistico senza divagazioni, veloce ed elegante infondendo sfumature ironiche ed evitando un sovraccarico di informazioni a discapito però delle emozioni. Lo stile si è armonizzato e contrastato al contempo con un effetto straniante ma anche trascinante soprattutto nelle danze d’insieme. In definitiva, in tempi di remake, nuove versioni, rifacimenti e rimaneggiamenti, questa Cinderella si può annoverare frizzante e godibile confermando che anche dall’arida terra, un buon maestro, può far sbocciare un nuovo, seppur confutabile, “fiore”.

Michele Olivieri

 

Foto di: Brescia e Amisano / Teatro alla Scala

 

www.giornaledelladanza.com

 

 

 

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