Perché danzare fa così bene al cervello?
La neuroscienza della danza è un campo di ricerca relativamente nuovo, seppur in rapida crescita. Una serie di recenti studi e ricerche dimostrano che la danza migliora la funzione cognitiva a vari livelli e che chi la pratica regolarmente ottimizza anche la memoria muscolare e la propriocezione corporea contenuta nel cervelletto.
Hanna Poikonen, membro della Cognitive Brain Research Unit dell’Università di Helsinki e post-doc presso la cattedra di Scienze dell’apprendimento e dell’istruzione superiore dell’ETH di Zurigo, ha dimostrato che mentre osservano una coreografia o uno spettacolo, i danzatori evidenziano una sincronizzazione avanzata dell’onda theta, onda cerebrale connessa ai processi emotivi e mnemonici, fondamentali per le interazioni interpersonali e l’ascolto di se stessi. Nell’articolo del 2017 Il cervello di un ballerino si sviluppa in un modo unico, la ricercatrice spiega che la danza combina spontaneamente azione creativa, gesto e collaborazione. Poikonen rileva inoltre come, durante lo scambio empatico che si sviluppa tra i danzatori, il cervello di tutti si sintonizzi sulla medesima frequenza, sviluppando a una cooperazione perfetta indispensabile per creare un movimento armonico.
Peter Lovatt, ex danzatore, psicologo di danza di fama mondiale, direttore del Dance Psychology Lab all’Università di Hertfordshire e docente di Psicologia della danza presso la Royal Ballet School di Londra, dichiara che mentre danziamo, la corteccia motoria attiva un complesso meccanismo di pianificazione, controllo ed esecuzione di ben seicento muscoli, dando vita a infiniti movimenti volontari. Nel frattempo, i gangli della base, un gruppo di nuclei sottocorticali localizzati alla base di entrambi gli emisferi cerebrali e interconnessi con la corteccia cerebrale, il talamo e il tronco dell’encefalo, lavorano assieme alla corteccia motoria per attivare movimenti ben coordinati e sincroni. Nel processo è coinvolto anche il cervelletto, situato nella parte posteriore del cranio, che integra le informazioni dai nostri sensi e rende i movimenti fluidi, ritmici e precisi. Sempre restando nell’ambito di azione del cervelletto, diversi esperimenti hanno dimostrato che anni di allenamento consentono ai ballerini di sopprimere i segnali dagli organi dell’equilibrio nell’orecchio interno collegati al cervelletto, arrivando a controllare il senso di vertigine di cui i danzatori sembrano infatti non soffrire. Lovatt si spinge oltre e dichiara che la danza migliora l’umore e può curare disfunzioni connesse alla depressione e altre patologie come il Parkinson, il dolore cronico, la demenza, l’autismo e i disturbi dell’umore, argomento che tratteremo nei prossimi articoli.
Di sicuro, la danza è parte dell’esperienza umana da sempre ed è fortemente radicata nel nostro DNA collettivo. Il nostro corpo e il nostro cervello si sono dunque evoluti anche per danzare, atto artistico che modifica il modo in cui pensiamo e di riflesso il modo in cui interagiamo l’uno con l’altro, rendendoci individui migliori, sani, sensibili ed emozionalmente ricchi.
Stefania Napoli
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