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Due volte solista scaligera: intervista a Beatrice Carbone

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Beatrice Carbone inizia a studiare danza con la madre, Iride Sauri, a otto anni. A quindici anni vince una borsa di studio per la Royal Ballet School di Londra e lo stesso anno entra alla Scuola di ballo del Teatro alla Scala di Milano, dove si diploma brillantemente a diciotto anni. Entra da subito nel Corpo di Ballo del Teatro alla Scala di Milano ed inizia ad interpretare importanti ruoli. A ventun’anni viene promossa Solista dallʼallora direttrice Elisabetta Terabust. Tra i tanti ruoli che ha interpretato si ricordano: “Giulietta” con Raffaele Paganini in tournée in tutta Italia. “Olga” nel balletto “Onegin” di J. Cranko con Robert Tusley, “Kitri” nel balletto “Don Chisciotte” di Rudolf Nureyev con Thomas Edur, “Ballerina di strada” e “Regina delle Driadi” nel balletto “Don Chisciotte di R. Nureyev, “Carmen” di R. Petit, “La strega principale” nel balletto “Le Streghe di Venezia” coreografia M. Bigonzetti, “Giselle” nella versione moderna di Mats Ek, Myrta nella “Giselle” moderna di Sylvie Guillem, Myrta nella “Giselle” classica di P. Bart, “Passo a due dei contadini da “Giselle” con Roberto Bolle, la musa Polimnia in “Apollon Mousagette” di George Balanchine, l’amante ne l’“Histoire de Manon” di K. Mac Millan, una delle due sorellastre di “Cenerentola” di R. Nureyev, Gamzatti nella “Bayadère” di N. Makarova con Igor Zelensky e Jose M. Carreno, il ruolo principale in “Le Parc” di A. Preljocaj, l’Angelo nell’“Annunciazione” di A. Preljocaj, Erminia nel “Sogno di una notte di mezza estate” di G. Balanchine, Passo a tre nel “Lago dei Cigni” di R. Nureyev, La Luna ne “La Gioconda” di Derek Deane, AID (coppia principale con Roberto Bolle), “Faust” coppia principale con Maximiliano Guerra e Massimo Murru, Fata principale, Fata violenta e Passo a due ne “La Bella Addormentata” di R. Nureyev, “Artifact” di W. Forsythe. Ha vinto numerosi premi come giovane promessa della danza italiana fra cui: “Premio Positano”, “Premio Acqui Danza”, “La Giara d’argento” a Taormina, “Les Etoiles de Ballet 2000 Prix International de Danse”. Partecipa a “Opera” di A. Ratmansky al fianco di Roberto Bolle. Balla con Massimo Murru la creazione presso il Teatro alla Scala “Mediterraneo” di Bigonzetti. Ultimamente, in qualità di Solista, ha danzato al Theatre du Capitole di Tolosa.

Carissima Beatrice, che bambina eri e con quali sogni?
Ero una bambina allegra e avevo tanti sogni, anche perché io vivo un po’ nel mondo dei sogni! A dirti la verità il primo sogno era quello di fare le magie come le streghe!!! Che mi è rimasto tutt’ora nonostante non sia ancora riuscita a creare nessun incantesimo…

Com’è nata successivamente la passione per la danza?
Già verso gli 8/9 anni mi sentivo una ballerina professionista, mi mettevo davanti allo specchio della camera, con la musica, ed eseguivo tutti i passi dei balletti che vedevo danzare da mia mamma e pensavo di farli bene come lei!!

Che cosa ha significato in passato e cosa significa oggigiorno la “danza” per te?
La mia passione per la danza è nata spontaneamente, è stato “normale” che a 8 anni iniziassi a frequentare la Scuola di ballo, non me lo ha chiesto nessuno, ballavo già a casa… sempre! La danza in passato significava realizzare tanti sogni, come interpretare dei ruoli, arrivare a dei traguardi, sperare di essere apprezzata dal direttore e dai maîtres, guardare il futuro con delle speranze nel cuore. Oggi significa sicuramente qualcosa di diverso, non che non abbia sogni perché ne ho ancora tanti da realizzare, ma con degli obiettivi diversi e ben precisi: quando ero piccola pensavo solo a fare i giri e i salti meglio che potevo per eseguire le variazioni senza errori o sbavature; oggi desidero portare in scena la mia “anima”, per poter donare al pubblico un’emozione, quando il ruolo che interpreto me lo permette.

Che ricordi hai degli anni trascorsi alla Scuola di ballo della Scala?
Del periodo della Scuola di ballo ho ricordi di grande lavoro, disciplina, fatica, diciamo più dolori che gioie! Ma è normale quando sei in una grande Accademia, la competizione, la paura di essere bocciata o il desiderio di voler essere la migliore del corso, di non deludere le insegnanti o i genitori o te stessa erano le sensazioni che ci accompagnavano ogni giorno, allo stesso tempo però è stata una grandissima scuola di vita che mi ritengo fortunata ad aver frequentato.

Come ha modificato la tua vita entrare nel Corpo di Ballo della Scala appena diventata maggiorenne?
Entrare subito nel Corpo di Ballo mi ha permesso di restare in Italia con la mia famiglia e non dover sostenere audizioni all’estero, quindi anche una fortuna in questo senso, e poi la Scala è il Teatro più importante d’Italia oltre ad essere il più bello del mondo!

E che cosa ha significato avere come direttrice Elisabetta Terabust?
Avere come direttrice Elisabetta Terabust è stata una grande fortuna per me e per tutti quelli della mia generazione perché, oltre ad essere una grande professionista con una grandissima energia che ci trasmetteva in sala ballo, in quegli anni ha avuto la forza e il coraggio di cambiare molte cose che hanno dato a noi giovani dell’epoca la possibilità di ballare senza aspettare tempi lunghi.

Che rapporto hai con le scarpette da ballo… tanto amate tanto odiate?
Con le scarpette da ballo penso di avere un rapporto ideale: quando le devo mettere le metto e quando non le devo mettere non mi mancano affatto!!

Che cosa provi quando danzi in palcoscenico davanti al pubblico?
Quando ballo davanti al pubblico provo una specie di trance, è come se fossi in un’altra dimensione, infatti spesso in scena eseguo le cose meglio rispetto alla sala prove perché vedo con gli occhi interiori non con l’immagine dello specchio… ed è tutta un’altra sensazione, con un altro risultato finale.

Il momento dell’applauso si può descrivere?
Ci sono vari “momenti dell’applauso” secondo me: ci sono delle volte in cui speri sia un’ovazione perché ti sembra di aver ballato bene o perché hai fatto tanta fatica e speri in un riconoscimento del tuo lavoro portato in scena; altre volte speri di sentire un applauso forte perché al contrario ti senti di non aver ballato molto bene e ti auguri che invece il pubblico ti rassicuri a riguardo con un intento applauso. Ma gli applausi più belli ed emozionanti sono sempre i “fuori sipario” al termine di uno spettacolo! Lì senti proprio il pubblico che ti avvolge con la sua energia straordinaria.

Ma la vita di una ballerina com’è? Rinunce, disciplina, fatica, tanto studio ma c’è spazio anche per una vita privata e per coltivare altre passioni e perché no degli hobby?
La vita dei ballerini è fatta di molte rinunce, tantissima disciplina soprattutto nei primi anni della carriera, ti devi dedicare al 100% se vuoi arrivare ad un risultato, se hai ambizioni di voler giungere in alto ed è difficile conciliare anche altre cose. Se invece non hai grandi ambizioni e vuoi avere una vita tranquilla allora puoi dedicarti anche ad altre passioni. La vita privata, senza dubbio, è una parte importantissima perché portiamo in scena il nostro bagaglio personale e più esperienze si vivono nella vita più elementi da raccontare abbiamo anche come artisti. Ci sono comunque tappe a seconda dell’età, quando sei più giovane pensi solo alla danza e quando sei più maturo hai voglia di spaziare maggiormente nell’ambito della vita in generale. Questo secondo il mio punto di vista!

Che cosa ha significato per te essere figlia d’arte?
Essere figlia d’arte ha sicuramente significato avere delle porte aperte con più facilità perché tanti coreografi e personaggi li conoscevo, allo stesso tempo però, persone che magari non avevano in simpatia mio padre potevano non aver tanto in simpatia anche me! Ma la cosa più importante è stata la possibilità di attingere alla conoscenza dei miei genitori, che sono due maestri e persone di teatro come ce ne sono poche al mondo al giorno d’oggi, questa è stata la più grande fortuna.

Infatti la tua famiglia è completamente dedicata alla danza, anche tuo fratello Alessio è un celebre danseur, oltre a tuo papà il maestro Giuseppe, a tua mamma Iride e ad Alvise. A tuo modo come li vuoi singolarmente definire, ciascuno, sotto il profilo artistico?
La mia famiglia dal punto di vista artistico, io e mio fratello abbiamo sempre fatto così: lezione di riscaldamento con la mamma, che per la lezione è la più brava del mondo secondo me, la chiamo la “medicina”!! Poi passavamo nelle mani di papà che invece per lavorare le variazioni e i passi a due è altrettanto il migliore del mondo, maestro della perfezione e della ricerca del dettaglio! Sarò di parte forse… ma considerando che all’età di 70 e 77 anni, danno ancora lezioni private quasi tutti i giorni… forse non sono proprio così di parte!!! Mio fratello Alessio che è primo ballerino all’Opéra di Parigi, lo definirei un artista “intelligente” perché oltre alla danza ha sempre coltivato molti altri interessi rendendo la sua vita piena di sbocchi e possibilità, al di là della danza, che un po’ alla volta stanno dando i loro frutti. Alvise invece, il più piccolo, che balla flamenco è il più “matto” di tutti! Ha iniziato tardi a danzare ma poi si è dato anima e corpo, resta comunque il più pazzo dei tre!

A tuo parere, cosa si potrebbe e dovrebbe fare, per avvicinare ulteriormente la danza al pubblico, soprattutto quella classica nei grandi teatri di tradizione?
L’unico modo per avvicinare il pubblico alla danza è educare i ragazzi nelle scuole portandoli a vedere spettacoli di danza dopo averli preparati adeguatamente alla musica, alla storia, al tipo di arte! Vedendo balletti frequentemente non una volta all’anno, il più possibile!

Come ricordi e con quali emozioni, il giorno del Diploma e il giorno della nomina a Solista in Scala?
Al Diploma avevo un inizio di frattura da stress alla tibia, perché avevamo lavorato veramente tantissimo e alla lezione non avevo potuto fare alcuni esercizi… nella pausa prima della variazione c’era il mio massaggiatore, nonché carissimo amico Maurizio Gilardi, che mi faceva un linfodrenaggio per alleviare il dolore e infatti magicamente poi sono riuscita a fare tutto il resto senza problemi. Il ricordo principale di quel giorno è un’immensa emozione, tensione e speranza che tutto andasse bene e soprattutto di prendere un buon voto! Il giorno della nomina a Solista è stato anche quello un giorno particolare perché io non avevo il contratto fisso e in teoria, senza contratto fisso, non puoi essere promosso, ma Elisabetta Terabust voleva promuovermi insieme agli altri che aveva scelto e trovò un modo per farlo, quindi venni nominata anch’io nonostante la pecca del contratto… Ma non finisce qui la storia! Tre anni dopo feci il concorso per diventare fissa, lo vinsi, ma il posto fisso era per Corpo di ballo… Quindi ritornai Corpo di ballo, in teoria avrei dovuto riavere subito il mio titolo ma per motivi “vari” non fu così e per ben due anni rimasi di nuovo Corpo di ballo finché non ballai “Carmen” di Roland Perit e a quel punto non poteva più inventarsi niente nessuno e ripassai nella mia categoria! Per cui sono l’unica ballerina al mondo che ha due promozioni a Solista!!

Essere ballerina professionista, come al tuo livello, è un sogno che si realizza ma dietro a tutto ciò ci sono anche tante difficoltà. Quali sono i maggiori problemi?
I problemi o le difficoltà per diventare un ballerino professionista sono molto soggettivi, ognuno ha un po’ le sue, c’è chi deve combattere tutta la vita con le diete, chi invece magari magrissimo ha problemi tecnici o di forza o chi è limitato artisticamente, ognuno ha i suoi gradini difficili da scalare, forse quello che accomuna un po’ tutti i ballerini sono delle piccole o grandi crisi psicologiche in momenti particolari, che se hanno il sopravvento possono incidere gravemente sul rendimento quotidiano e farti andare fuori forma, ci vuole sempre una forte dose di forza psicologica oltre che fisica per i ballerini, per superare momenti difficili ragionando e non abbattendosi, per appunto, non rischiare di lasciarsi sopraffare dalla via più facile che è, in questi casi, quella di smettere di dare il 100% dell’impegno in sala ballo…

C’è qualche suggerimento che vorresti dare ai tanti giovani allievi sparsi nelle scuole che ambiscono a diventare professionisti e a calcare i palcoscenici internazionali?
Il suggerimento che darei è quello di lavorare tanto tanto tanto! Perché lavorando sodo si possono davvero raggiungere notevoli risultati e fare enormi progressi. Ho visto ballerini con grandi limiti fisici ma con una volontà di ferro arrivare lontano rispetto ad altri con maggiori doti ma meno volontà.

Da allieva a chi ti ispiravi?
In verità non ho mai avuto una ballerina che fosse il mio idolo, quando vedevo uno spettacolo con dei celebri danzatori il giorno dopo ero super ispirata a lezione e possedevo ancor più voglia di diventare brava per avvicinarmi al mondo dei professionisti e ballare ruoli importanti.

Quante ore, mesi ed anni di prove e di continua formazione sono indispensabili per raggiungere un livello d’eccellenza?
Per raggiungere un livello d’eccellenza devi dedicare tutti i giorni a lavorare più degli altri, con una disciplina singolare, che è quello che ho visto fare solo da grandi ballerini come Roberto Bolle, Sylvie Guillem, Carla Fracci, e tanti altri al loro livello. Il tuo lavoro è il tuo motivo di vita e ti dai completamente senza sconti.

Tu hai lavorato con molti artisti famosi. Con chi è stato più facile relazionarsi artisticamente e chi è stato il più sorprendente?
Il primo coreografo che voglio citare è mio padre, ho ballato sue coreografie, ma la cosa più bella è il ricordo delle emozioni che provavo quando da bambina ammiravo i suoi spettacoli con la mamma che ballava e io sognavo di danzare come lei e mi nutrivo di queste sublimi sensazioni! Poi senza dubbio Mats Ek che a 21 anni mi ha scelta per ballare la sua “Giselle” e ho imparato così tanto da questa esperienza che ho vissuto di rendita per il resto della carriera! Un altro coreografo anzi, genio della danza, con il quale ho avuto la fortuna di lavorare è stato Roland Petit, e proprio dopo aver ballato la sua “Carmen” sono stata promossa e nominata Solista scaligera per la seconda volta, quindi ha un valore molto speciale per me! E poi Martha Clark: con lei ho fatto Susanna “Dell’altra metà del cielo” sulle canzoni di Vasco Rossi ed è stato un lavoro completamente diverso dal solito di ballerina, perché lei voleva più teatro/danza, come se fosse un film più che un balletto… ed è stato bellissimo!

Tuo partner in scena ma anche grande amico nella vita privata Roberto Bolle, la star per eccellenza, portabandiera della danza e della Cultura italiana nel mondo. Se dovessi fare un ritratto in parole su di lui, come lo dipingeresti?
Di Roberto posso dirti che è rimasto uguale a com’era nella Scuola di ballo a livello di semplicità, umiltà, dedizione al lavoro, che come ho detto anche prima, per essere al livello in cui è e mantenerlo, lui dedica veramente tutta la sua vita alla danza (e infatti si vede il risultato), lui fa parte di quelle persone “grandi” che dimostrano la loro grandezza proprio con l’umiltà perché Roberto non ha bisogno di aggiungere niente a quello che è.

Come partner hai avuto anche l’étoile, oggi professeur Massimo Murru, anch’egli molto amato. Qual è stata l’empatia in scena?
Con Massimo Murru ho avuto il piacere di ballare non poche volte e cose diverse. Mi sono sempre trovata molto bene perché Massimo è un altro grande artista nato nel nostro Teatro, ma devo dire che la cosa che mi piaceva particolarmente con lui era il lavoro in sala ballo perché è un ottimo maestro e lavorando insieme mi dava dei consigli che mi erano sempre utilissimi!

Con il coreografo Mauro Bigonzetti, recentemente dimissionario alla direzione del Corpo di Ballo scaligero, hai danzato in una sua creazione di qualche anno fa “Mediterranea”. Come ricordi il lavoro con lui in sala prove?
Con Mauro Bigonzetti ho lavorato nelle “Streghe di Venezia” giovanissima, poi in “Mediterranea”, in “Cantata” quando ballavo al Ballet du Capitole di Toulouse due anni fa, e forse dimentico anche qualcosa! Mi è sempre piaciuto molto perché è una persona tranquilla che non ti mette addosso stress e quindi puoi dare il meglio di te. Le sue creazioni che ho eseguito mi piacevano assai per le musiche e per l’energia dei passi… ti facevano venir proprio voglia di ballare!

Ci sono degli artisti con i quali ti piacerebbe lavorare, ma non ne hai ancora avuto la possibilità?
Ci sono due grandi della danza con i quali non ho potuto lavorare, uno è Kylian che mi ha scelta per tre volte in tre sue produzioni, ma due volte poi mi ero infortunata e la terza ero incinta! E Maurice Bejart…

Di tutta la tua carriera, fino ad ora, qual è il ricordo più emozionante?
Il ricordo più emozionante della mia carriera di ballerina, nonostante le molte belle cose che ho avuto la fortuna di danzare, restano i miei primi 32 fouettés a sedici anni durante il saggio della scuola in “Class Ballet”. Ecco quel momento vince ancora il primo posto come il ricordo più bello della mia carriera!!

In qualità di Solista hai anche danzato nel Corpo di Ballo del Theatre du Capitole di Tolosa in Francia. Che tipo di esperienza è stata?
Lavorare a Toulouse è stato un po’ come trovarsi in un’isola felice perché essendo una compagnia piccola non ha le stesse dinamiche che fanno parte di posti come la Scala, che è uno dei teatri più importanti al mondo, quindi è stata un’esperienza molto bella in quanto è stato piacevole aver a che fare con un mondo differente. Quando nasci in un Corpo di Ballo ad un certo punto è come se fossi a casa, non solo per te, ma anche per gli altri che si abituano ai tuoi difetti e ai tuoi pregi e ti apprezzano per quella che sei, non senza critiche per carità, però si crea un ambiente familiare che andando via ho rimesso completamente in discussione e all’età di 38 anni… pensa che quella a Toulouse è stata la prima audizione della mia vita! (E anche l’ultima!!) Questo cambio mi ha fatto benissimo perché sono tornata a “casa” con un’energia nuova.

Hai avuto la fortuna di lavorare in creazioni di tre geni della danza quali Forsythe, Preljocaj e Mats Ek… qual è la loro forza creativa che li ha resi unici?
La forza creativa di Forshyte, Mats Ek e Preljokaj, secondo me è un mondo interiore che ognuno porta in scena con il proprio personale linguaggio. Con Forshyte è l’energia che regna sovrana, quando fai i suoi balletti muori nel vero senso della parola, felicemente eh per carità però non smetti mai di muovere tutto il corpo, sempre in movimento dall’inizio alla fine! Con Preljokaj è esattamente l’opposto, con lui devi essere il più semplice possibile senza aggiungere niente ai passi, perché aggiungendo del tuo snaturi la coreografia e quello che vuol far arrivare come messaggio, di per sé i suoi passi non sono difficili, il difficile è proprio non immettere niente… di Mats Ek trovo incredibile la musicalità, nei suoi balletti sembra che la musica sia stata creata apposta per i suoi passi!!

Mentre su Nureyev, artista e coreografo, cosa si può aggiungere a tutto ciò che è già stato detto?
Su Rudolf Nureyev non posso aggiungere niente, posso solo inchinarmi davanti a questo gradissimo della danza e del quale i balletti restano ancora tra i più straordinari, il suo “Schiaccianoci” è il più bello del mondo e anche “Don Chisciotte”, “Bella Addormentata”, però sono anche tra i più difficili infatti in poche compagnie li mettono in scena, dato che al giorno d’oggi si richiede una perfezione ai ballerini che anni fa non si chiedeva, quindi eseguire coreografie molto difficili con i canoni di oggi è davvero una grande sfida per i danzatori!

Quali progetti hai in serbo, carissima Beatrice, per il futuro?
Per il futuro ho grandi sogni e progetti, e se si avvereranno sarai il primo a saperlo!


Michele Olivieri
www.giornaledelladanza.com

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