Francesco Nappa, coreografo di fama internazionale è un artista poliedrico che abbraccia nella sua arte la danza, la pittura, la musica. Formatosi a Napoli, ha sviluppato la sua carriera all’estero danzando in grandi compagnie, Ballets de Monte-Carlo, Nederlands Dans Theatre, Royal Danish Ballet e collaborando con alcuni tra più noti coreografi della scena internazionale. Attualmente si dedica a 360 gradi alla coreografie, creando opere di grande spessore, di cui spesso compone anche le musiche e firma le scene e i costumi. In questa intervista, si racconta attraverso i suoi ultimi lavori.
“Eduardo, artefice magico”, l’ultimo tuo lavoro al Teatro San Carlo di Napoli, come hai affrontato coreograficamente questo personaggio?
Credo che Eduardo sia dentro ogni napoletano. Ho pensato a lui e alle sue commedie, tante sono le morali, tante sono le scene e i personaggi. Così ho impostato la mia serata come una successione di quadri con i caratteri, le storie e i volti di Eduardo e della nostra Napoli.
Il grande Eduardo diceva che “tutto ha inizio, sempre da uno stimolo emotivo”, in questo caso qual è stato il tuo?
Nel momento in cui mi hanno proposto di omaggiare questo grande personaggio tante sono state le emozioni che ho provato, dalla titubanza nel fronteggiare la sua molteplice artisticità alla gioia nell’avere questa possibilità. E le emozioni si sono susseguite per ogni singolo passo che mi hanno condotto durante tutta la creazione.
Questo lavoro in che posizione si pone tra tradizione e rivisitazione?
Partendo dai personaggi tradizionali, ne ho dato una mia visione artistica. Il Pulcinella non come lo conosciamo ma quello nascosto dietro la maschera, come un attore senza il trucco prima di entrare in scena. In questo caso sono due i Pulcinella manipolati da corde rosse che rimandano al lato sanguigno, carnale e sofferto di questa città. Entrambi vestiranno la maschera solo al termine della danza. Vedrete anche il presepe, fedele all’originale per quel che riguarda i personaggi, ma rivisitato in chiave nappiana.
Che cos’è per te la napoletanità?
È qualcosa che hai dentro e che cresce dentro di te e con te, è l’amore per questa città, il calore, l’allegria che ti trasmette, la profondità e la genuinità nell’essere napoletano, autentico e non artefatto. Nonostante la distanza fisica, Napoli l’ho sempre portata con me.
Il tuo approccio stilistico di questo lavoro e in generale dei tuoi lavori degli ultimi anni?
Mi piace ricercare sempre nuove forme e intrecci che appaiono di sorpresa tutto seguendo il mio linguaggio e la mia dimensione. Seguo l’energia del movimento che disegna la semplicità nello spazio dando vita a sentimenti, stati d’animo, passioni.
Tu hai lavorato molti anni all’estero, puoi descrivere le sensazioni di tornare come coreografo nel lirico della tua città?
Molto emozionato e molto nervoso. Mi premeva che questo lavoro risultasse al meglio, come sempre, ma con un velo di responsabilità e premito in più, in aggiunta alla gioia e l’onore di portare in scena un mio balletto nella mia città. Sono rimasto molto contento di sentire gli apprezzamenti del pubblico e anche dalla critica.
“La luce nel tempo” è stato un altro tuo recente lavoro in Italia per il Maggio Fiorentino, questo spettacolo è un viaggio nella luce, portatore di quale messaggio?
Un viaggio alla scoperta della luce tramite l’ombra. La luce intesa come visibile oscurità. Sentimenti contrastanti tessono una tela fatta di crepe attraverso le quali far trasparire la luce. Forse un messaggio anche di speranza. Laddove l’uomo si accontenta della bellezza che questo mondo ci offre senza volerlo necessariamente cambiare, distruggere e uccidere per sentirsi vivo.
E il tuo personale messaggio per il mondo della danza?
Il mio è un messaggio soprattutto per i giovani, ma non solo. Se amate la danza, sarà sempre la scelta giusta. Non è un’arte per tutti ma tutti possiamo amarla, ognuno a modo suo.
Il tuo concetto di danza attualmente?
Nella mia personale definizione di vita si trova intrinseca l’arte e la danza fa parte di questa. Non si tratta di un vero e proprio concetto di danza ma è, piuttosto, una ricerca continua alimentata dagli stimoli che mi circondano. A partire dalle persone con le quali interagisco, i profumi delle città in cui mi trovo, le scene di vita a cui assisto. Tanti stimoli che fagocito e trasmetto tramite diverse forme d’arte in particolar modo attraverso la danza.
Il tuo futuro di coreografo lo vedi qui o all’estero?
Purtroppo la bellezza dell’arte nostrana in generale è sempre più offuscata da ragioni estranee. Mi piacerebbe dire che mi vedrò a lavorare in Italia, ma il corso degli avvenimenti sembra non rendere possibile lo sviluppo artistico in nessuna direzione. Sempre meno fondi, teatri costretti a chiudere. La bellezza del nostro Paese, degli italiani e ciò che si potrebbe creare passa in secondo piano purtroppo.
Progetti futuri?
Sto rimontando il mio balletto Catatumbo lightning, che ho creato per lo Staattheater di Ulm in Germania lo scorso anno e sarà ballato dall’Agora Coaching Project di Reggio Emilia a dicembre, poi un balletto a serata per lo Staatstheater di Schwerin, sempre in Germania, a marzo, e altri progetti che per il momento non posso svelare…
Lorena Coppola
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Foto di Michele Borzoni