L’intervista con Gaia Straccamore, Prima Ballerina del Teatro dell’Opera di Roma, inizia parlando di Giselle: occhi sognanti, si intravede subito una passione incontenibile per il balletto romantico, che viene continuamente ricordato nel corso del nostro dialogo. Una danzatrice che riconosce l’importanza, essenziale, della formazione, dello studio e della gavetta. Ma soprattutto della passione e del talento, guide fondamentali del suo percorso. Nata a Roma, a nove anni entra a far parte della scuola del Teatro dell’Opera di Roma, diretta da Elisabetta Terabust, dove si diploma all’età di 17 anni con il massimo dei voti. Grazie ad una borsa di studio si perfeziona nella prestigiosa Accademia “Princesse Grace” di Montecarlo, sotto la guida di Madame M. Besobrasova. Giovanissima, viene scelta da Paolo Bortoluzzi per il ruolo dell’Apparizione nel suo Principe felice e a soli 15 anni Vladimir Vassiliev le affida il ruolo di prima ballerina ne Les Sylphides di Fokine. Dal 1996 è al Teatro dell’Opera di Roma dove, in qualità di Prima Ballerina, interpreta balletti del repertorio classico, neoclassico e contemporaneo.
Quando e soprattutto come nasce la carriera di Gaia Straccamore?
Ho fatto i primissimi passi nel mondo della danza grazie a mia mamma: aveva una scuola e, insieme alle mie sorelle, ho iniziato a muovermi in questo ambiente. Delle tre ero la più portata per questa arte e mamma decise di farmi fare l’audizione proprio per la scuola del Teatro dell’Opera. Alla tenera età di nove anni, quindi, ho formalmente dato inizio alla mia avventura in questo Teatro, a cui sono molto legata e che soprattutto continua a regalarmi tantissime emozioni. Molti anni di studio, di gavetta, di impegno che, però, sono stati fondamentali per il lavoro che ora cerco si svolgere sempre al massimo delle mie capacità.
Un percorso formativo arricchito anche dall’esperienza di Montecarlo…
Sì, assolutamente! Ricordo con molto piacere il periodo trascorso presso l’Accademia “Princesse Grace” di Montecarlo: con Madame M. Besobrasova, che sfortunatamente ci ha lasciato, ho dato un tocco molto importante alla mia preparazione. Le sue lezioni erano bellissime, molto intense: studiavamo in questa sala meravigliosa che affacciava sul golfo di Montecarlo, Madame aveva anche due cani, che erano di Nureyev, che camminavano per la sala mentre facevamo gli esercizi. Ho dei bellissimi ricordi legati a quei momenti e ancora oggi porto tantissimo affetto nei confronti di una insegnante così importante per la mia formazione artistica. Sono stata molto fortunata nel mio percorso di studi anche se, ad essere sincera, sono arrivata in questa scuola quasi per caso! Ho vinto la borsa di studio, infatti al concorso di Treviso: fino a quel momento mai avrei pensato di svolgere dei periodi di studio a Montecarlo. Dopo questa breve ma intensa esperienza, però, ho cercato di ritornarvi nei momenti di pausa dalle lezioni del Teatro dell’Opera, che è sempre stata la mia scuola. Studiare danza nel Principato, però, è stata un’esperienza fondamentale anche per la mia vita: sono diventata indipendente. Vivevo, infatti, in un internato con altre ragazze e ciascuna di noi aveva dei compiti da rispettare: dal bucato all’alimentazione…Non ero affatto abituata a vivere da sola, ma ce l’ho fatta e sono maturata molto. Montecarlo, quindi, per me significa formazione artistica e personale: questa esperienza mi ha dato tantissimo. Se ora sono così è anche grazie a quel periodo.
Una vita trascorsa e dedicata al Teatro dell’Opera.
Lo ammetto e lo riconosco: sono molto fortunata perché sono sempre stata nel mio teatro. Sono romana, ho studiato qui, sono cresciuta, ho fatto tanta gavetta (che, secondo me, deve assolutamente essere fatta) ed ora continuo a danzare al Teatro dell’Opera. Sono molto felice di tutto questo e spero che il mio percorso continui qui, dove ora sono Prima Ballerina. Ho avuto l’opportunità di studiare con la Maestra Carla Fracci, di apprendere le peculiarità di Giselle proprio da lei: questo balletto caratterizza da sempre il mio percorso artistico e professionale…il fatto di averlo approfondito con una danzatrice come lei mi rende felicissima e nel contempo onorata. Non sono opportunità che capitano a tutti, lo riconosco. Questa pièce è oramai dentro di me, io adoro i balletti romantici!
Tanti coreografi hanno creato delle pièce appositamente per te: per una danzatrice credo è un momento importante della propria carriera.
È bellissimo, sicuramente. Anche se credo che lavorare insieme sia ancora meglio! Il fatto che un coreografo ti “imponga” la sua coreografia è un modo di lavorare, che accetto ma che ritengo meno produttivo. Si può fare una coreografia e adattarla ai danzatori con i quali si sta lavorando. I ballerini non sono tutti uguali: abbiamo caratteristiche diverse, qualità che ci distinguono. Secondo me la bravura, la disponibilità e la generosità di un coreografo sta proprio nell’adattare ai danzatori con i quali sta ballando la propria coreografia, senza stravolgerla ovviamente, e renderla eccellente. Il ballerino in questo modo è in grado di esaltare al massimo tutte le caratteristiche della pièce. Io sono stata piacevolmente sorpresa da molti coreografi che molti ritenevano “duri” ma poi alla fine si sono rivelati piacevoli e con i quali si sono create importanti sinergie. Sono convinta che se c’è una stima reciproca, il desiderio di lavorare insieme e soprattutto dialogo da ambo le parti, il prodotto finale che si può ottenere è veramente ottimo. Al coreografo che sa ascoltare, osserva le tue movenze e il tuo corpo viene quasi spontaneo chiedere “Come ti senti, come faresti questo passo? È un segno della generosità, senza dubbio. Un esempio molto “forte” proprio a proposito di questo si è concretizzato con la direzione Fracci-Menegatti: molti balletti storici, infatti, sono stati “rivisitati” proprio su di me. La tradizione, quindi, è stata unita ad un adattamento alle mie caratteristiche fisiche. È stato un onore.
Saper mettere una linea rossa tra il personaggio che si interpreta e quello che si è nella vita reale è un’impresa impossibile?
Credo che un ballerino sia in scena com’è nella vita. C’è sicuramente una sottile linea rossa che divide i due aspetti e che ti insegna a razionalizzare le sensazioni. Anche se credo che, alla fine, però, non si possono nascondere le proprie emozioni! Quando vedo danzare colleghi che conosco bene spesso vedo molti loro sentimenti trasparire ed emergere dai loro passi. Il nostro lavoro non è una mera esecuzione tecnica: è fondamentale che ci sia, anche perché è la base della nostra attività, ma le emozioni devono essere condivise con chi ci guarda. Il pubblico deve sentirsi Giselle, Giulietta e quasi “soffrire” d’amore come succede a loro. È un lavoro che ciascun danzatore deve fare dentro di sé, con la propria personalità.
Quali caratteristiche deve avere un ballerino con la “B” maiuscola?
Il talento, che madre natura ti dà o no. Talento da unire alla sensibilità. Doti fisiche, tecniche, sensibilità, musicalità sono fondamentali ma è il talento che fa la differenza. Avere ottimi maestri è fondamentale, ma non tutti riescono a ricevere. Il talento fa tutto. Lo puoi raffinare, ma non sarà mai come quello di chi ce l’ha naturale.
Hai studiato e ballato con Carla Fracci, com’è stato?
Meraviglioso. Ci sarebbe tantissimo da dire. Sono stata fortunatissima perché le prime prove di Giselle le ho fatte proprio con lei: conservo ancora come delle piccole reliquie le video cassette che ritraggono la Maestra Fracci mentre mi insegna il secondo atto della pièce. Un sogno. È una persona molto esigente, lei studiava tutti i giorni con noi quando era al Teatro dell’Opera. È normale che quando una persona chiede molto dal suo fisico di riflesso voglia tanto anche dagli altri. Ha una grande personalità, bisognava abituarsi alla sua presenza che, in alcune occasioni, poteva intimidire. A me ha dato tantissimo, dal punto di vista artistico, come avvicinarmi al ruolo. Mi diceva continuamente di essere naturale, i suoi insegnamenti ti segnano e restano dentro di te.
Su sua proposta sei stata nominata prima ballerina. Il ruolo che occupi è molto importante, all’interno di una realtà forte. Senti talvolta il peso di questa responsabilità?
La vita del ballerino ti impone la disciplina. Alla fine fa parte della nostra vita: è ovvio che quando si ha un ruolo più importante la disciplina è maggiore. Nella vita abbiamo momenti di alti e bassi…quando hai un ruolo non te lo puoi permettere. Io dico sempre: oneri e onori! Non è sempre tutto bello, anzi! Non è facile: molte volte è più difficile da un punto di vista psicologico. Bisogna avere un carattere molto forte: quando ti senti criticata, colpita devi comunque andare avanti e lasciare i commenti negativi alle spalle. Sono cose che si imparano: è vero che non fa mai piacere, va avanti. Sono tante le persone incontrate nella vita che si sono fermate proprio perché non reggevano lo stress dello spettacolo, dei colleghi. Il mio lavoro è bellissimo ma anche molto difficile…sono aspetti che talvolta si dimenticano ed è un peccato. Se dovessi dare un consiglio, al di là delle doti tecniche, credo sia fondamentale lavorare sul proprio carattere. Io lo proporrei anche come materia di studio in accademia. Ho visto tante colleghe molto dotate, anche le più brave del corso, che non ce l’hanno fatta a causa dei forti crolli psicologici e hanno lasciato.
Una curiosità: quanti paia di punte consuma Gaia?
Tante, continuamente…non lo so, non so tenere il conto! Non amo le punte dure: io ho bisogno di rompere le scarpe, ci lavoro molto, devo scavarle. Amo quelle morbide, anche se non saprei dare numeri precisi…dipende anche da cosa ballo!
Quali sono i tuoi progetti futuri?
In programma abbiamo un fantastico trittico: Notes de la nuit andrà in scena ad aprile, danzerà con noi anche Alessio Carbone, oltre al corpo di ballo del Teatro dell’Opera. Sono entusiasta all’idea di danzare Aria Tango, una coreografia di Micha van Hoecke: con lui ho lavorato già la scorsa estate a Ravenna e abbiamo creato ottime sinergie. Lui è un coreografo molto generoso: proprio a Ravenna, talvolta aspettava che io facessi un movimento proprio per partire da quello e costruire, poi, un seguito. Danzerò anche la straordinaria In the Night: quest’anno ballerò con un ospite perché Mario Marozzi, con cui solitamente portavo in scena questa pièce, si è ritirato. A maggio, poi, danzerò La Sylphide con Friedmann Vogel, danzatore in forza allo Stuttgart Ballet, un artista fantastico. Sono molto contenta di poter danzare ancora con lui. Tantissimi progetti, quindi, che mi vedranno in teatro. Non vedo l’ora, veramente: adoro il mio lavoro, con tutti gli oneri e gli onori del caso.
C.V.
Foto di Luciano Romano