Quel momento in cui ti rendi conto che le emozioni espresse a parole sembrano a volte fuori luogo e non possono in alcun modo riflettere il grado di piacere sperimentato dal linguaggio del corpo che ne è il perfetto veicolo in ogni sua sfumatura. Giacomo Rovero e i suoi friends sono stati lo specchio dell’arte di Tersicore. Ci si sorprende a realizzare che la loro “bellezza” è il puro incanto, unitamente alla musica e ai loro movimenti. Questi ragazzi e ragazze sono la prova tangibile che grazie alla passione e alla lungimiranza è possibile formare uno strato culturale del nostro tempo.
La danza ha molto da insegnare, e la serata organizzata dallo storico Teatro Municipale di Piacenza, dalle sue maestranze, in primis dalla direttrice Cristina Ferrari e dal Consiglio della Fondazione, ne è l’esempio più palpabile. Il comune denominatore del Gala piacentino è risultato senz’altro essere quel sostantivo maschile che altri non è che il “rigore”, la severità con cui si esige da sé stessi per offrire agli astanti l’osservanza delle norme coreutiche, la stretta coerenza con le intenzioni e gli insegnamenti ricevuti, con il metodo stabilito, con l’esattezza, la minuziosaggine, e ultimo ma non meno importante la scrupolosità del programma. A tal proposito analizziamo i brani che lo hanno posto in luce la ribalta.
Ad apertura, il “padrone di casa” Giacomo Rovero ha portato in scena “Dance of the Blessed Spirits” su coreografia di Sir Frederick Ashton e musica di Christoph Willibald Gluck dall’opera “Orfeo ed Euridice” sul mito che dell’arte ha incarnato i valori eterni. Un viaggio dell’anima dove il solista Rovero (per chi non conoscesse a fondo la sua storia, è nato a Piacenza, si è formato presso “L’Accademia di danza Domenichino da Piacenza” diretta ai tempi dalla Signora Giuseppina Campolonghi che è stata la sua maestra e mentore, per poi proseguire gli studi dal 2014 alla “Royal Ballet Upper School” dove si è diplomato nel 2017 con il riconoscimento di “Most Outstanding Male Graduate”. Entrato nella prestigiosa compagnia londinese nel 2018 è stato promosso ad artista, nel 2022 a primo artista e nel 2024 al rango di solista) ha dato prova del suo valore grazie ad un fisico armonico, tecnica sopraffina, carisma, musicalità, fluidità, emotività, salti facili, atterraggi morbidi e mani e braccia espressive. Ha danzato con lirismo libero da artefatte dimostrazioni di danza “virile” in quanto l’ingrediente di tale coreografia risiede nella purezza e nelle linee aggraziate con quel sentimento che lo rende interprete del genio di Ashton. I molteplici temi che racchiudono la breve creazione chiamano in causa l’amore, l’arte, l’elemento enigmatico infondendo alla figura di Orfeo un’aurea impareggiabile nella tradizione letteraria, filosofica, musicale, culturale, scultorea e naturalmente in quella ballettistica nei secoli.
A seguire la serata ha donato un estratto dal “Lago dei cigni” con il passo a due del cigno bianco su coreografia di Marius Petipa, musica di Pëtr Il’ič Čajkovskij nell’interpretazione di Annette Buvoli (danzatrice americana con origini piacentine, prima solista al “Royal Ballet”) ed Harris Bell capaci entrambi di far intendere cosa si dicono e quali sono i loro sentimenti. È come leggere un libro e immaginare i delicati movimenti della coppia. Ottima sintonia e partnership. Bella interpretazione di Odette: dolce, gentile, ma non sdolcinata e senza quell’eccessiva emozione spasmodica che a volte risulta paradossale. Trasmettere emozioni in questo passo a due è il vero talento. Il senso del carattere di Bell è meraviglioso come la rispondente percezione dell’angoscia di Odette per la bravissima Buvoli riguardo al rischio di fidarsi del principe. Entrambi infondono al pezzo sentimento e la musica abbinata alla coreografia è il sole che splende e riscalda.
Terzo brano in programma la scena del balcone da “Romeo e Giulietta” su coreografia di Massimo Moricone, musica di Sergei Sergeevič Prokofiev con interpreti Viola Pantuso e Marco Masciari. Il frutto è intimo, appassionato a riprova che nessuna quantità di parole può superare il discorso onnicomprensivo dell’espressione corporea. La loro interiorizzazione è toccante… e quel bacio alla fine, e il modo in cui lei prende congedo dal suo innamorato – mentre lui sfiora e appoggia le labbra ancora una volta sulle mani – così innocenti ma soddisfatti e felici. È davvero straziante vederli così gioiosi sapendo poi come procede la storia. Ambedue sono apparsi come particelle di polvere che danzano al ritmo del tempo dove la chimica tra loro è convincente. Armonia tecnica e consonanza romantica hanno viaggiato all’unisono.
Quarto pezzo in scaletta il pas de deux da “Cinderella” di Sir Frederick Ashton su musica di Johann Strauss con interpreti Ella Newton Severgnini e Aiden O’Brien capaci di connettersi immediatamente allo splendido duetto del padre fondatore del balletto inglese, insuperabile nella costruzione della danza in coppia con quelle alzate basse in cui le gambe a 45 gradi risultano proporzionate e la morbidezza associata alla velocità padroneggia i pas de bourré, penchée, chaînés con evanescenza grazie al continuo variare d’intensità. Bravissimi l’uno e l’altra!
A seguire Giacomo Rovero è ritornato in palcoscenico al fianco di Sae Maeda con un brano accattivante ed incalzante di stile contemporaneo, firmato dal coreografo residente del “Royal Ballet” nonché direttore della “Biennale Danza Venezia” Wyane McGregor, dal titolo “Chroma” su musica di Joby Talbot e Jack White III. Sorprendente, drammatico, mette in mostra i fisici scolpiti dei due interpreti restituendo la loro abilità e il loro equilibrio con una diversa dimensione e comprensione del proprio corpo, il quale poggia su una musica intensa e brillante che va affascinatamente di pari passo con l’allungamento dei muscoli e il controllo. Ammirevole la giustapposizione tra i passi leggeri e quelli segmentati di Maeda e la precisione architettonica di Rovero quasi fossero in lotta per il potere. Un brano di danza non per tutti i gusti, soprattutto per quelli puristi, ma che ci presenta la normale ed inevitabile evoluzione di quest’arte con un nuovo livello di sensualità. McGregor costruisce passi di danza sofisticati e particolarmente dinamici lasciando minimalista tutto ciò che li contorna, e lo fa apparentemente su corpi delicati ma al contempo muscolosi e forti. La sua danza ammalia nell’enfasi delle tecniche flessibili e impegnative, nonché sulle complesse composizioni di pose, sulle transizioni fluide e sulla necessaria sincronizzazione dei due partner che hanno saputo conquistare la platea del Municipale.
Ultimo pezzo in scaletta, prima dell’intervallo, il “Grand Pas Classique” su coreografia di Victor Gsovsky, musica di Daniel Auber con protagonisti Sumina Sasaki e Martin Diaz. Il coreografo russo Viktor Ivanovič Gzovskij lo ideò nel 1949 come un pas de deux a sé stante, ed è diventato il suo lavoro più celebre e celebrato, amato dai ballerini e dal pubblico per la costruzione impegnativa e virtuosistica. È un omaggio allo stile e all’estetica del balletto classico e gode di un impianto tradizionale con un ingresso per i due ballerini, un adagio, assoli per entrambi e una coda scintillante che riunisce i due. Le variazioni richiedono un alto livello di abilità e forza fisica ed è un ottimo esempio di cosa sia la tecnica accademica. Sasaki e Diaz hanno mostrato linee belle e chiare, giri luminosi, equilibri e potenza.
Il sipario si è poi riaperto sulla seconda parte del Gala offrendo un nutrito estratto dal balletto “Raymonda” su coreografia di Marius Petipa con in scena tutti e dieci gli artisti provenienti da Londra. Riflettendo le emozioni dei personaggi principali, l’ampiezza di Aleksandr Konstantinovič Glazunov come compositore, le variazioni e i brani scelti hanno celebrato la raffinatezza della musa Polimnia, dando un contributo essenziale all’apoteosi della Storia del Balletto con il caratteristico senso di introspezione e malinconia in cui le dinamiche segnano i momenti chiave della narrazione, trasformandole in maestosi affreschi turbinosi di lirismo. I danzatori con Giacomo Rovero in testa sono apparsi smaglianti, dimostrando flessibilità ed eleganza supportata da melodiosità esteriore che ha fatto loro tributare ripetuti applausi e ovazioni dal teatro completamente sold-out in ogni ordine di posto, nell’unica data italiana, in esclusiva per il secondo appuntamento della “Stagione Danza” del Municipale (domenica 26 gennaio 2025).
Detto ciò non rimane che confermare tale entusiasmo per una serata ad ampio respiro internazionale che ha mostrato la metodologia del balletto inglese, costantemente mirata a stimolare il senso del ritmo, la selettiva competenza tecnica, la corretta preparazione e l’apprendimento sostanziale indirizzato all’uso dello spazio che seppur poco menzionato è il miglior biglietto da visita verso l’eccellenza.
Michele Olivieri
Foto: Gianni Cravedi
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