Se osserviamo un danzatore che si muove nello spazio, il nostro sguardo rimane colpito soprattutto dall’ampiezza dei movimenti degli arti: braccia e gambe che disegnano ampie linee nell’aria in tutte le direzioni, quasi fossero “staccate” dal resto del corpo. Per riuscire ad ottenere questo risultato, tuttavia, il lavoro del tronco, o meglio del “centro” del corpo, risulta essere della massima importanza. Imparare a stabilizzare il “centro”, inoltre, rappresenta il miglior metodo attualmente conosciuto per la prevenzione delle patologie da sovraccarico funzionale della colonna vertebrale (lombalgia, sciatica, ecc.). Da queste premesse si comprende quanto sia importante che i danzatori, già dai primi anni di studio, siano abituati ad un tipo di lavoro biomeccanicamente corretto, che miri all’utilizzazione armonica della muscolatura, in modo da sviluppare contemporaneamente sia la flessibilità che la stabilità del tronco.
Gli studi scientifici degli ultimi 30 anni hanno portato a profonde modificazioni del concetto di stabilità del tronco: mentre in passato si associava l’idea di instabilità all’idea di debolezza muscolare o di lassità capsulo-legamentosa, oggi si pone l’accento sul concetto di corretto reclutamento del sistema muscolo-fasciale (sistema nervoso) e sull’attivazione della muscolatura profonda, capace di stabilizzare la colonna vertebrale all’interno della sua “zona neutra” , ovvero di quella zona in cui la resistenza delle articolazioni è minima ed è quindi minimo lo stress al quale esse stesse sono sottoposte durante il movimento (Panjabi, 1992).
Questa visione funzionale della stabilizzazione del tronco ha permesso di comprendere l’importanza del mantenimento delle curve fisiologiche della colonna vertebrale (vedi articolo precedente) e del loro “allungamento” lungo l’asse verticale del corpo che consente di mantere l’equilibrio con più facilità e con minor dispendio energetico; data la stretta connessione anatomica esistente tra osso sacro ed ileo, è ovvio che una corretta posizione della colonna si ottiene attraverso un’adeguata impostazione del bacino: ecco dunque che il concetto di “posizione neutra” si estende anche a quest’ultima struttura che può essere immaginata come l’ago di una bilancia costantemente in bilico tra l’inclinazione in avanti e quella in dietro. Lavorando in questo modo, inoltre, il tronco risulta essere “meno pesante” sulle anche e queste ultime sono libere di muoversi in modo più ampio nello spazio, facilitando appunto quell’idea di “leggerezza” tipica dei movimenti di danza. A tale proposito è sempre utile ricordare che l’abitudine di spingere in dietro e in sotto il bacino (retroversione), ancora così tanto diffusa tra i danzatori, porta effettivamente al risultato opposto: la colonna si irrigidisce e si schiaccia verso il basso, bloccando le anche ed impedendone il libero movimento.
Ma in pratica, quali sono i muscoli interessati nel controllo del “centro” del corpo? Semplificando al massimo i risultati di numerosissimi studi di fisio-patologia del movimento, possiamo immaginare che il “centro” del corpo sia mantenuto stabile dal lavoro coordinato di 4 gruppi muscolari profondi che vengono coadiuvati dall’azione di muscoli più superficiali (quali ad esempio gli obliqui interni ed esterni, i glutei, i grandi dorsali e gli adduttori dell’anca), che intervengono soprattutto nel movimento; i gruppi muscolari profondi sono: il diaframma, il pavimento pelvico, il trasverso dell’addome ed il multifido. Questi muscoli sono disposti nello spazio in modo da formare un grande cilindro all’interno del nostro corpo che racchiude tutto l’addome, per questo motivo, spesso, per spiegare il “centro”, si utilizza la visualizzazione di una specie di grande “lattina” che si estende dalla base del torace alla base del tronco:
- Il diaframma è un grande muscolo a forma di ombrello aperto che separa il torace dall’addome: la sua azione principale è legata alla respirazione ma svolge un ruolo fondamentale anche nel mantenimento della postura e del “centro”; quando si contrae, si appiattisce e tende a scendere verso il basso, spostando di conseguenza tutti gli organi contenuti nella cavità addominale. Una giusta respirazione, dunque, è fondamentale per la corretta esecuzione di qualsiasi movimento.
- Col termine “pavimento pelvico” indichiamo l’insieme di diversi muscoli, situati in posizione esattamente opposta, che chiudono l’estremità inferiore del tronco, cioè lo spazio compreso tra gli ischi, il pube ed il coccige; sono deputati principalmente al controllo degli sfinteri ma lavorano in contrapposizione al diaframma: quando questo si contrae loro si allungano, “accogliendo” i visceri addominali che su di essi si appoggiano mentre quando si contrae, contemporaneamente al rilassamento del diaframma, fornisce impulso ed energia all’inizio del movimento.
- Il trasverso dell’addome è il più profondo dei muscoli addominali: origina direttamente dalle vertebre lombari ed avvolge il nostro addome come una specie di “bustino” che contiene gli organi interni; la sua contrazione può essere percepita come la sensanzione di avvicinare l’ombelico alla colonna vertebrale, senza che la posizione della colonna lombare subisca alcuna modificazione. E’stato dimostrato che l’attivazione precoce del trasverso dell’addome, appena prima dell’esecuzione di qualsiasi movimento degli arti sia superiori che inferiori, è in grado di prevenire il sovraccarico della colonna lombare e quindi la comparsa di mal di schiena.
- Il cosidetto muscolo multifido è formato da una serie di piccoli muscoli che si trovano nello strato più profondo dei muscoli dorsali e che, con direzione obliqua, connettono il processo spinoso di una vertebra al processo trasverso di quella sottostante. Queste fibre muscolari, grazie ad un elevato numero di propriocettori, sono responsabili del controllo della posizione di una vertebra rispetto a quelle adiacenti. Se il multifido lavora in sinergia con il trasverso dell’addome, mantiene la corretta posizione della colonna lombare, concorrendo alla stabilizzazione del “centro”.
L’azione combinata di tutti questi muscoli può essere paragonata a quella di un’orchestra in cui ogni singolo strumento suona il suo spartito ma il suo lavoro deve essere costantemente concordato con quello degli altri strumenti. La maggior parte dei difetti posturali, dunque, non dipende da un deficit di forza muscolare, come si riteneva in passato, ma da uno scarso controllo propriocettivo, cioè dall’incapacità del soggetto di attivare i muscoli giusti al momento giusto e di concordarne il lavoro con quello di altri gruppi muscolari.
Per concludere, non possiamo far altro che ribadire che un buon controllo del “centro” (sia in posizione statica che durante l’esecuzione del movimento) rappresenta non soltanto la base di qualsiasi tipo di danza, ma anche la forma più efficace, al momento conosciuta, di prevenzione delle più frequenti patologie della colonna vertebrale.
Dott.ssa Luana Poggini