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Il coreografo inglese Matthew Bourne ci racconta la sua Cenerentola

L’aspetto più sorprendente di questa nuova narrazione della storia di Cenerentola è l’ambientazione. Perchè hai scelto di portare la fiaba più famosa del mondo nella Londra bombardata del 1940?

Mi sono innamorato della musica di Prokof’ev vedendo la versione di Frederick Ashton per il Royal Ballet. Pur se scritto come una favola, alla maniera dei grandi balletti di Čajkovskij come “La bella addormentata”, porta il segno inconfondibile della personalità musicale tutta novecentesca di Prokof’ev. Vero, ha dei Gran Valzer, delle variazioni fiabesche, delle mazurche e delle danze “nazionali”, alla maniera di Čajkovskij, ma, sotto la magia della fiaba, batte un cuore più oscuro, capace di vere emozioni e drammatici desideri. Sono questi gli aspetti della musica di Prokof’ev che continuano a tornarti in mente, e che in qualche modo si insinuano in te ad ogni ascolto. La Cenerentola di Prokof’ev debuttò al Bolscioi nel 1946, e la famosa versione di Ashton seguì nel 1948, ma io fui incuriosito di sapere che Prokof’ev ne aveva composto la partitura durante la Seconda Guerra Mondiale. Questo mi diede da pensare. Poteva forse lo spirito di quegli anni bui esser rimasto in qualche modo intrappolato nella musica? Io sentivo di sì, e più scavavo nella storia di Cenerentola, più essa mi sembrava funzionare sullo sfondo della Guerra. Oscuramente romantica nei toni, Cenerentola narra di un periodo in cui il tempo era tutto, in cui l’amore si poteva incontrare e perdere all’improvviso, e in cui si ballava come se non ci sarebbe mai stato un domani.

Utilizzi l’intera partitura di Prokof’ev?

Con la prima versione, nel 1997, tentai di coreografare l’intero terzo atto senza tagli né trasposizioni. Ciò era in gran parte dovuto al fatto che il figlio pittore di Prokof’ev, Oleg, aveva chiesto di assistere alle prove per ritrarre i danzatori. Per questo mi guardavo bene dal voler alterare la musica del padre. Ma frequentandolo e imparando a conoscerlo, Oleg si rivelò una persona deliziosa, piena di entusiasmo per il nostro lavoro, e arrivò a dire che il padre avrebbe davvero amato la nostra interpretazione. Per questo ho azzardato alcuni tagli e revisioni che aiutassero la nostra narrazione, ma sono orgoglioso di poter affermare che il nostro terzo atto è completamente intatto, pieno di quella musica favolosa che Ashton, nella sua versione, aveva tagliato. 

 Il tuo amore per i classici del cinema è noto. C’è stato qualche film che ha particolarmente ispirato la tua Cenerentola?

La mia luce guida per questa produzione è sempre stata l’incredibile classico di Powell e Pressburger, “Scala al paradiso” (1946), con David Niven e Kim Hunter. Il personaggio interpretato da Niven, Peter Carter, un pilota della RAF, sopravvive per miracolo a morte quasi certa quando il suo aereo si schianta in mare. Subito si capisce che egli è riuscito a ingannare la morte, e che gli angeli del paradiso hanno commesso un errore. Nel delirio tra la vita e la morte, guidato da un angelo custode e dalla donna che ama, gli viene offerta una seconda chance. In sostanza, sarà la forza dell’amore a salvarlo. La mia Cinderella non racconta la stessa storia, ma spero di essere riuscito a catturare, nel mio racconto di amore e conflitti in tempo di guerra, lo stesso spirito romantico, fantastico e bizzarramente inglese del film. Anche il nostro “Angelo” è uomo, e sostituisce la tradizionale “fata madrina”, ma assomiglia più al Cary Grant de “La moglie del vescovo” (1947) e a Fred Astaire, che in più di un’occasione ha interpretato l’angelo danzante. In Cinderella troverete anche altre citazioni da altri classici del cinema, per esempio Celia Johnson e Trevor Howard in “Breve incontro” (1945), ripresi nella scena finale alla stazione, o le prostitute del classico di Vivien Leigh e Robert Taylor, “Il ponte di Waterloo” (1940), citate nella sequenza della metropolitana. C’è anche un omaggio a una delle mie attrici preferite degli anni ’40, Joan Crawford, che ha ispirato Lez Brotherston e me nella creazione di Sybil, la nostra seducente Matrigna.

Il “London Blitz” della tua Cenerentola è storicamente accurato? Ci sono riferimenti a fatti precisi avvenuti a Londra durante i bombardamenti?

Abbiamo cercato di essere il più possibile accurati, e Lez Brotherston, la Compagnia e io abbiamo passato ore a fare ricerche su periodo e personaggi storici riguardando film, documentari e notiziari d’epoca. Ammetto però almeno una inesattezza storica: c’è un soldato americano, Buster, che non ho potuto fare a meno di aggiungere per amor di varietà. Gli Americani, però, entrarono in guerra solo nel 1942.  Nella nostra narrazione l’evento cruciale è il famoso bombardamento del leggendario Café de Paris, l’8 marzo 1941. In quella notte il Café fu centrato direttamente, morirono o furono gravemente ferite quasi cento persone tra coppie che erano lì a ballare, artisti di cabaret o personale in servizio, tra cui il 26enne leader del gruppo, Ken “Snake-hips” Johnson. La nostra magica sala da ballo bombardata, nel secondo atto, con le sue spettrali coppie di ballerini al suono dei persistenti valzer di Prokof’ev, deve molto al ricordo di quella tragica notte. Rappresenta sia il sogno di Cenerentola che il suo incubo.

 Il tuo collaboratore di sempre, Lez Brotherston, ha vinto un Olivier Award per le scene e costumi della prima versione di Cinderella, nel 1997. E’ cambiato qualcosa nella concezione scenica di questa nuova produzione?

Abbiamo ovviamente mantenuto l’ambientazione in tempo di guerra, ma la produzione originale è stata completamente modificata, e Lez e io abbiamo avuto modo di rivedere l’intero spettacolo sotto tutti gli aspetti. Questa è in effetti una produzione completamente nuova, appositamente creata per la tournée, sia nel Regno Unito che all’estero. L’immagine è essenzialmente quella di un classico del cinema, in bianco e nero (e anche grigio!), cui le luci di Neil Austin aggiungono magia e colore. Lez è sempre estremamente meticoloso quando deve riprodurre un dato periodo storico, e quindi i costumi sono un mix tra l’abbigliamento quotidiano dei londinesi del tempo, civili e militari, e la moda più sgargiante delle star del cinema anni ’40. La scelta dei costumi rende magnificamente la realtà dei “giorni bui” dell’Inghilterra, coniugandola al desiderio di evasione e seduzione rappresentati da Hollywood.

 Parlaci dell’idea innovativa di utilizzare il suono Surround in questa produzione.

Come ho detto, la prima idea per questa Cenerentola in versione London Blitz mi venne dalla speciale forza, suggestione e magia della partitura di Prokof’ev. Mi attiravano anche la sua qualità cinematica, e il modo in cui essa si legava ai film che ispiravano il progetto. Volevo sia la potenza di un’intera orchestra che i suoni e le sensazioni di una piena esperienza cinematografica. Parlai allora al nostro tecnico del suono, Paul Groothius, chiedendogli come avremmo potuto ottenere questo risultato, e lui suggerì il suono surround. Sapevamo che molto del nostro pubblico era abituato al meglio, in fatto di suono: a casa, con la nuova generazione di televisori in HD, al cinema e a teatro con concerti e musical. Ritenemmo che Cinderella fosse la produzione adatta per sperimentare, nel tentativo di ricreare un’esperienza di tipo cinematografico. L’idea era davvero stimolante. Qualche mese fa, il nostro direttore d’orchestra, il brillante Brett Morris, ha diretto un’orchestra di 82 elementi in una nuova, bellissima e squisitamente teatrale interpretazione della partitura, che si ascolterà a teatro così come al cinema si ascolta una grande colonna sonora. Aggiungete i suoni e l’atmosfera di una Londra lacerata dalla guerra, e avrete un’elettrizzante performance per le orecchie e per gli occhi.

 La prima versione della pièce debuttò nel West End londinese nel 1997, dopo l’enorme successo di Swan Lake dell’anno prima. Perchè tornare ora a Cinderella, nel 2010?

E’ una cosa che volevo fare da molto tempo. Fin da quando avemmo l’occasione di lavorare di nuovo sulla produzione, a Los Angeles nel 1999, desiderai che quelle modifiche venissero viste anche in Inghilterra. La New Adventures ora ha un pubblico in costante crescita, molto fedele, non solo a Londra ma in tutto in Regno Unito. Molti del nostro pubblico non hanno avuto l’opportunità di assistere alla nuova versione, e quest’anno, in cui ricorre il settantesimo anniversario del Blitz, ci è parso il momento perfetto per proporre questa nuova produzione con la nuova generazione di ballerini della New Adventures. Tra l’altro, molte delle repliche in cartellone al Sadler’s Wells e nel Regno Unito cadono negli anniversari di una qualche notte particolare del Blitz. La produzione originale era dedicata ai miei nonni, che, a Londra, al tempo del Blitz, riuscirono a tenere assieme le loro famiglie. I miei genitori, che vivevano nell’East End, poco lontano l’uno dall’altro, fortunatamente sopravvissero agli assalti notturni. Entrambi amavano raccontarmi storie di quel periodo: l’eccitazione, la paura e le amicizie che strinsero a quel tempo.  Ora se ne sono andati tutti, ma spero che lo spirito e il coraggio non solo della mia famiglia, ma di tutti coloro che si sacrificarono, o che trovarono o persero l’amore in quel periodo, siano stati colti da questa opera, che ho pensato come omaggio a tutti loro.

Redazione www.giornaledelladanza.com

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