Nel panorama dei balletti classici del XIX secolo, La Bayadère (1877) rappresenta uno degli esempi più emblematici e profondamente simbolici dell’utilizzo del cosiddetto Regno delle Ombre.
Questo momento centrale dell’opera non solo evoca un mondo ultraterreno ma rivela anche una stratificazione culturale e coreutica che merita un’analisi filologica e storica attenta, al fine di comprenderne il significato profondo e la sua influenza sullo sviluppo del balletto classico.
La Bayadère, coreografato da Marius Petipa su musica di Ludwig Minkus, fu creato nel contesto della grande tradizione del balletto russo di fine Ottocento, un periodo in cui la danza si evolveva sotto l’influenza del Romanticismo e del Neoclassicismo.
Sebbene la storia sia ambientata in un’India idealizzata e immaginaria, il balletto rispecchia temi universali di amore, morte e redenzione, riflettendo anche l’ossessione ottocentesca per il soprannaturale e il mondo oltre la vita.
Il celebre Atto delle Ombre, spesso considerato il culmine spettacolare e tematico del balletto, si inserisce in questa tradizione culturale che aveva già visto in precedenza esempi celebri come il secondo atto di Giselle.
Tuttavia, La Bayadère espande e trasforma questo topos attraverso una coreografia complessa e una rappresentazione scenica altamente stilizzata. L’Atto delle Ombre si configura come un vero e proprio viaggio nel mondo ultraterreno, una dimensione in cui i corpi dei danzatori diventano figure evanescenti, quasi spettrali, sospese in uno spazio atemporale.
Il bianco, dominante nei costumi e nelle luci, crea un effetto di sospensione e irrealtà, mentre la coreografia di Petipa introduce movimenti sincroni e geometrici che suggeriscono un ordine sovrannaturale. Dal punto di vista filologico, questo atto va letto come un codice coreutico ricco di simbolismi: le Ombre non sono meri fantasmi, ma rappresentazioni di forze metafisiche che sottolineano il confine labile tra vita e morte, tra il desiderio terreno e la pace ultraterrena.
La precisione delle linee, la ripetizione ossessiva di passi e i movimenti ripiegati e fluenti traducono in linguaggio corporeo l’idea di un mondo governato da leggi diverse, dove la materialità si dissolve. La costruzione del Regno delle Ombre in La Bayadère risente fortemente dell’eredità del balletto romantico e della letteratura europea del XIX secolo, che esplorava il soprannaturale come chiave di lettura delle tensioni esistenziali dell’uomo moderno.
L’India immaginata nel balletto, lontana e misteriosa, funge da sfondo esotico ma anche da simbolo di un altrove metafisico. Inoltre, l’uso delle ombre richiama la tradizione teatrale dell’illusione e del sublime, con influenze possibili dall’opera lirica e dalla pittura romantica che enfatizzavano l’uso della luce e dell’ombra come strumenti per evocare mondi nascosti e stati d’animo profondi.
Dal punto di vista drammaturgico, l’Atto delle Ombre rappresenta il momento di catarsi del balletto: la protagonista Nikiya, attraverso la sua apparizione tra le Ombre, trasmette un messaggio di amore eterno e redenzione. La danza diventa così veicolo di un racconto non solo visivo ma profondamente simbolico, in cui ogni gesto e ogni figura coreografica contribuiscono a creare un senso di sospensione e trascendenza.
Petipa, con la sua maestria, trasforma questa scena in una pagina fondamentale della storia del balletto, facendo dell’Atto delle Ombre un paradigma di come la danza possa evocare l’invisibile e l’inafferrabile. L’analisi storica e filologica del Regno delle Ombre in La Bayadère rivela come questo momento coreutico non sia solo una spettacolare sequenza scenica, ma un complesso sistema simbolico e artistico. Esso riflette le tensioni culturali del suo tempo, la ricerca di una dimensione metafisica e la capacità del balletto di tradurre in movimento i temi eterni dell’esistenza umana.
Il Regno delle Ombre, dunque, si conferma come un elemento centrale della poetica di La Bayadère e, più in generale, della tradizione classica, rappresentando un luogo simbolico di passaggio tra la vita e l’aldilà, tra la materia e lo spirito, un luogo dove la danza diventa metafora di eternità.
Michele Olivieri
Foto di Yusupov
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