“Prospettive01” è una rubrica rivolta ad artisti e contesti che rappresentano un mondo di talenti in continua evoluzione. Ideata e curata da Lorena Coppola, la rubrica si propone di dare spazio a iniziative dedicate ai giovani e di raccogliere articoli e interviste mirate a dar voce a tutte le fasce creative del mondo coreutico: realtà in via di sviluppo ed espansione, progetti innovativi o realtà già consolidate e di chiara fama, meritevoli di attenzione. Un luogo di rivelazione e di incontro di nuove prospettive.
Claudio Santinelli, danzatore, coreografo, insegnante e direttore artistico della “Camden Dance Company”, in questa intervista si racconta al Giornale della Danza, ricordando, nel particolare momento che stiamo vivendo, l’importanza del sostegno dello Stato a favore dell’arte della Danza.
Ripercorrendo la Sua carriera, qual è il ricordo più vivo?
Impossibile dimenticare il periodo dei varietà televisivi, quando il piccolo schermo investiva in grandi corpi di ballo. Nelle varie edizioni del programma “Fantastico” in cui ho avuto la possibilità di lavorare, ricordo le luci, la musica, i riflettori accesi, il profumo della danza che stava fiorendo e si faceva spazio nel mondo dello spettacolo. Qui ho avuto modo di conoscere grandi artisti del calibro di Enrico Montesano, Pippo Baudo, Massimo Ranieri, Heather Parisi…
Nella doppia veste di danzatore e coreografo, come vive dal punto di vista prospettico queste due dimensioni?
Direi che l’essere coreografo rappresenta il naturale percorso di ogni ballerino. È una crescita professionale che ti permette di comprendere contemporaneamente le esigenze e le potenzialità dei danzatori. La parte più difficile nel creare una coreografia è quella di cucire un vestito che calzi perfettamente bene al danzatore, far sì che si senta a proprio agio ad esprimere quanto ideato dal coreografo. Riuscire ad avere una visione a 360 gradi di quelle che sono le doti e le necessità di chi si ha di fronte − oltre all’idea della creazione coreografica − facilita il lavoro di squadra.
La Sua creazione coreografica a cui è più affezionato?
Sono legato affettivamente ad una coreografia che ha visto come finalista al Festival di Spoleto una mia allieva, ormai una professionista. L’emozione nel vedere i miei allievi raggiungere i propri sogni è indescrivibile. Vuol dire lasciare il segno, trasmettere e tramandare la passione per la danza.
C’è qualcosa che rifarebbe o non rifarebbe potendo tornare indietro? Nessun rimpianto o rimorso.Vivrei danzando con gli stessi passi e con lo stesso ritmo.
Ha ricevuto numerosi riconoscimenti, quello a cui è particolarmente legato?
Non saprei, sono tutti molto importanti. Sia quelli legati alla carriera di ballerino, sia quelli legati alla vita da Maestro e Coreografo. In generale, l’essere “riconosciuto” come appartenente alla terza generazione di una famiglia di Maestri e Coreografi mi rende molto fiero.
Qual è stato il modello o di riferimento nella Sua formazione, se ve n’è stato uno?
Non mi stancherò mai di citare i miei più grandi maestri. Mio nonno, per la grande creatività artistica e mio padre per il rigore e la precisione tecnica. Inevitabile l’imprinting familiare!
Crede sia abbastanza chiaro attualmente il concetto di “modern dance” e in generale la distinzione tra i vari stili?
Assolutamente no. C’è grande confusione tra il modern, il jazz, il contemporaneo e le tante contaminazioni che si fanno strada nello scenario della danza moderna. Non è facile star dietro alla continua evoluzione dell’espressione corporea, ed alla continua fusione dei vari stili, ma una buona conoscenza della storia della danza e delle tecniche che hanno gettato le basi della danza moderna permette di orientarsi meglio.
Che tipo di messaggio cerca di veicolare attraverso la Sua danza?
Ogni coreografia ha la sua storia, il suo messaggio, ma sono molto legato a temi ambientali, ecologici. Negli ultimi anni ho voluto affrontare l’attuale problematica dell’inquinamento ambientale e sensibilizzare il pubblico al tema delle energie rinnovabili partendo proprio dalla rappresentazione di quei 4 elementi che compongono la natura che ci circonda: Aria, Acqua, Terra e Fuoco. Questi elementi, se conosciuti e rispettati, ci possono restituire energia pulita gratuita e rinnovabile.
Cosa suggerisce ai giovani che si accingono ad intraprendere la carriera di danzatori?
Studiate, studiate e studiate… Non una settimana, né un mese, né un anno ma tutta la vita. Affidatevi solo a chi ha un titolo di docente riconosciuto, che sappia guidarvi nella complessità di questa disciplina. Non piegatevi di fronte alle frustrazioni, ma rialzatevi ogni volta più forti di prima.
La Danza è uno dei settori che sta maggiormente risentendo della crisi che stiamo vivendo a livello globale, secondo Lei esisterà un futuro di ripresa quando l’emergenza COVID-19 si sarà placato?
A causa delle misure urgenti in materia di contenimento dell’emergenza epidemiologica, le scuole di danza, così come i teatri, hanno sospeso le loro attività. Questo rappresenta l’ennesimo danno che subisce la danza, già in difficoltà economica da numerosi anni. È chiaro, la misura restrittiva che stiamo vivendo è fondamentale a tutela di tutti i cittadini, ma in futuro sono necessari forti contributi da parte dello Stato a sostegno di quest’arte, troppo spesso finita nel dimenticatoio. In Italia ogni anno si assiste alla chiusura di Scuole di danza e di Corpi di Ballo, ed i nostri artisti emergenti sono costretti ad emigrare all’estero per poter dar spazio ai loro sogni.
Un messaggio conclusivo in questo particolare momento?
Sarà dura come per tanti la ripresa, ma sono fiducioso. La passione per la danza non muore mai. Nessuno di noi in realtà si è fermato. Tutti a casa sì, ma in continuo allenamento. Facendo esercizi ad una sbarra improvvisata, creando improvvisazioni, tenendo corsi di teledanza… Ripartiamo dalla danza, insieme ce la faremo!
Lorena Coppola
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