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Antonio Marquez: “Il mio futuro è trasmettere giorno dopo giorno l’amore per la danza che porto nel mio cuore” [ESCLUSIVA]

Antonio Marquez

Antonio Marquez è uno dei più illustri rappresentanti della danza spagnola e flamenca nel mondo. Danzatore dotato di tecnica sublime e di una possente carica interpretativa, col suo carisma magnetico ha incantato le platee di tutto il mondo sin dagli esordi della sua lunga e brillante carriera. Già Primo Ballerino presso il Ballet Nacional de España e il Ballet Español de Madrid, Marquez si è sempre distinto per la straordinarietà del suo talento, che lo ha portato ad essere uno degli artisti più amati ed acclamati della scena artistica internazionale. Nel 1995 ha fondato la sua compagnia, ottenendo straordinari riconoscimenti in tutta Europa e non solo, proseguendo incessantemente la sua attività di ballerino e coreografo. Dopo una breve pausa artistica, un anno fa Antonio Marquez ha ricostituito la compagnia ed è pronto ad iniziare quella che potremmo senza dubbio definire una nuova era di straordinari successi. In questa intervista esclusiva si racconta al Giornale della Danza.

Ha ricostituito la Sua grande compagnia e ha iniziato nuovamente le Sue tournée nel mondo, riscuotendo ovunque grande successo di pubblico e di critica. Che emozione è per Lei essere tanto amato?

Sì, abbiamo rimesso in piedi la compagnia e abbiamo già debuttato in Spagna con varie rappresentazioni e uno straordinario successo di critica e di pubblico. Adesso ci stiamo preparando per iniziare delle tournée in tutto il mondo. Spero di tornare nuovamente in Italia, dove abbiamo avuto un grande riscontro. Siamo appena rientrati da “Danza in Fiera” a Firenze. È stato molto emozionante dopo otto anni vedere che il pubblico ancora mi ama e si ricorda di me. Il pubblico italiano mi ha trasmesso un affetto così grande e le emozioni che ho trasmesso hanno lasciato un vuoto che nessun’altra compagnia ha colmato in questo stile tanto amato in Italia, quale la danza spagnola e il flamenco.

Da quanti elementi è formata la compagnia adesso?

La compagnia è formata da nove danzatrici e otto danzatori, più l’équipe tecnica. È molto difficile oggi portare avanti una grande compagnia. Ciò che è più importante è che i danzatori abbiano questo stile così particolare che abbiamo portato in tutto il mondo. È uno stile che richiede un grande lavoro di formazione sia classica che flamenca. Al giorno d’oggi i ballerini sono più propensi a dedicarsi solo al flamenco, mentre questo tipo di formazione richiede molto più tempo di preparazione.

Quali sono i titoli di repertorio della compagnia?

In questo momento c’è un grande vuoto di balletti di genere classico-spagnolo, per cui ho deciso di mantenere come titoli di repertorio El sombrero de tres picos di De Falla e Bolero di Ravel.

La coreografia a cui è più legato?

Sono molte le coreografie a cui sono particolarmente legato, anche se ora sono più concentrato sulla preparazione degli interpreti, a tirar fuori da loro il massimo. Monto coreografie, do lezione e regalo tutto ciò che è stato regalato e trasmesso a me a suo tempo e che ora si sta dimenticando. El sombrero de tres picos è una delle coreografie che mi è piaciuto di più interpretare, anche se posso dire che ho difeso tutte le mie coreografie come se fossero le più meravigliose, perché tutte hanno fatto di me ciò che sono come artista e come persona e tutte mi hanno insegnato qualcosa di nuovo. Ogni giorno continuo ad apprendere qualcosa di nuovo, anche quando do lezione o coreografo.

Lei è sempre stato sia danzatore che coreografo, cos’è per Lei la creazione artistica?

Sono sempre stato nella mia compagnia sia come ballerino che come coreografo, anche se in questa nuova tappa della storia della mia compagnia non starò tanto tempo in scena. Desidero che questo stile di danza continui ad esistere e sto preparando nuovi danzatori che possano continuare a portarlo avanti. Io sarò il loro referente finché la compagnia non avrà raggiunto la maturità e il peso necessario affinché i miei ballerini possano andare in scena da soli, poiché prima o poi con gli anni non si è più in prima linea. Sarò contento di vedere come la compagnia andrà avanti con energia, come mi è sempre piaciuto. Sono molto orgoglioso di vedere che i miei danzatori ogni giorno danno il massimo in ogni teatro in cui si esibiscono, esattamente come ho fatto io in tutta la mia carriera.  Mi sento come se non fossero passati gli anni, mi emoziono sempre e ho grandi speranze per il futuro della compagnia.

Quali sono state le tappe più salienti del Suo percorso artistico?

L’ultimo spettacolo che abbiamo portato in scena: ANTONIO, omaggio alla figura di   Antonio Ruiz, è stato il mio momento artistico migliore che con ogni rappresentazione cresceva sempre più, non solo nel senso di passione, amore, emozione e lavoro, ogni volta mi si riempiva l’anima. Vi sono molti fattori che rendono più facile per un artista salire sul palco ogni giorno. In verità ho sofferto molto quando sono stato lontano dalla scena, che non è stato per motivi di salute né per altri motivi legati alla danza, quanto piuttosto per questo sistema che oggi muove e gestisce la danza in quasi tutto il mondo. Credo che in quasi tutti i teatri i politici e gli impresari dovrebbero far sì che sia più facile per gli artisti vivere la propria arte ed esibirsi serenamente.  Dovrebbero preoccuparsi che, quando un artista va in scena, il palcoscenico sia la sua unica priorità per permettere al pubblico di godere dello spettacolo per cui hanno pagato il biglietto. Il pubblico paga e merita tutto il rispetto. Un artista deve lottare non solo col suo corpo ogni giorno. La giornata di un artista è fatta di ore e ore di prove, viaggi, contrattempi, molte volte di problemi familiari e in più bisogna poi trovarsi a combattere anche con queste persone che muovono la danza che spesso non hanno idea dei danni che creano per i loro capricci. È tutto un caos, a me l’unica cosa che è stata insegnata è ballare bene e rispettare la danza, conservare gli stili. Mi sono stati trasmessi molti principi da grandi maestri della danza spagnola e sono partito dall’inizio: mi sono formato alla scuola del Ballet Nacional de España, poi ho seguito tutte le tappe: corpo di ballo, solista, primo ballerino ed étoile guest artist. Ho imparato soprattutto che bisogna essere molto umili e avere molto amore.  Oggi i ballerini finiscono i loro studi e immediatamente iniziano a dare classi magistrali o mettono su la loro compagnia invece di continuare a studiare e a ballare sotto la direzione di maestri di spessore ed esperienza.  Credo di essere adesso in un momento meraviglioso della mia vita, sono di nuovo pieno di entusiasmo e non voglio che queste splendide sensazioni mi siano tolte senza prima aver regalato al pubblico e agli appassionati della danza spagnola tutto ciò che la danza ha regalato a me.

Nella Sua arte quanto conta la tradizione e quanto conta l’innovazione?

È nostro dovere conoscere le nostre radici e le nostre tradizioni, ma poi la vita ci porta ad innovare. Sicuramente oggi non si balla come si ballava 50 anni fa, non siamo uguali perché tutto cambia e si evolve. Il mondo sta diventando sempre più piccolo e questo ci fa conoscere cose diverse che poi iniziamo ad utilizzare. Questo è un bene, però non bisogna dimenticare le origini, dobbiamo conservarle e preservarle. L’importante è trovare la nostra personalità distintiva, essere diversi dagli altri, senza tuttavia cadere nelle stravaganze o allontanarci dalla nostra cultura.  Per me la tradizione è importante quanto l’innovazione, ma ciò che è più importante è la capacità di trasmettere al pubblico, di far sentire l’arte, di emozionarsi, vibrare, contagiarsi di energia.

Cos’è il flamenco oggi?

Il flamenco oggi ha preso una strana piega. Un tempo si ballava nei tablaos e nei cafés cantantes, poi le grandi compagnie di danza spagnola lo introdussero nei loro spettacoli e così il flamenco ebbe la possibilità di essere conosciuto in tutto il mondo, passando da piccoli spazi di rappresentazione a grandi palcoscenici e fu adattato per renderlo più teatrale. Il mio punto di vista è che oggi si cerca troppo di essere originali, di orientarsi alla fusione senza un sufficiente livello di conoscenza e si finisce col dimenticare l’essenza, il sentimento, il duende. Troppo virtuosismo e velocità nello zapateado dimenticando però le braccia, l’interpretazione. Le donne ballano in modo sempre più mascolino, attente soprattutto a mostrare il virtuosismo tecnico. Per me la tecnica è importante, però ciò che è più importante è trasmettere un sentimento.

E cos’è il flamenco per Antonio Marquez?

Per me il flamenco deve essere uguale a tutte le altre discipline. Si dà per scontato che un bailarín o un bailaor abbia un bagaglio tecnico che si conquista con il lavoro quotidiano in sala. Io cerco di non preoccuparmi della tecnica, che è un dato scontato, ma del sentimento che deve essere trasmesso al pubblico, della comunicazione tra artista e pubblico. Ogni volta che un danzatore va in scena deve dare il massimo, non risparmiarsi mai, poiché ciò che si può trasmettere in quel momento è irripetibile. Niente mai sarà uguale, ogni giorno è un nuovo giorno e ogni spettacolo è uno spettacolo diverso.

Quali saranno le prossime tappe della tournée della compagnia?

Stiamo preparando una tournée per la prossima estate e si stanno muovendo varie cose, però non voglio parlarne finché non sarà tutto confermato per scaramanzia…

Oltre ai titoli che sono già nel repertorio della compagnia, ha in mente nuove coreografie?

Al momento sono concentrato sull’inizio di una nuova epoca e non faccio progetti a lungo termine, ho un’età per cui vivo giorno per giorno. Sono molto entusiasta di un progetto programmato per il 14 aprile prossimo con un gruppo di insegnanti italiani che voglio aiutare in varie scuole di flamenco in Italia montando per loro parte del Bolero di Ravel e poter così regalare emozioni e promuovere la collaborazione tra scuole senza competitività, che credo faccia molto danno all’arte. Ogni allievo ha un colore diverso e non possiamo essere tutti uguali. Non ci sono allievi migliori o peggiori, ognuno ha il suo spazio. Chi lo sa, magari mi dedicherò a unire le scuole al di fuori del mio Paese e, perché no, a mettere su compagnie di danza spagnola in tutto il mondo, in modo che quando gli allievi avranno portato a termine i loro studi potranno avere la possibilità di entrare in compagnia.

Progetti futuri?

Il mio futuro è già qui… è trasmettere giorno dopo giorno l’amore per la danza che porto nel mio cuore a coloro che lo desiderano e che me lo chiedono.

Antonio - Marquez

Lorena Coppola

www.giornaledelladanza.com

Photo Credits: Miguel Blanco

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